giovedì 31 maggio 2012

Dal sito della parrocchia Ortodossa di Torino del mio Confratello e Concelebrante Padre Ambrogio: http://www.ortodossiatorino.net


La preparazione al Matrimonio nella Chiesa ortodossa

Se state leggendo questo testo, è perché vi interessa la pratica del matrimonio nella Chiesa Ortodossa. Forse volete sposarvi in chiesa; forse vi hanno chiesto di fare da testimoni, oppure di partecipare alla celebrazione di un matrimonio. Qui di seguito troverete spiegazioni sul rito del matrimonio e sul suo significato.
MATRIMONIO, FIDANZAMENTO, INCORONAZIONE
Il rito matrimoniale ortodosso è composto da due funzioni, un tempo separate, e oggi fuse in un’unica celebrazione. La prima, il fidanzamento (in slavonico obručènie, in romeno logodna), è la solennizzazione delle promesse di matrimonio; la seconda, che potremmo definire il matrimonio vero e proprio, è chiamata nella tradizione ortodossa incoronazione (in slavonico venčànie, in romeno cununie), un nome che viene dalle corone poste sul capo degli sposi.
In altri tempi e in altre società, i matrimoni erano organizzati tramite accordi tra le famiglie degli sposi, e spesso erano programmati quando i futuri sposi erano ancora in età molto giovane (adolescenti, o addirittura preadolescenti). In tali casi si capiva un desiderio di solennizzare le promesse di matrimonio con un appropriato rito di fidanzamento, in modo da annunciare a tutta la comunità dei credenti che due giovani erano promessi l’uno all’altra, anche se ancora il loro matrimonio non era stato celebrato.
Oggi ci si sposa per lo più di propria iniziativa e con il partner di propria scelta, e quindi non ha più senso celebrare in chiesa un fidanzamento separato dal matrimonio: ecco perché le funzioni del fidanzamento e dell’incoronazione sono fuse in una sola celebrazione. Tuttavia, vale la pena ricordare come gli stessi libri delle funzioni ancora prevedono la possibilità che il fidanzamento e il matrimonio siano celebrati in due occasioni distinte.
UN PO’ DI TEOLOGIA DEL MATRIMONIO
Il sacramento – o per usare la terminologia ortodossa, il santo mistero – del matrimonio non pretende di unire legalmente un uomo e una donna. Piuttosto, è il riconoscimento da parte della Chiesa dell’unione che Dio ha già operato nelle vite degli sposi: è l’ingresso, in modo misterioso, dell’unione umana degli sposi (in quanto unione terrena, soggetta al peccato, al dolore e alla morte) nella dimensione divina del Regno di Dio.
L’unione del matrimonio cristiano riapre la possibilità del primo progetto matrimoniale dell’Eden: attraverso la compagnia di esseri complementari, la realizzazione nella loro vita di un’eternità di gioia.
Per questo il matrimonio ortodosso va al di là di un accordo legale. Nel corso del rito, gli sposi non scambiano voti nuziali: attraverso la loro presenza (e quella dei loro testimoni a garanzia della loro libera scelta) si realizza l’impegno tra i due e l’apertura all’azione di Dio nella loro unione.
Anche se la Chiesa è condiscendente verso i vedovi che si risposano perché non vogliono vivere soli, il matrimonio non è visto come un unione degli sposi “finché la morte non li separi”. Di fatto, dato che l’unione entra nella dimensione del Regno di Dio, ne assume anche i caratteri di eternità. Per questo, invece di parlare di matrimonio indissolubile come fa la teologia romano-cattolica, la teologia ortodossa parla di matrimonio unico e irripetibile: si può anzi dire che per gli ortodossi esiste un solo vero matrimonio sacramentale nella vita, mentre i successivi matrimoni (sia quello dei vedovi, sia in altri casi in cui la Chiesa autorizza un secondo matrimonio quando il primo è, dal punto di vista umano, irrimediabilmente fallito) sono visti come una misura di indulgenza, con una benedizione ecclesiale che reintegra i nuovi sposi nella vita della comunità dei credenti.
