sabato 22 febbraio 2014

Dal sito: http://www.asianews.it

Il Patriarcato di Mosca gela il cammino ecumenico: il papa non ha mai comandato in Oriente. Una nota del metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento delle relazioni esterne del patriarcato, contesta la radice stessa del recente incontro della Commissione mista tra cattolici e ortodossi sul ruolo del vescovo di Roma nella Chiesa del primo millennio, negando che il papa abbia mai avuto giurisdizione sulle Chiesa orientali.

Mosca (AsiaNews) – Doccia fredda del Patriarcato di Mosca sui progressi del cammino ecumenico nell’appena conclusa riunione di Vienna della Commissione mista tra cattolici e ortodossi (nella foto). Il metropolita Hilarion, presidente del Dipartimento delle relazioni esterne del patriarcato, in una nota pubblicata sul sito del Patriarcato sostiene che “nessun passo avanti è stato compiuto” sull’oggetto dell’incontro, interamente dedicato al ruolo del vescovo di Roma nel primo millennio, e contesta la radice stessa dell’incontro, negando che il papa abbia mai avuto giurisdizione sulle Chiesa orientali. 
I due co-presidenti della Commissione, mons. Kurt Koch e il metropolita Ioannis Zizioulas, illustrando il 24 settembre i risultati dell’incontro, erano apparsi ottimisti sui risultati raggiunti. “Non ci sono nubi di incomprensione tra le nostre due Chiese”, aveva dichiarato il rappresentante del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli. “Se andiamo avanti come ora - aveva aggiunto - Dio troverà la strada per superare le difficoltà che ancora restano”. 
Zizioulas aveva sostenuto che per raggiungere la piena unità - quella esistente fino al 1054, quando ci fu lo scisma tra Oriente e Occidente - ortodossi e cattolici aveva bisogno “non di una riforma, ma di un adattamento da entrambe le parti”. Per gli ortodossi, ha spiegato, ciò significa riconoscere che una universale Chiesa cristiana è a un livello più alto delle loro Chiese nazionali e che il vescovo di Roma ne è il tradizionale capo. Per i cattolici ciò comporta il rafforzamento del principio di sinodalità, ossia del ruolo che i sinodi di vescovi hanno nei processi decisionali. 
Hilarion contesta tutto. A partire dal documento elaborato l’anno scorso a Cipro, nel corso del precedente incontro della Commissione (al quale il patriarcato di Mosca non partecipò per la presenza della Chiesa ortodossa estone, che esso non riconosce), che egli definisce mero “instrumentum laboris”, cioè documento di lavoro “che non ha alcuno status ufficiale”. 
Quel documento, aggiunge, “ha natura strettamente storica e, parlando del ruolo del vescovo di Roma, quasi non menziona i vescovi delle altre Chiese locali del primo millennio, il che crea un equivoco su come era distribuito il potere nella Chiesa antica. Di più, il documento non contiene una chiara e precisa affermazione del fatto che la giurisdizione del vescovo di Roma nel primo millennio non si estendeva a Oriente. E’ da sperare che queste lacune e omissioni siano colmate nella elaborazione finale del testo”. 
“Per gli ortodossi, è ovvio che nel primo millennio la giurisdizione del vescovo di Roma era estesa solo all’Occidente, mentre nei territori orientali era divisa tra quattro patriarcati – Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Il vescovo di Roma non aveva diretta giurisdizione sull’Oriente, malgrado il fatto che in alcuni casi i vescovi orientali lo hanno chiamato come arbitro in discussioni teologiche. Questo fatto non aveva natura sistematica e in nessun modo può essere interpretato nel senso che il vescovo di Roma fosse visto a Oriente come il titolare di una autorità suprema nell’intera Chiesa universale”.

