sabato 10 settembre 2011

Riflessione domenicale di Padre Seraphim

Серафим Валеряни Ропа
 
Domenica 11 settembre 2011
XIII dopo Pentecoste

Nel nome del Padre e del Figlio e del Santo Spirito. Amen.
“Guardate con che grossi caratteri vi ho scritto di mia propria mano!” Una frase che si ritrova ogni tanto nelle lettere di san Paolo, è la frase chi mi ha “salvato”. Quando iniziai a studiare qualcosa di teologia mi consigliarono un libro scritto da un protestante sull’origine del Nuovo Testamento. Ogni pagina di questo libro era per me un’angoscia, non so come riuscii a finirlo ma alla fine il succo del libro era che si poteva dubitare di tutto: che san Paolo avesse scritto almeno una lettera, che san Paolo fosse un credente, perfino si poteva dubitare che san Paolo fosse veramente esistito. Questo dubbio durò finché il mio padre spirituale mi disse: “Ci sono così tante specie di protestanti che non si riesce neanche a contarli, chissà se almeno credono nelle bistecche che mangiano, ma io ne dubito. San Paolo non scriveva le lettere di proprio pugno ma si faceva aiutare così come altri scrittori del Nuovo Testamento, per questo in alcune lettere si trovano stili letterali leggermente diversi ma spesso si trova la dicitura - Guardate con che grossi caratteri vi ho scritto di mia propria mano! – perché nei saluti finali o in una parte della lettera egli si “firmava” per dare l’autenticazione a quella lettera a chi conosceva la sua scrittura. Non guardare alla Bibbia soltanto, guarda anche alla Tradizione della Chiesa. Quando san Paolo scriveva ai Corinzi, ai Tessalonicesi, ai Filippesi… la Chiesa a Corinto, a Tessalonica, a Filippi già esisteva, è la Tradizione di quelle Chiese che ci ha tramandato le sue lettere come autentiche, è la Chiesa che ha fatto la Scrittura non che prendo la Scrittura e mi faccio la mia chiesa.” Trovai quelle parole illuminanti chiusi definitivamente il libro (e con esso l’ateismo al quale mi aveva condotto) e lo restituii per sempre alla biblioteca dimenticandomi per sempre titolo ed autore. Da allora cerco di leggere libri di teologia scritti da persone più affidabili e non dico cristiane ortodosse ma possibilmente almeno credenti.

Vi ricordo che domani per chi segue il calendario giuliano è la decollazione di san Giovanni il Battista quindi giorno di grande digiuno, e mercoledì 14 (cioè l’1 settembre) sarà il primo giorno dell’anno ecclesiastico. Mentre per chi segue il calendario gregoriano mercoledì 14 sarà l’esaltazione della Santa Croce quindi giorno di grande digiuno.
Buona Domenica a tutti.