Proprio perché propone con il matrimonio una nuova “dimensione divina” alla vita della coppia, la Chiesa Ortodossa non condanna le unioni umane. Il suo compito non è di determinare se le coppie che non sono sposate in chiesa vivano più o meno “nel peccato” (in senso lato, si può dire che chiunque non vive secondo la grazia e la volontà di Dio vive nel peccato, che sia sposato con rito religioso oppure no); piuttosto, il suo compito è chiamare tutte le coppie a passare dall’unione umana alla partecipazione alla vita divina offerta attraverso il mistero del matrimonio.
I TESTIMONI
Gli sposi sono accompagnati al matrimonio da due amici (nella terminologia greca, i paraninfi, che potremmo tradurre come “amici degli sposi”), che hanno un compito molto importante nel rito: quello di testimoniare, con la loro presenza, la libertà del legame matrimoniale, sia per la libera scelta personale (assenza di costrizioni, minacce o altre condizioni che rendono nullo il matrimonio), sia per la mancanza di altri legami (matrimoni o fidanzamenti precedenti il cui effetto non sia stato riconosciuto come terminato dalla Chiesa). Per questo, è importante che i testimoni conoscano bene gli sposi.
Nel corso del tempo si sono stabiliti diversi costumi locali, e i testimoni sono venuti sempre di più a somigliare ai padrini del battesimo (in lingua romena, si usa lo stesso termine, nănaş, per indicare entrambi i ruoli): oggi i testimoni sono quasi sempre un uomo e una donna, per consuetudine marito e moglie. In tal modo, la coppia dei testimoni prende il compito di guidare la coppia più giovane nella loro vita matrimoniale.
Per quanto questa usanza sia bella e nobile, bisogna sottolineare che i testimoni NON hanno il ruolo di padrini o di guide; il loro compito è, appunto, quello di testimoniare la libertà del matrimonio, e tutto ciò che vogliono essere o fare in più per gli sposi non è un compito richiesto dalla Chiesa.
Per questo, ricordiamo quanto segue:
1. Non è obbligatorio che i testimoni siano sposati. Non è neppure obbligatorio che siano un uomo e una donna: per la Chiesa sono regolari i matrimoni che hanno due uomini, oppure due donne, come testimoni.
2. Non è obbligatorio che i testimoni siano cristiani ortodossi. Non è la fede o l’appartenenza dei testimoni alla Chiesa che è richiesta nel matrimonio (come invece è richiesta per i padrini di battesimo), ma la loro sincera conoscenza degli sposi. In altre parole, meglio un vero amico non ortodosso (o in caso estremo, addirittura non cristiano) piuttosto che un membro della Chiesa che non conosce gli sposi. Oggi c’è chi insiste che i testimoni siano cristiani ortodossi, ma chi sostiene queste cose dovrà spiegare perché la Chiesa, che permette che uno degli sposi sia un cristiano non ortodosso, dovrebbe essere più rigorosa con i testimoni che non con gli sposi stessi!
3. La Chiesa non chiede niente ai testimoni, dopo che hanno fatto il loro dovere al matrimonio. I testimoni non sono obbligati a fare da padrini di battesimo ai figli della coppia (anche se questo succede spesso nella pratica), né hanno altri doveri specifici: ogni vicinanza o aiuto agli sposi viene dalla libertà del loro ruolo di amici.
I MATRIMONI MISTI
Fino a un certo punto, nella storia cristiana, la Chiesa si è rifiutata di benedire i matrimoni in cui uno dei due coniugi non apparteneva, per fede e battesimo, ai propri fedeli.
Con la mobilità sociale degli ultimi secoli, tuttavia, sono aumentate sempre di più le coppie miste, e anche la Chiesa ha esteso gradualmente l’unione del matrimonio a queste coppie, anche se con una certa prudenza.
Per quanto riguarda la Chiesa russa, i primi casi di matrimoni ortodossi per coppie miste furono concessi nel XVIII secolo ai prigionieri di guerra svedesi, che avevano preso mogli russe ed erano sprovvisti dei propri pastori.