venerdì 21 febbraio 2014



Voglio difendere, ancora una volta, a spada tratta e rimarcare le sofferenze, di cui ancora molti ARBRESH fanno finta di nulla perchè al soldo della potenza papista,  patite dei nostri Padri Arbresh, in suolo italiano, causate dai Vescovi latini e alle mire anti greco-albanesi e anti Rito Greco. Questo scritto postato da Vincenzino Vaccaro su http://albanesiditalia.altervista.org/ dal titolo "La risposta di Filalete" spiega a chi ancora desidera rimanere scettico sulle nostre sofferenze e sui nostri martirii le violenze perpetrate contro il nostro popolo per cancellarne la dignità religiosa e omologarlo al rito latino e papista. 
Questo anche per far tacere pseudo nuovi ortodossi, i quali non essendo a conoscenza delle nostre problematiche, delle nostre tradizioni orientali, della nostra storia e della nostra cultura religiosa, ostinatamente criticano il mio essere difensore delle nostre tradizioni "ORTODOSSE" anche se ora definite "greco-cattoliche", ma che un tempo avevano tutta la sacralità della Santa Ortodossia. L'annessione forzata al cattolicesimo romano, il lavaggio del cervello perpetrato a cominciare dal dopo concilio di trento, hanno reso l'arbresh dal punto di vista religioso uno zombi che fino a quando era considerato l'unico portatore di orientalità, come una marionetta da far muovere nei momenti di bisogno da parte del Vaticano e farlo piroettare nei vari teatrini italiani per il vanto di avere nel suo seno "gli ortodossi"e questi doveva fare bella mostra, ma scomparire subito l'esibizione.

La Voce dell'Arberia

L'identità arbereshe non viene recuperata per puro esercizio intelletttuale di ricostruzione del passato, ma per elaborare un progetto per il futuro (Mario Bolognari)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Risposta di Filalete