p. Seraphim

mercoledì 7 settembre 2011

Dal sito: AsiaNews

Un “soddisfatto” Bartolomeo I spera nella 

riapertura della scuola di Chalki

Istanbul (AsiaNews) – Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, ha espresso grande soddisfazione per la decisione del premier Tayep Erdogan di restituire le proprietà sequestrate dopo il 1936 a tutte le minoranze non islamiche. Allo stesso tempo, incontrando il primo ministro turco, egli ha espresso la speranza che vi siano “passi ulteriori”. Erdogan ha risposto “ Questo è solo l’inizio”.
  Il patriarca spera con forza che ritorni alla Chiesa ortodossa la scuola teologica di Chalki e che venga riaperta l’accademia, fatta chiudere dal governo turco nel 1971.
 Quasi ad anticipare la possibilità dell’apertura, Bartolomeo ha già nominato mons. Elpidoforos Lambrinidis, metropolita di Bursa, come priore del monastero di Agia Triada (SS Trinità), e direttore degli studi: la scuola teologica di Chalki appartiene infatti al monastero.
  Dopo tante pressioni della comunità internazionale e soprattutto dell’Unione europea, il governo di Erdogan ha pubblicato un decreto con cui si restituisce alle minoranze greco-ortodosse, armene, ebree e altri gruppi non islamici, migliaia di proprietà che il governo turco aveva loro ingiustamente sottratto o sequestrato, contravvenendo ai loro impegni internazionali.
  La decisione ha sapore storico perché fa cambiare la visione delle minoranze religiose di Ankara, dopo oltre 70 anni.
 Ieri il patriarca ecumenico si è recato alla Madonna di Souda per la festa della Sacra Zona di Nostra Signora. La chiesa dove egli ha celebrato si trova a ridosso dell’antica muraglia bizantina nella città. Nella sua omelia, Bartolomeo I ha per la prima volta commentato la decisione del governo.
  “Oggi è un giorno molto particolare - ha introdotto il patriarca - perché i festeggiamenti avvengono a pochi giorni dall’annuncio della restituzione delle proprietà da parte del governo turco, sottratteci ingiustamente dopo il 1936. É un momento di grande gioia non soltanto per noi cristiani ortodossi, ma per tutte le minoranze che vivono da secoli su queste terre”
  “Meglio tardi che mai” ha esclamato, e ha aggiunto: “Se la Turchia si ritiene uno Stato di diritto, tutto deve realizzarsi nel contesto della giustizia e non dell’illegalità”.
 Alcuni commentatori sottolineano questa frase perché essa inquadra l’iniziativa di Erdogan, non come un atto di favore verso le minoranze non musulmane, ma come un atto di ripristino per un’ingiustizia perpetrata ai loro danni, malgrado gli impegni e gli accordi internazionali assunti dai precedenti governi turchi e mai rispettati.
  Bartolomeo ha infine riferito che nell’esprimere la sua soddisfazione, gioia e ringraziamenti ad Erdogan, ha voluto ricordargli che “tutti sono in attesa di ulteriori passi significativi verso le minoranze non musulmane”. Il premier gli ha risposto: “Questo è solo I’inizio”.
  Intanto il patriarca ecumenico ha nominato proprio ieri il nuovo priore del monastero di Agia Triada (SS Trinità), al quale appartiene la scuola teologica di Chalki. Il nuovo priore è mons. Elpidoforos Lambrinidis, metropolita di Bursa. Egli sarebbe destinato ad assumere la direzione degli studi di Chalki, non appena la scuola verrà riaperta.
  Negli ambienti diplomatici si vocifera che questa nomina fa presagire la probabile ed imminente riapertura della scuola teologica di Chalki, perchè - si dice – “Erdogan vuole chiudere tutte le pendenze con le minoranze non musulmane, retaggio dei governi del vecchio establishment”.
  Le scelte a favore delle minoranze non islamiche mostrano il premier impegnato in una nuova geopolitica mediorientale. Il gesto ulteriore della riapertura di Chalki lo riqualificherebbe ancora di più non solo agli occhi degli occidentali, ma in tutta l’area.

martedì 6 settembre 2011

11 settembre (29 agosto): Martirio del Precursore e cugino di Gesù Giovanni il Battista.

LA DECOLLAZIONE DEL SANTO GLORIOSO PROFETA,
PRECURSORE E BATTISTA GIOVANNI
Commemorazione l'11 settembre  (29 agosto)

La decollazione del Profeta, Precursore del Signore, Giovanni Battista: Gli evangelisti Matteo (14,1-12) e Marco (6,14-29) ci hanno lasciato i racconti del martirio di Giovanni Battista avvenuto nell’anno 32 dopo la nascita di Cristo.
Dopo il Battesimo del Signore, san Giovanni Battista fu rinchiuso in prigione da Erode Antipa, il tetrarca (sovrano di un quarto della Terra Santa) e governatore della Galilea. (Dopo la morte del re Erode il Grande, i Romani divisero il territorio della Palestina in quattro parti, e misero un governatore a capo di ogni parte. Erode Antipa ricevette la Galilea dall’imperatore Augusto).
Il profeta di Dio Giovanni aveva apertamente denunciato Erode per aver lasciato la moglie legittima, la figlia del re arabo Areta, e poi aver cominciato a convivere con Erodiade, moglie di suo fratello Filippo (Luca 3,19-20). Il giorno del suo compleanno, Erode fece un banchetto per i dignitari, gli anziani e un migliaio di capi del popolo. Salomè, figlia di Erodiade, danzò innanzi agli ospiti ed Erode ne fu incantato. In segno di gratitudine verso la ragazza, giurò di darle tutto quello che avrebbe chiesto, finanche la metà del suo regno.
La vile ragazza su consiglio della sua malvagia madre Erodiade chiese che su un piatto le fosse data la testa di Giovanni il Battista. Erode si inquietò, perché temeva l’ira di Dio per l’omicidio di un profeta, che prima aveva ascoltato. Ebbe anche paura del popolo, che amava il santo Precursore. Ma a causa degli ospiti e del suo giuramento sconsiderato, diede ordine di tagliare la testa di san Giovanni e di darla a Salomè.
Secondo la tradizione, anche dopo la morte la bocca del predicatore del pentimento ancora una volta si aprì e gridò: “Erode, non ti è lecito avere la moglie di tuo fratello Filippo”. Salomè prese il piatto con la testa di san Giovanni e lo diede a sua madre. Erodiade in preda alla frenesia oltraggiò ripetutamente la testa del santo facendola poi gettare in un luogo immondo. Ma la pia Giovanna, moglie di Cusa amministratore di Erode, seppellì la testa di Giovanni Battista in un vaso di terra sul Monte degli Ulivi, dove Erode aveva un appezzamento di terreno. (Il ritrovamento del Capo Venerabile viene celebrato il 24 febbraio). Il corpo santo di Giovanni Battista quella notte fu preso dai suoi discepoli e sepolto a Sebastia, là dove l’atto malvagio era stato compiuto.
Dopo l’omicidio di san Giovanni Battista, Erode continuò a governare per un certo tempo. Durante il processo che precedette la morte del Salvatore, Ponzio Pilato, governatore della Giudea, gli inviò Gesù Cristo per farlo giudicare, ma Erode dopo averlo beffeggiato glielo rimandò (Luca 23, 7-12).
Il giudizio di Dio giunse su Erode, Erodiade e Salomè già durante la loro vita terrena. Salomè in un inverno, attraversando il fiume Sikoris, cadde attraverso il ghiaccio, che aveva ceduto in modo tale che il suo corpo era in acqua, ma la sua testa era intrappolata al di sopra del ghiaccio. E avvenne che come un tempo ella danzava con i piedi sulla terra, ora invece si agitava disperatamente nell’acqua gelata. Così rimase intrappolata fino al momento in cui il ghiaccio affilato le tagliò il collo.
Il suo cadavere non venne trovato, ma la testa venne portata ad Erode ed Erodiade, allo stesso modo in cui un giorno lei aveva portato la testa di san Giovanni Battista. Il re arabo Areta, per vendicare l’affronto mostrato a sua figlia, mosse guerra contro Erode. Erode sconfitto subì l’ira dell’imperatore romano Caio Caligola (37-41) e fu esiliato con Erodiade prima in Gallia, e poi in Spagna.
La Decollazione di San Giovanni Battista, è un giorno di festa stabilito dalla Chiesa, in cui si osserva un digiuno stretto a motivo del dolore dei cristiani per la morte violenta del santo. In alcuni paesi ortodossi i devoti in questo giorno non mangiano da un piatto piano o usano un coltello o mangiano cibo di forma rotonda.
Oggi la Chiesa fa memoria dei soldati ortodossi uccisi sul campo di battaglia, come stabilito nel 1769 al tempo della guerra della Russia contro i turchi e i polacchi.
 