Oggi è possibile un matrimonio misto di fedeli della Chiesa Ortodossa con fedeli battezzati di chiese cristiane non ortodosse (incluse le denominazioni più recenti, come avventisti e pentecostali, ma esclusi i nuovi movimenti di matrice cristiana come mormoni e testimoni di Geova). Non si può invece celebrare un matrimonio misto con non battezzati (atei o di altre religioni): il principio di tale esclusione è che è inverosimile che una persona che non crede in Cristo e non appartiene alla sua Chiesa (nemmeno in  una forma eterodossa) possa onestamente assumersi il compito di vivere la vita di un coniuge cristiano secondo la fede della Chiesa.
Anche se i matrimoni misti sono possibili, la Chiesa incoraggia sempre i propri membri a cercare coniugi della loro stessa fede, soprattutto se entrambi sono credenti impegnati. L’impegno dei cristiani ortodossi non è semplice, e passare la propria vita accanto a una persona che non condivide questo cammino aggiunge complessità a uno sforzo non indifferente.
A seconda dei casi, soprattutto quando i coniugi non sono al primo matrimonio, può essere necessaria la benedizione del vescovo prima di procedere a un matrimonio misto.
IL RITO DEL FIDANZAMENTO
Vediamo dunque come si svolge un rito nuziale in una Chiesa Ortodossa di oggi. La prima parte, il rito del fidanzamento, si svolge nel nartece (vestibolo) della chiesa: se la chiesa non ha un nartece o un portico interno, è consuetudine fare il fidanzamento alle porte della chiesa, per indicare l’ingresso nella vita matrimoniale (anche nel rito del battesimo, le preghiere esorcistiche e le dichiarazioni di fede si fanno nel nartece, per la stessa ragione). Gli sposi avanzano affiancati dai testimoni, lo sposo si tiene sulla destra e la sposa sulla sinistra: sono le posizioni tenute per consuetudine dagli uomini e dalle donne nella chiesa, che si possono ricordare facilmente guardando la disposizione delle icone centrali di Cristo e della Madre di Dio.
Il prete che celebra il matrimonio benedice gli sposi, consegna loro ceri accesi, e li incensa. Inizia quindi il rito del fidanzamento,  composto da preghiere, litanie e dallo scambio degli anelli, che simbolizza lo scambio delle promesse di fedeltà.
Gli anelli erano anticamente d’oro (per lo sposo) e d’argento (per la sposa), ma oggi sono più usate le coppie di anelli fatte dello stesso materiale (talvolta anche meno prezioso). Prima del rito del fidanzamento, gli anelli sono benedetti con l’aspersione di acqua santa, e poggiati sopra la tavola dell’altare. Volendo, si possono portare gli anelli in chiesa un certo tempo prima della funzione nuziale, e tenerli sulla tavola dell’altare durante la celebrazione della Divina Liturgia.
Il simbolismo degli anelli (un cerchio che non ha fine, così come le promesse degli sposi non hanno termine né condizioni) è spiegato nelle preghiere del rito, quando si ricordano gli anelli donati in vari episodi biblici come segni di fedeltà, di fiducia, di responsabilità e di misericordia divina.
La formula del fidanzamento, che secondo alcuni usi si ripete per tre volte, è la seguente: Il servo di Dio (nome) riceve per fidanzata la serva di Dio (nome), nel nome del Padre, del Figlio e del santo Spirito, amen. Allo stesso modo, la formula si ripete per la sposa: La serva di Dio (nome) riceve per fidanzato il servo di Dio (nome), nel nome del Padre, del Figlio e del santo Spirito, amen.