L’Ordinario  più rozzo, infelice, incolto e privo di carità cristiana che, con indebita violenza si scagliò contro gli Arberesh e il loro Rito Greco, fu senz’altro, sul finire del 1700, l’Arcivescovo di Rossano Andrea Cardamone. L’Arcivescovo Rossanese male sopportava che il Bugliari fosse stato nominato Vescovo Presidente e che avesse fatto trasferire il Collegio Italo-Greco Albanese da San Benedetto Ullano a San Demetrio Corone, villaggio albanofono quest’ultimo, dove imperava la sua giurisdizione. Quindi con il trasferimento del Collegio nei locali del soppresso monastero basiliano di San Adriano, il nuovo vescovo greco assumeva il diritto di percepire le rendite derivanti dai terreni e da altri immobili dell’ex feudo basiliano e,  con la sua investitura, la prerogativa di vigilare sull’avito Rito degli italo Albanesi. Tutto ciò poco piacque all’avido arcivescovo di Rossano. Egli, infatti, come d’altronde era in uso nella “borgiastica” chiesa latina,  reagì con estrema inaudita violenza al nobile mutamento voluto dal Vescovo Greco, Francesco Bugliari, tentando di introdurre, senza riuscirvi, per la forte opposizione della popolazione, il rito latino nelle comunità di San Giorgio ( Mbuzati) e di San Demetrio Corone.  Il parroco greco di San Giorgio, D .Domenico Lopez, non gradendo questa violenta “innovazione” della Curia Latina di Rossano, giustamente, ricorse alla Regia Giursidizione denunciando e rivendicando gli abusi perpetrati dal losco ordinario rossanese. Il Cardamone, dovendo difendersi, fu costretto ad inviare una relazione al Delegato della Reale Giurisdizione, che gliela aveva caldamente richiesta, nella quale cercò di mettere, falsamente, in rilievo  l’ignoranza, la malafede e la corrosiva ignoranza del parroco greco e della popolazione. Il Vescovo latino cercò in tutti i modi di latinizzare e di rendere ignobile la popolazione Arberesh, infatti tentò anche di stimolare violenza attraverso noti usurpatori di terre demaniali , agenti sotto la sua protezione. Ignorante, invece, si mostrò il prelato latino quando dovette indirettamente scontrarsi con il Vescovo Greco Bugliari e Domenico Bellusci, autori della elaboratissima e lucidissima lettera a difesa del parroco di San Giorgio, del Rito Greco e della Nazione Albanese tutta. La lettera venne pubblicata a Napoli nel 1796 dal Bugliari e dal Bellusci come Risposta di Filalete.
La Risposta inizia con il sottolineare il rozzo integralismo e la totale mancanza di educazione e carità cristiana del Cardamone e che non veritiera è la pretesa superiorità dei Latini sui Greci e che è ingiusto quanto vile il modo con cui il Monsignore chiama gli Albanesi Greci superbi e mendaci. Nella seconda parte dello scritto viene messa in evidenza la difesa non solo dell’avito Rito, ma anche quella della “ Nazione “ Arberesh, che con duri sacrifici ha trasformato in terreni fertili sterili deserti, contribuendo al progresso dell’agricoltura e della pastorizia in una terra dove regnavano solo miseria e pestilenza. Nonostante tutto ciò la chiesa latina e i baroni non cessarono di molestarLa.  A questo punto è bene che si leggano le parti più salienti ed importanti della Risposta di Filalete, offrendo la possibilità ad ognuno di interpretarne liberamente i suoi contenuti.
“ Per rispondere compitamente, e come conviene all’Arcivescovo, giova da principio rilevare da quella sua relazione il livore, e l’avversione, che a torto nutrisce contro la Nazione, ed il Rito de’ Greci. Non contento egli di inveire contra l’Arciprete di San Giorgio, con cui solo ave le gare, e le contese, si prende spesso occasione di scagliarsi con dente amaro sopra li Greci tutti, chiamandoli mendaci, riottosi, superbi, arroganti. Tratti sono questi che non solamente s’oppongono al buon senso, alla retta ragione, ed all’evidenza dei fatti; ma che ledono in una maniera la più sfacciata li princìpi della carità, e politica cristiana, che in un pastore d’anime specialmente dee risplendere. Non so se vi sia alcuno, che riandando tra se stesso l’antiche sciagure d’ Greci, e riflettendo alla depressione, in cui si trovavano presentemente ridotti, non ne resti vivamente penetrato dalla compassione in sentire li tanti insulti, che ricevono di vantaggio per mano di quegli stessi, che per dovere del loro carattere avrebbero da sollevargli. Se quindi poi si muovono a qualche moderato, e legittimo risentimento, tutta colpa, che potrebbe al più attribuirsi loro, sarebbe quella di non essere veramente di stucco, o di quella perfezione eroica, per cui abbiamo da meritare d’essere canonizzati per Santi. La colpa però vera piuttosto s’ha da imputare tutta quanta a que’ tali Vescovi, che in cambio d’adoperare dolci lenitivi, e balsami piacevoli, come esige il loro dovere, quando li Greci siano effettivamente impiagati, piuttosto gli feriscono tutto giorno coi motteggiamenti, coll’ingiustizia, e colle brighe, che attaccano per disturbargli dal pacifico esercizio del loro Rito. E questa è la maniera, con cui la carità cristiana ordina ai Sagri Pastori di dovere trattare il loro gregge? Superbi, quindi arroganti, e riottosi sono li figli, e li sudditi, o piuttosto li Padri e li capi, a’ quali manca quella prudenza che comanda di dissimulare talvolta anche li veri difetti? Fosse il nome Greco per avventura un difetto, che non possa lasciarsi d’ insultare senza offendere il bene della Religione, e della Patria? E pure se voglia farsi giustizia alla verità, bisogna confessare, che non sia nome più glorioso di questo, né Nazione più benemerita del Lazio che la Grecia.
In questo altro brano della lettera, come giustamente ci fa osservare il Papas Prof. Giuseppe Ferrari, viene ricordata al Cardamone e messa in evidenza la netta differenza fra gli Arberesh e i Greci:
“Gli albanesi che compongono le popolazioni di San Giorgio e le altre Università di Rito Greco situate nella Calabria, non sono l’istesso, che li Greci: hanno origine diversa e diverso linguaggio, si distinguno nel genio, nell’indole, e nel costume. L’uniformità dell’istesso Rito, che professano, non basta ad inferire una generale corrispondenza in tutti gli altri caratteri, che sogliono diversificare tra loro le Nazioni. Non per questo che non convengono nell’istesso rito latino tante nazioni dell’Occidente, hanno da considerarsi alcune degne di quelle censure, che solamente si meritano l’altre. Sarebbe perciò troppo ignorante, ed impertinente chi pretendesse un giorno d’imputare agl’Italiani le presenti folli stravaganze de’ Francesi, soltanto perché gli troverà aver sempre servito a Dio coll’istesse cerimonie della Chiesa Latina. Gli Albanesi dunque per rapporto al’istesso Rito, che esercitano, possono in senso largo chiamarsi qualche volta Greci…senza però che abbiano quindi da restare soggetti a quei rimproveri, che sogliono li latini scagliare contro i Greci
In questo stralcio, il Bugliari e il Bellusci, dopo aver difeso il Rito Greco, con inverosimile dottrina prendono le difese dei loro fratelli di sangue: Gli Arberesh:
“Li Vescovi latini, o perché ignoranti del Rito Greco non poteano fare da maestri sopra quelli che Lo professavano, o per la voglia di soggettarli alla loro dipendenza, trovarono sempre mai qualche pretesto di zelo per iscreditarli, ed infamarli ora presso i Sovrani, ed ora presso la Santa Sede. Li preti latini che pian piano s’introdussero nelle Popolazioni Albanesi, avidi di entrare in parte degli emolumenti della Chiesa, non lasciavano di  prestare mano alla favorevole disposizione che trovavano dal canto degli Ordinari. Li Baroni anche delle rispettive Colonie per l’avversione che aveano per i privilegi dei Coronei, e dell’esenzioni, che godevano allora li Sacerdoti Albanesi assieme coi figli, e mogli, non mancavano di concorrere alla persecuzione del Rito Greco.
Inoltre l’Arcivescovo Cardamone tentò anche di introdurre la promiscuità del rito ( rito greco e latino) nelle comunità Arberesh, ma tale tentativo fu vano sia per la validità dei due grandi personaggi nel difendere le avite tradizioni religiose, sia per la forza di carattere delle popolazioni albanofone.
Sugli abusi perpetrati dalla Chiesa Latina alle miserande, coraggiose ed infine vincenti popolazioni Arberesh c’è, sicuramente, ancora molto da documentarsi e da scrivere.
A cura di Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro

 

mercoledì 12 febbraio 2014

 

 Chiesa Ortodossa 
 Patriarcato di Mosca
Parrocchia
San Giovanni di Kronstadt

Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II 
Castrovillari (cs)
 
Русская Православная Церковь 
Московского Патриархата 
 
Biserica Ortodoxă Rusă
 Patriarhia Moscovei  


 
   
Ufficiature:
 
Venerdì 14 febbraio 2014:
      Ore 17.00  Ingresso nel tempio del piccolo Stefan
    Ore 17.30  Vespro della presentazione al tempio di  N.S.G.C.
 
Sabato 15 febbraio 2014:
     Ore 17.00  Battesimo 
    Ore 18.30 Vespro della domenica -Tono I - del Figliol prodigo
 
Domenica 16 febbraio 2014:
     Ore 9.30  Divina Liturgia
 

martedì 11 febbraio 2014

Dal sito : http://www.ortodossiatorino.net (Segnaliamo un articolo sulla Chiesa ortodossa della Grecia, apparso il 18 ottobre 2013 sul magazine "Mondogreco.net", e riportato sul Blog per appunti, che tratta di diverse materie relative alla Grecia. L'articolo è scritto con competenza giornalistica (anche se un po' troppo legato a temi di scandali contemporanei per presentare un quadro obiettivo) e può aiutare il lettore italiano a capire la complessità degli equilibri che coinvolgono la Chiesa greca in ogni evento della gestione dello Stato.)


La Chiesa ortodossa greca tra ortodossia e liberalismo


La Chiesa ortodossa greca tra ortodossia e liberalismo

Il rapporto in Grecia tra la Chiesa, lo Stato ed il cittadino, segue, almeno da un secolo, due direttrici ben distinte: la presenza della stessa come testimone e promulgatrice di un credo religioso che  coinvolge la stragrande maggioranza della popolazione e il peso politico che gli viene concesso essendo lo stesso sancito dalla Costituzione che, nella Parte Prima, Sezione II intestata “Rapporti tra Chiesa e Stato”, all’articolo 3, suddiviso in 3 comma, stabilisce quanto segue:

Art. 3. – 1) La religione predominante in Grecia è quella della Chiesa orientale ortodossa cristiana. La Chiesa greco-ortodossa, riconoscendo come capo Nostro Signore Gesù Cristo, e indissolubilmente unita, quanto al dogma, alla Grande Chiesa di Costantinopoli ed a tutte le altre Chiese cristiane ortodosse, osservando immutabilmente, come le altre Chiese, i santi canoni apostolici e sinodali, come pure le sante tradizioni. Essa è autocefala e amministrata dal Santo Sinodo, composto da tutti i vescovi in funzione, e dal Santo Sinodo permanente che da esso deriva, costituito come è prescritto dalla Carta statutaria della Chiesa, in conformità alle disposizioni del Tomo Patriarcale del 29 giugno 1850 e dell’Atto Sinodale del 4 settembre 1928.

2) Il regime ecclesiastico stabilito in determinate Regioni dello Stato non deve essere considerato contrario alle disposizioni del paragrafo precedente.

3) Il testo delle Sante Scritture sarà mantenuto inalterato. La sua traduzione ufficiale in un’altra lingua, senza il consenso preliminare della Chiesa autocefala greca e della Grande Chiesa di Cristo di Costantinopoli, è vietata.