Tradotto per © Tradizione Cristiana da E. M. agosto 2011

sabato 3 settembre 2011

Riflessione a cura di p. Seraphim

Серафим Валеряни Ропа
 
XII Domenica dopo Pentecoste – Tono III
Letture: 1 Cor. 15,1-11 / Mt 19,16-26

Nel nome del Padre e del Figlio e del Santo Spirito. Amìn.
“….Che cosa mi manca ancora?” Quanto è profonda la domanda del giovane ricco. Lui aveva avuto tutto dalla vita, era ricco e quindi rispettato, poteva permettersi lussi che molti dei suoi vicini non potevano neanche sognare, eppure tutto questo non appagava pienamente la sua anima. E’ un fedele e devoto osservante dei comandamenti, li ha osservati fin dalla sua giovinezza, eppure neanche questo gli basta. Che cosa dunque gli manca? Il Signore Gesù glielo dice in una maniera per lui sconvolgente: “Va, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e seguimi.”, è come se gli dicesse: “Non ti manca niente agli occhi del mondo, sei ricco, giovane, devoto, ma ti manca la cosa fondamentale, ti manco Io.” Fratelli e sorelle dove riposa in pace il nostro cuore? Dove sentiamo la nostra vera gioia? Il compimento della nostra vita? Unicamente e solo in Dio, unicamente solo in Cristo Gesù nostro Salvatore. Non è una banalità o una frase fatta. Egli, il nostro creatore, ci ha voluti per amore, per essere oggetto del suo amore infinito e il nostro cuore, che è fatto per amare, non può trovare risposo se non in Lui. I beni del mondo ci danno una gioia momentanea ma poi ci stancano, se a loro attacchiamo il cuore sono un po’ come dei surrogati tipo i dolcificanti artificiali rispetto allo zucchero, sì dolcificano ma poi ci lasciano quel senso di amaro in bocca e lo zucchero diciamocelo è proprio meglio dei dolcificanti. Così se usiamo dei beni materiali, perfino della religione, senza fare di Dio il centro della nostra vita a lungo andare sentiamo un amaro in bocca e tendiamo ad altro, ma nel contempo è come se questi beni si attaccassero alla nostra anima e non ci lasciassero andare “…il giovane se ne andò triste (triste e sottolineo triste), poiché aveva molte ricchezze.”
Gioia o tristezza, primato di Dio o primato del mondo, questa è la scelta a cui la vita cristiana ci pone davanti, cerchiamo di fare la scelta giusta. Se quel giovane ricco avesse detto di sì a Cristo ora lo ricorderemmo con tutta probabilità per nome e come un grande santo della Chiesa, invece si ricorda semplicemente come il giovane ricco. Preghiamo Iddio che nell’ultimo giorno si ricordi di noi per nome e ci salvi Lui che è il Salvatore delle nostre anime e dei nostri corpi.
Buona Domenica a tutti.

p. Seraphim