Il prete mette l’anello al dito anulare della mano destra degli sposi. La mano destra (con cui un cristiano fa il segno della croce) è usata come sede degli anelli nella tradizione cristiana più antica, e anche in quella ebraica, da cui provengono molti usi del matrimonio ortodosso. La pratica del cattolicesimo romano, che ha differenziato gli anelli di fidanzamento da quelli di matrimonio (mentre nella Chiesa Ortodossa non c’è questa distinzione), ha portato in alcuni usi a passare gli anelli alla mano sinistra. Se gli sposi, per costume locale, desiderano portare i loro anelli alla mano sinistra dopo la fine del rito nuziale, non c’è alcun serio problema.
Gli anelli, appena messi al dito degli sposi, sono scambiati per tre volte (dal prete stesso o dai testimoni, a seconda degli usi). Lo scambio degli anelli esprime il continuo scambio tra gli sposi, che come figure complementari si arricchiscono a vicenda.
Se al rito del fidanzamento segue subito l’incoronazione (vale a dire, oggi, nella stragrande maggioranza dei casi), sposi e testimoni procedono verso il centro della chiesa, dove è preparato un tavolo con le corone nuziali. Durante l’ingresso della coppia, il coro canta i versi del Salmo 127, intervallati dal ritornello “Gloria a te, Dio nostro, gloria a te”.
IL RITO DELL’INCORONAZIONE
Entrati al centro della chiesa, gli sposi vanno a stare sopra un tappeto preparato appositamente per loro (può essere un telo ricamato con motivi matrimoniali, come si usa preparare in Russia, oppure un semplice tappetino largo abbastanza per accomodare i due sposi). Questo tappeto, il cui uso proviene dall’antico matrimonio ebraico, simbolizza la dimensione sulla quale gli sposi hanno un dominio riconosciuto dalla Chiesa: la gestione della loro vita comune, la crescita dei figli, la dimora familiare.
Il prete inizia il rito dell’incoronazione con tre preghiere nelle quali si chiede la grazia di Dio per gli sposi: la grazia che trasforma la loro unione umana in un’unione guidata dallo Spirito santo (proprio come nella Divina Liturgia il prete prega per la discesa dello Spirito santo sul pane e sul vino, perché si trasformino nel corpo e nel sangue di Cristo).
Le mani degli sposi sono unite dal prete, e secondo gli usi sono legate assieme con un nastro o con un velo. Quindi il prete pone sul capo degli sposi le corone, segno di regalità (la Chiesa concede agli sposi di essere i sovrani della loro vita familiare, come compartecipi della regalità di Cristo stesso), e anche di perfezionamento: gli sposi diventano “corona” l’uno dell’altra, un completamento dell’immagine divina, uno strumento potenziale di salvezza l’uno per l’altra, come ricordato anche da san Paolo nel capitolo 7 della prima Lettera ai Corinzi. La corona è pure segno di martirio, ovvero di testimonianza di fede “nella buona e nella cattiva sorte”, che giunge fino al sacrificio della vita. Il mistero del matrimonio richiede la volontà di morire a se stessi, al proprio tornaconto personale, per sapersi donare all’altro per tutta la vita.
La formula dell’incoronazione, che secondo alcuni usi si ripete per tre volte, è la seguente: Il servo di Dio (nome) riceve come corona la serva di Dio (nome), nel nome del Padre, del Figlio e del santo Spirito, amen. Allo stesso modo, la formula si ripete per la sposa: La serva di Dio (nome) riceve come corona il servo di Dio (nome), nel nome del Padre, del Figlio e del santo Spirito, amen.
Le corone, appena poste sul capo degli sposi, sono scambiate per tre volte (dal prete stesso o dai testimoni, a seconda degli usi), mentre il coro canta: Signore Dio nostro, coronali di gloria e d'onore.
LE LETTURE
Le due letture bibliche associate al matrimonio sono prese dalla Lettera di san Paolo agli Efesini e dal Vangelo di Giovanni.