Ben più complesso è ovviamente lo specifico rapporto con il cittadino la cui fedeltà ed osservanza delle disposizioni viene evidentemente filtrata dal sentire personale che  seppur si manifesti in questi ultimi anni in un netto calo della presenza alle funzioni, non di meno per il forte legame anche tradizionale, ci mostra persone di tutte le età che si segnano ogni qualvolta passano davanti un edificio religioso o che si rivolgono al parroco (pappás) della propria diocesi per ottenere aiuti e/o favori.

Ebbene, quantunque la Chiesa Ortodossa di Grecia abbia ottenuto l’attuale status di Chiesa di Stato solo nel 1864, deve i propri legami – come chiesa predominante -  con questa terra e le popolazioni che l’anno abitata sin dal lontano 1054, anno in cui avvenne il Grande Scisma, dai cattolici chiamato “Scisma d’Oriente” e dagli ortodossi “Scisma dei latini”. La data stessa dell’avvenimento non è  universalmente accettata quantunque si riferisca alla reciproca scomunica tra Papa Leone IX e il Patriarca di Costantinopoli Cerulario. Molti infatti fanno risalire la data dello scisma al 1204, anno in cui i Crociati cattolici misero a sacco Costantinopoli, altri ancora al ben più vicino 1439, anno in cui in occasione del Concilio di Firenze sarebbe dovuta avvenire una riunificazione che fu invece rifiutata dai patriarchi giunti da Costantinopoli che abbandonarono il consesso.

Da allora, in Grecia,  il prestigio della Chiesa ortodossa e, conseguentemente la sua influenza, in virtù del successivo dominio ottomano su quelle terre crebbe a dismisura. A seguito della caduta di Costantinopoli la Chiesa ortodossa, attraverso i suoi Patriarchi Gennadius e Dionysius I successivamente, riuscì ad ottenere che i beni ecclesiastici non venissero (almeno in buona parte) confiscati, facendo sì che iniziasse quel cammino di testimonianza e di speranza che la rese unico baluardo e riferimento per i cristiani (il Patriarca di Costantinopoli riuscì infatti a stabilire con il Sultano una sorta di accordo che, in cambio di una non ingerenza attiva e palese nella politica ottomana, concedeva il mantenimento di una minima autonomia). 

Il ruolo svolto in quei secoli in terra greca dalla Chiesa si perde tra mille aneddoti e storie non confermate, primo fra tutti il mai dimostrato programma delle “scuole segrete” (κρνφό σχολειό) all’interno delle quali i sacerdoti di diocesi spesso sperdute e dei monasteri, in gran segreto cercavano di tramandare, a piccoli e grandi, i precetti della religione e della tradizione del loro paese. Tuttavia è invece certo che, di fronte alla minaccia della costante presenza ottomana, numerosissimi furono coloro che per timor di razzie o di sequestri affidarono i loro beni alla chiesa senza poi aver modo di recuperarli o ne lasciassero in mancanza di eredi le proprietà mobili ed immobili. Nel contempo la Chiesa attraverso i propri ministri indubbiamente portò sollievo alla popolazione e, soprattutto, tenne accesa quella scintilla di speranza che poi divenne simbolo universale, all’avvento della guerra d’indipendenza, con il famosissimo episodio della benedizione della bandiera greca degli insorti da parte dell’Arcivescovo  di Patrasso, Germanos, proprio testimoniando come fosse l’unica autorità riconosciuta dai vari clan che stavano cercando affannosamente di organizzarsi. Fu in quel periodo che si accumulò gran parte della presunta ricchezza dell’attuale Chiesa ortodossa di Grecia, tesoro che andò poi ulteriormente ad incrementarsi con  l’inglobamento dei beni dei rappresentanti religiosi musulmani una volta che gli ottomani furono cacciati definitivamente.

Una parte di questi beni, senza dubbio in prevalenza quelli immobiliari e demaniali furono poi dallo stato greco  reclamati ed ottenuti anche se ad oggi, un sommario inventario (2010) dei beni immobili accredita quale proprità della Chiesa un totale di circa 130.000 ettari di terreno di varia natura oltre ad una quantità imprecisata di immobili civili, oltre a tutti i luoghi di culto. Di fatto anche la questione delle attribuzioni delle proprietà in Grecia e non solo relativamente ai beni della Chiesa è cosa spinosa non esistendo un catasto.

Nel contempo, oltre a quelli che possono essere depositi bancari, volendo, non difficilmente rintracciabili, vi è poi quanto può essere custodito come beni di valore, tipologia questa tutt’alto che di facile individuazione se non si hanno registri da consultare. Ma tanto interesse non ha fini populisticamente indagatori, bensì scaturisce da una dichiarazione fatta dall'Arcivescovo di Atene, Ieronymus, martedi 15 ottobre scorso nel contesto del Sacro Sinodo:

"Oggi la situazione è disastrosa", ha detto rivolgendosi  ai vescovi, “i debiti della Chiesa e la situazione economica generale ci hanno messo in ginocchio." Un programma distribuito in  tre anni potrebbe "darci  un quadro dei nostri debiti e le nostre riserve, nonché delineare l'impatto di un nuovo quadro legislativo in materia di sfruttamento delle nostre risorse ".

Una tale affermazione, rilasciata dal secondo proprietario di terreni ed immobili del paese dopo lo Stato, presumibilmente possessore di un non indifferente patrimonio in beni di valore, anche se dallo stesso Patriarca è stato ribadito a chiare note che non esiste (nonostante le notizie che potremmo quasi assumere come evidenze storiche), rischia di mettere in discussione pesantemente l’equilibrio che pur era stato dalla recente crisi messo a dura prova, tra stato, chiesa e cittadini.

In realtà è gia dal 2008, con la condanna del Metropolita di Attica Pandelemon, implicato in questioni di droga, sesso con minori e furto di beni della Chiesa essendosi impossessato di una cifra di circa 3 milioni di euro dallo stesso giustificati come “riserve per la vecchiaia”, che aveva iniziato a vacillare il monolitico potere di questa Chiesa.  

Ricordando poi che la Chiesa Ortodossa di Grecia ribadisce l’infallibilità dei suoi rappresentanti, così come per i cattolici lo è il solo Papa, tale avvenimento si rivelò fortemente destabilizzante per il monolitico e mai intaccato potere della Chiesa stessa.

Fu solo l’inizio purtroppo. Nel 2008 venne alla luce l’intreccio che legava il Monastero di Vatopedi, per il tramite del suo archimandrita,  Efraim, ed alcuni esponenti del governo di Kostas Karamanlis. Fu accertato che era avvenuta una frode riguardante lo scambio tra terreni di proprietà del monastero e terreni in zone di Atene ed altri luoghi che poi, successivamente rivenduti, portarono un ingente profitto. Il responsabile del Monastero venne ritenuto colpevole ed incarcerato. Karamanlis  fu travolto dallo scandalo e dimissionò unitamente a due membri del suo gabinetto. Recentemente è anche emerso che la Marfin Laiki Bank di Cipro, recentemente chiusa per fallimento a seguito della crisi cipriota, ha ottenuto perdite relativamente a questo “affaire” per oltre 4 miliardi di euro di crediti rimasti in sofferenza (Ekathimerini, 18.06.2013) e senza dubbio determinanti nell’affossamento dell’istituto (notizia che tra l’altro potrebbe indicare una dimensione ben superiore a quanto fino ad oggi appurato). 

A questi episodi che hanno violentemente scosso una opinione pubblica che mai aveva messo in discussione la supremazia morale della propria Chiesa, si aggiungono le pesante e reiterate ingerenze, ancorché consentite dalla Costituzione, che costantemente in questi anni vari prelati più o meno eminenti hanno manifestato pubblicamente. 

Senza dubbio prima fra tutte è stata la posizione del Vescovo di Thessaloiki, Anthimos, nazionalista convinto che seppur favorevole a restare nella zona euro si è da sempre pubblicamente mostrato molto aggressivo contro la troika, contro gli immigrati divenuti a suo avviso ingestibili, contro i creditori e contro quegli intellettuali che reputano che la Chiesa possa fare molto di più. Resta comunque curioso che si sia rivolto poi direttamente per iscritto al governo, al momento in cui si è trovato lo stipendio decurtato da 2.000 euro a 1.930. Ovviamente certe affermazioni che partono anche da questi pulpiti e non solo da quelli eretti di volta in volta sulle piazze segnano pesantemente il clima politico, tanto più che ancora nell’immaginario collettivo la Chiesa è sostanzialmente buon punto di riferimento. Fino a che punto dunque i politici affrontano a cuor sereno il potere di questa Chiesa? Fino a che punto la loro politica resta equa quando si parla di toccare  il patrimonio ecclesiastico? Fino a che punto? Le marce indietro fatte sia da Papandreou nel 2010 che da Samaras inducono a pensare che, quantunque possa essere finita o comunque ridimensionata l‘epoca degli inciuci stile Karamanlis, certamente è chiaro chi recita nel ruolo del suddito. 