San Paolo ricorda ai primi cristiani di Efeso (ma anche ai cristiani di tutti i tempi e luoghi) i doveri reciproci degli sposi, facendo un parallelo tra l’amore del marito e della moglie con quello di Cristo e della sua Chiesa. Come Cristo ama la sua Chiesa al punto di donarsi totalmente per lei, fino al sacrificio supremo, così il marito deve donarsi totalmente alla moglie. Come la Chiesa, a sua volta, è sottomessa a Cristo, così la moglie deve sottomettersi al marito. Se in ogni momento della vita matrimoniale si segue questo modello, i matrimoni non falliscono! La moglie, lasciando l’ultima parola al marito, impara a dominare il suo desiderio istintivo di protezione della famiglia nei momenti di conflitto di volontà (che di solito non hanno molto a che fare con l’immediata sopravvivenza dei figli e della famiglia); il marito, ricordando la necessità di sacrificarsi per il bene della moglie e dei figli, fa sì che l’ultima decisione a lui lasciata non sia per i propri interessi personali, ma per quelli del nucleo familiare.
Il Vangelo di Giovanni parla del primo segno miracoloso fatto da Gesù alle nozze di Cana, dove l’acqua trasformata in vino (e in vino di qualità!) è il modello della trasformazione dell’unione umana in un’unione divina, attraverso la grazia del Signore. La coppia non è più una semplice istituzione umana, ma un segno, come la Chiesa stessa, del Regno di Dio già presente in mezzo a noi.
CONCLUSIONE DEL RITO
Dopo ulteriori preghiere e litanie, il prete benedice una coppa di vino: da questa coppa bevono gli sposi, in segno della loro partecipazione comune di tutta la vita, in ogni suo aspetto di gioia o di dolore. La coppa di vino viene direttamente dall’uso del matrimonio ebraico, e non ha alcuna connessione con il vino del mistero eucaristico.
Il prete conduce quindi gli sposi in una triplice processione attorno al centro della chiesa, mentre il coro canta alcuni tropari (inni della tradizione ortodossa) che parlano di temi collegati simbolicamente al matrimonio. Durante il canto dei tropari, è uso che i testimoni seguano gli sposi, eventualmente reggendo le corone sul loro capo.
Il canto dei tropari proviene dall’antico uso di accompagnare gli sposi in processione con canti, dopo il matrimonio, dalla porta della chiesa alla porta di casa della nuova coppia. Nel tempo questa usanza pubblica è stata abbandonata, i canti ecclesiali sono stati trasferiti a questo punto della fine della celebrazione, e la processione è divenuta un episodio interno del rito matrimoniale.
Al termine della processione il prete scioglie le mani degli sposi, e ripone le corone sul tavolo. Nelle preghiere finali che seguono, il prete chiede a Dio di custodire le corone senza macchia nel suo regno: un segno dell’eredita che attende gli sposi cresciuti nell’amore e nella fedeltà, che hanno portato frutti spirituali nel loro matrimonio.
Dopo la benedizione finale, seguono secondo gli usi una serie di segni e di auguri: la venerazione delle icone in centro alla chiesa (oppure sull’iconostasi), l’augurio di molti anni alla nuova coppia, un’esortazione del prete agli sposi a mantenere nella propria vita la grazia ricevuta da Dio. Nel caso di matrimoni misti, anche un ministro di culto non ortodosso può avere a questo punto uno spazio per rivolgersi agli sposi e offrire loro una parola di incoraggiamento e di istruzione.
I SECONDI MATRIMONI
La Chiesa Ortodossa mantiene uno standard molto elevato nel modello di vita di coppia, ma riconosce che i legami matrimoniali hanno termine, o per ragioni di forza maggiore (come la morte di uno dei coniugi) o per diversi livelli di colpa umana (abbandono, infedeltà e altre cause che riducono il matrimonio a una mera finzione). In questi casi, la Chiesa permette (nel caso di vedovanza, sempre, e negli altri casi, con la benedizione scritta del vescovo nella cui diocesi è stato celebrato il matrimonio) di fare un secondo matrimonio religioso. Ne tollera anche un terzo (seppur vivamente sconsigliato), mentre ne vieta assolutamente un quarto.
Esiste un rito delle seconde nozze, di carattere penitenziale, nel quale si vede chiaramente come la Chiesa permette i secondi matrimoni come un rimedio a situazioni personali ancora più sconvenienti. Oggi si usa il rito delle seconde nozze solo se entrambi gli sposi sono già stati incoronati in precedenza: è una forma di rispetto per un coniuge che sia invece alla sua prima esperienza di matrimonio. Di conseguenza, può essere raro veder celebrare questa forma di rito nuziale.
LA PREGHIERA DEL RIENTRO DEGLI SPOSI
Una preghiera annessa al rito matrimoniale, oggi raramente usata, li accoglie al loro rientro in chiesa dopo i festeggiamenti nuziali. Non è male continuare a proporre questa preghiera, che può essere un adeguato “rito di passaggio” dopo un viaggio di nozze, per far ritornare la coppia appena sposata a un ruolo attivo nella comunità locale dei fedeli.
PROBLEMI E DIFFICOLTÀ
Spesso un matrimonio in chiesa comporta diverse difficoltà pratiche, sia in relazione al matrimonio civile, sia alla presenza di precedenti legami matrimoniali. Questa guida non può pretendere di dare una risposta generale a tutti i problemi, ma qui di seguito offriamo alcuni elementi di riflessione.
Se gli sposi non sono uniti in matrimonio civile, bisogna che questo sia fatto o prima del matrimonio in chiesa, o contestualmente al matrimonio religioso. È possibile fare un matrimonio ortodosso con effetto civile, ma solo se il prete che lo celebra è un ministro di culto riconosciuto dallo stato. Per questo, bisogna informarsi bene presso la chiesa in cui ci si vuole sposare (meglio ancora, si dovrebbe frequentare assiduamente quella chiesa!)
Se c’è stato un precedente matrimonio in chiesa di un coniuge ortodosso, occorre la benedizione del vescovo nella cui diocesi è stato celebrato il matrimonio precedente. Se invece il precedente matrimonio religioso lo ha contratto un coniuge non ortodosso, allora questa persona deve essere dichiarata libera di risposarsi secondo le regole della sua Chiesa di appartenenza. Se detta Chiesa non lo ritiene libero, la Chiesa Ortodossa non può intervenire a riguardo. Le conversioni alla Chiesa Ortodossa per aggirare questo ostacolo – ancorché possibili – non sono viste con favore.
Se ci sono stati precedenti matrimoni civili, non ci sono obiezioni a un matrimonio in chiesa, ma tutti i legami di un precedente matrimonio civile devono essere sciolti, così come deve essere risolta qualsiasi disputa (affidamento dei figli, e così via) legata a tale matrimonio.
Il matrimonio non preclude una scelta futura del marito o della moglie di abbracciare la vita monastica, ma una simile scelta può essere fatta solo con il consenso di entrambi i coniugi, e può essere accettata solo se i genitori non hanno (o non hanno più) la responsabilità della crescita di figli minorenni. In tali casi il matrimonio è sospeso dalle autorità della Chiesa, e il marito o la moglie (o ancor meglio, entrambi) possono ricevere la tonsura monastica.

mercoledì 30 maggio 2012

Dal sito: http://makj.jimdo.com/

LA SANTA LUCE

di Charis Skarlakidis

Copertina del libro
Prefazione
     L’avvento della Santa Luce nel Santo Sepolcro di Gesù Cristo, ogni Sabato Santo, è un evento meraviglioso e speciale che si svolge da oltre un millennio. Ogni anno, intorno a mezzogiorno del Sabato Santo, una luce si sprigiona dal Sepolcro di Cristo e dà luce alla cosiddetta lampada «non dormiente» che si trova all’interno del Sepolcro, mentre, simultaneamente, lampi di colore blu e bianco lampeggiano dalla diffusione della stessa luce attraversando la Chiesa della Resurrezione, illuminando lo spazio e accendendo alcune delle candele della Chiesa e alcune delle candele dei fedeli presenti.
     Di questo evento esistono documentazioni da almeno dodici secoli. Le testimonianze storiche di questo evento all’interno di questo libro ammontano a quarantacinque e descrivono la cerimonia della Luce Santa in un periodo storico fra il IX e XIV secolo.