Laddove non fosse di palese conoscenza è lo stato greco che paga lo stipendio ai circa 11.000 “impiegati” della Chiesa Ortodossa, con un costo di oltre 200 milioni all’anno (anche se adesso per ogni 10 che vanno in pensione solo uno viene “riassunto”). Così come, in occasione della tassazione degli immobili che ha messo in seria difficoltà migliaia di famiglie anche perché la tassa stessa viene riscossa per il tramite del DEI, l’Ente dell’energia elettrica che lo aggiunge alla bolletta, incorrendo sovente nella sospensione dell’elettricità (nella sola Atene sono oltre 6.000 ogni mese le utenze che vengono staccate), la Chiesa, venendo considerata al pari degli enti no-profit ha subito solo una tassazione pari ad una imposta del 20% sui redditi commerciali (sarebbe curioso vedere un intervento della SDOE – la Finanza greca -  negli affollatissimi negozi di reliquie, icone  ed altri souvenir che popolano le centinaia di luoghi di culto. Da turisti se non da pellegrini, quante volte avete ricevuto in questi negozi uno scontrino?) e l’aliquota dal 5 al 10% sulle donazioni, ovviamente quelle dichiarate. Restano esclusi gli immobili destinati al culto ed i proventi, inquantificabili quanto enormi, derivanti dalle offerte più che generose che la popolazione, solita celebrare battesimi, matrimoni e funerali in grande stile, riconosce brevi manu. Già tuttavia, nel luglio di questo 2013 vi fu un annuncio dato dal Premier Samaras con il quale si prevedeva la nascita di un ente (l’ennesimo di una lista infinita), l’AEAP che dovrebbe gestire e valorizzare i beni della Chiesa in collaborazione con lo Stato Greco, provvedendo poi ad una spartizione in parti uguali dei guadagni. Progetto che comunque sembra destinato a restare sulla carta vista anche l’ultima presa di posizione del Patriarca che ha tutta l’aria di una svolta autonoma e di una presa di distanze.

Non è tutto. Vi sono anche i meriti senza ombra di dubbio. L’impegno della Chiesa ortodossa, per voce dei suoi vescovi si concretizza oggi nella fornitura di circa 10.000 pasti gratuiti al giorno, oltre al fornire laddove possibile alloggio e conforti di altro genere ai bisognosi. Non è molto anche se lo sforzo in effetti è non indifferente, ma si sa, la lista dei meriti, specie quelli di una Chiesa, quasi dovuti in frangenti simili, è sempre molto corta anche se importante.

Può considerasi questo uno sforzo sufficiente in un paese dove oltre il 30% della popolazione vive sotto la soglia di povertà?  Come dovremmo interpretare le intenzioni dell’Arcivescovo di Atene? Ed inoltre, pur non avendo una tassazione diretta essendo considerata ente no-profit, avendo gli stipendi dei suoi dipendenti pagati dai cittadini, essendo esentata per gran parte dal pagamento della tassa sugli immobili, non esistendo un reale censimento dei beni sia immobili e demaniali che mobili, non essendo stata stilata ancora una vera e propria “lista Lagarde” su conti correnti esteri che si ipotizza con buona probabilità riferibili a prelati greco-ortodossi, è da ritenersi dignitosamente sufficiente l’impegno fino ad oggi svolto? E’ effettivamente corrispondente o vicino al massimo delle possibilità come ci si attenderebbe?

Ciascuno risponda serenamente secondo il proprio sentire. Oggi, che il potere decisionale sembra tutto passato nelle mani della troika, divenuta capro espiatorio della vigliaccheria governativa, ecco che la Chiesa, forse, cerca un nuovo modo per proteggere i propri averi oltre che il proprio potere seguendo strade di un ortodosso (anch’esso) liberalismo, inaugurando la via di una nuova divisione tra pubblico e privato, addirittura mostrando palesemente l’intenzione di rivedere proprio quell’art.3 di una Costituzione che, unica in Europa, già gli concedeva un potere unico nel mondo occidentale.



La Chiesa ortodossa greca tra ortodossia e liberalismo



L'articolo è stato pubblicato in data 18 ottobre 2013 qul magazine "Mondogreco.net"
http://www.mondogreco.net/notizie/cultura/160-la-chiesa-ortodossa-greca-tra-ortodossia-e-liberalismo.html#.UmFG4xzyB5c

sabato 8 febbraio 2014

Ed ancora battono sul perchè Mosca e non Costantinopoli......

Qui sembra che siamo duri a comprendere, oppure non abbiamo e non vogliamo capire o facciamo finta di non capire ??? Lo ripeto per l'ultima volta, perchè poi dire sempre le solite cose è come un disco in vinile rotto. Ebbene dobbiamo ricordare che: 1) Costantinopoli essendo a quei tempi sotto la dominazione turca, non aveva nessun potere e nessuna forza di dare una mano alle popolazioni e ai preti arbresh; 2) A quei tempi le chiese come sono considerate ora non esistevano e cioè non esisteva la Chiesa Grecae quella Albanese; 3) fino al Concilio della Chiesa Cattolica Romana di Trento  noi arbresh eravamo assoggettati all'Arcidiocesi di Okrida che aveva giurisdizione da Ancona fino ad Agrigento, quindi rappresentava tutti i paesi italo-albanesi ed i suoi Vescovi ordinavano i nostri preti. Dopo Trento Roma non permise più che i nostri preti fossero ordinati da questi vescovi e chiunque venisse ordinato fuori dalle giurisdizioni latine era considerato eretico. 4) Tra Roma e Costantinopoli c'è un protocollo non scritto (lo sto ripetendo a iosa, ma sia gli albanesi di Albania che i nostri Arbresh d'Italia non lo vogliono capire o fanno finta di non capire) in cui c'è scritto che non ci devono essere ingerenze nei paesi Arbresh da parte del Patriarcato di Costantinopoli e il Patriarcato ci tiene a mantenere fede a questo protocollo. Infatti quando anni addietro mezzo paese arbresh di Santa Sofia d'Epiro voleva passare con Costantinopoli, questa inviò un suo Ieromonaco e nell'assembrea tenuta presso l'Hotel Ferramonti di Tarsia, consigliò a questi cittadini di Santa Sofia di rimanere con la diocedi di Lundro. 5) Se la situazione concordataria (non scritta) è questa, come fa la Chiesa di Grecia, come potrebbe fare la Chiesa Ortodossa d'Albania ad andare contro le regole stabilite da Costantinopoli???? Sicuramente la giusta collocazione di noi Arbresh come giurisdizione ecclesiastica dovrebbe essere l'appartenenza al Patriarcato di Costantinopoli. Mah !!!!!! Ricordo ancora una volta che se io prete ortodosso, fossi stato sotto la giurisdizione del fanar, mai e poi mai avrei potuto aprire una Parrocchia Ortodossa al mio paese di nascita Acquaformosa, perchè mai???? Perchè il secondo giorno la diocesi di Lungro avrebbe fatto fuoco e fiamme perchè questa fosse chiusa. Ma essendo io prete ortodosso appartenente a Mosca, anche la mia azione a fatto venire qualche mal di pancia, nessuno ha potuto fiatare. E' tempo, quindi, che la smettiate di rompere l'anima a chiedere sempre le solite cose: "perchè con Mosca e non con Costantinopoli" ???? I paesi arbresh, le popolazioni arbresh, nel corso dei secoli hanno subito un tal lavaggio di cervello, sono state imbonete da lezioni prettamente latine, abbandonate da chi come ortodosso potesse dare una mano a ritornare alla primitiva Fede dei Padri traghettatori, che oggi è una impresa impossibile perchè comprendano la Verità sulla loro situazione religiosa. A meno che un miracolo viene perpetrato dal Signore ed allora viene fatta sparire la ruggine accumulata in secoli di abbandono ortodosso; solo l'intervento dell'Onnipotente potrà un giorno far si che gli arbresh ritornino con l'Albania, con la Grecia e con Costantinopoli. Un altro miracolo sarebbe quello che un futuro Patriarca di Costantinopoli volesse riprendersi ciò che è suo. MaH....campa cavallo che l'erba cresce..........

martedì 4 febbraio 2014

 

 Chiesa Ortodossa 
 Patriarcato di Mosca
Parrocchia
San Giovanni di Kronstadt

Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II 
Castrovillari (cs)
 
Русская Православная Церковь 
Московского Патриархата 
 
Biserica Ortodoxă Rusă
 Patriarhia Moscovei  


 
 
DOMENICA 09 FEBBRAIO 2014
(ENTRATA NEL TRIODION)
DOMENICA DEL FARISEO  E DEL PUBBLICANO
Притча о мытаре и фарисее
 TONO VIII
SANTI ANARGIRI CIRO E GIOVANNI

Sabato 08.02.2014  :  Ore  17,30  Vespro (Vecernie)
 
Domanica 09.02.2014  :  Ore  09.30 
DIVINA  LITURGIA