     Tutte queste testimonianze, in impressionante e unanime maniera, parlano di una luce o un fuoco che miracolosamente cade dal cielo, di fronte a una folla di fedeli, e accende la lampada che si trova all’interno del Sepolcro vuoto di Cristo. Questa luce è considerata la medesima luce soprannaturale che ha illuminato il Sepolcro di Cristo nel momento della sua Risurrezione.
     La Luce Santa è scaturita, la prima volta, nel momento della Resurrezione di Cristo dopo la mezzanotte del Sabato Santo e poche ore prima dell’alba della Domenica di Pasqua, con la probabile data del 5 aprile 33 d.C. (1)
     Oggi, dopo due millenni, la stessa luce continua a scaturire, nello stesso luogo, all’interno del Sepolcro di Cristo, ma anche all’esterno, durante la cerimonia del Sabato Santo.
     Sono stato personalmente presente a questa cerimonia, per un totale di undici volte. Durante la prima di queste, nell’aprile 1998, mi trovavo in un luogo molto buio della Chiesa della Resurrezione, appena sotto il Calvario, e quando apparve la Luce Santa ho visto alcuni bagliori di colore blu e bianco che attraversavano il luogo e la candela di un credente, che si trovava di fronte a me, si è accesa da sola. Naturalmente, il fatto che una candela si accenda da sé si presta a interpretazioni diverse a seconda del giudizio personale e la fede di ognuno. Un scetticismo benintenzionato di fronte ad un improvviso fenomeno «soprannaturale » è necessario e nel pieno rispetto del precetto di s. Giovanni l’Evangelista per la sperimentazione degli spiriti «se provengono da Dio». (2)
     Per quel che riguarda la presenza della Luce Santa, esso non è un fatto eccezionale o temporaneo, ma si ripete di continuo da 12 secoli, in modo manifesto e storicamente documentato.
     Per molte persone l’apparizione della Luce ogni Sabato Santo, al Sepolcro di Cristo è un vero miracolo. Per altri invece non lo è. Punti di vista differenti, ma tutti rispettabili.
     Questo libro non è destinato né a convincere alcuno sulla validità del miracolo, né a imporre un parere. Lo scopo di questo studio è di presentare tutte le informazioni e le testimonianze provenienti sia da un lontano passato sia dal nostro tempo, in modo che ognuno possa valutare il miracolo da solo.
     Particolare valore ha anche l’approccio scientifico all’intera questione. Le misurazioni dello spettro delle radiazioni elettromagnetiche effettuate nella zona intorno al Sepolcro di Cristo nel Sabato Santo del 2008, dal russo fisico dr. Andreij Volkov, sono di grande interesse e saranno elencate in una sezione separata del libro.
     La parte centrale di questo libro è un viaggio affascinante, attraverso il tempo, che avviene attraverso le storie e le testimonianze di decine di visitatori, di storici, di crociati, di storici musulmani, di cristiani pellegrini e di viaggiatori comuni che hanno vissuto il miracolo della Luce Santa da vicino, o lo hanno appreso da testimoni.
     Secondo il chierico greco Niceta (sec. X.) la Santa Luce ha cominciato a manifestarsi fin dal tempo di Cristo, subito dopo la sua ascensione, ogni Sabato Santo senza interruzione nel corso dei secoli.  Invece lo storico arabo al-Masudi e lo storico armeno Kiracos determinano il momento di partenza del miracolo poco dopo; secondo loro infatti la Santa Luce comincia ad apparire durante il periodo di costruzione della Chiesa della Risurrezione, 326-336 d.C. Lo storico Kiracos fa rilevare inoltre che la prima persona che ha vissuto il miracolo è s. Gregorio l’Illuminatore, intorno all’anno 330 d.C.
     Cinque secoli più tardi, a metà del IX secolo, iniziano i primi espliciti riferimenti storici sulla Luce celestiale che scende sul Sepolcro di Cristo e con il passare dei secoli le testimonianze aumentano. Questo libro contiene solo le testimonianze storiche più importanti, per il periodo compreso tra la metà del IX secolo fino al tardo XVI.
     La questione della registrazione di tali testimonianze è stata affrontata da alcuni studiosi in passato. Tra questi ricordiamo i tedeschi Johann L. Mosheim (3) (1736) e Gustav Klameth (4) (1913), il russo Ignatij Kratčkovskij (5) (1914), l’archimandrita Kallistos Miliara (6) (1934), Μarius Canard (7) (1955), Otto Meinardus (8) (1962), Francis E. Peters (9) (1985), e il vescovo Auxentios di Fotice (1)0 (1999).
     La ricerca di J. Mosheim è impressionante per l’epoca, quella di I. Kratčkovskij è particolarmente preziosa in quanto comprende molti rapporti arabi e anche lo studio di Kallistos Miliara è ammirevole e lodevole. Nonostante la notevole letteratura e gli articoli che hanno prodotto questi studiosi, essi però citano un numero relativamente piccolo di testimonianze e molte storie importanti non sono mai state registrate.
     Per di più, in nessuno di questi studi sono stati inclusi i testi originali (latino, arabo, greco, ecc), ma solo le traduzioni, e inoltre non vi è alcun riferimento ai manoscritti originali.
     Durante il mio lavoro raccogliendo le varie testimonianze, non riuscivo ad immaginare la quantità e l’importanza delle cronache che sono rimaste dimenticate dalla storia. Per capire questo, vale la pena annotare che l’evento dell’anno 1101, una storia unica, in cui la Luce Santa non si è manifestata nel giorno del Sabato Santo (ma il giorno successivo), è descritto da otto diversi cronisti. Ma di questo evento non si trova traccia in nessuno degli studi fatti.
     Di questi cronisti quattro sono francesi, uno tedesco, uno inglese, uno italiano e uno armeno e le loro descrizioni sono di grande valore, perché una testimonianza conferma e corrobora l’autenticità delle altre.
     Molte delle storie sono così dettagliate e precise che è come essere portati nel passato e nel luogo dove l’evento si è verificato. Vediamo gli avvenimenti attraverso gli occhi delle persone che li hanno vissuti.
     Grande importanza ha, anche, la testimonianza di eminenti arabi e persiani; in particolare la testimonianza di Ibn al-Qass e di al-Biruni è di fondamentale importanza perché proviene da musulmani, la cui religione vieta l’accettazione del miracolo.
     Colpisce, anche, che i musulmani di Gerusalemme, anche se di diversa religione, partecipano a migliaia alla cerimonia della Luce Santa, accettando l’autenticità del miracolo e portando la Luce, con devozione, nelle moschee e nelle case, conservandolo per l’anno intero.
     Nel presente studio è stato deciso di non includere testimonianze di contemporanei, ad eccezione di alcuni casi particolari, perché in primo luogo l’orientamento del libro è diverso; in secondo luogo, tale tentativo richiederebbe uno spazio molto grande. (...)
 
Professor Enrico Morini 
 
Note:

(a)
Il libro con la traduzione di Stilinos Bouris  (dell’Associazione Testimonianza Ortodossa - consta di 388 pagg.) edito da: testimonianza ortodossa - dal sito: http://www.ortodoxia.it;

1. La crocefissione di Gesù avvenne di Venerdì, alla vigilia della Pasqua giudaica, quando governatore della Giudea era Ponzio Pilato (26-36 d.C.). Durante questi dieci anni, la vigilia di Pasqua ha coinciso solo due volte col Venerdì: il 7 aprile 30 d.C. e 3 aprile 33 d.C. Quindi, ci sono solo due date possibili per stabilire il giorno della crocifissione di Cristo. Il Vangelo di Luca dice che Giovanni Battista iniziò la sua azione nel 15° anno del regno dell’imperatore Tiberio, cioè nel periodo 19/8/29 - 19/8/30 d.C. Ciò significa che l’azione pubblica di Gesù, quasi un anno dopo, inizia intorno al 30-31 d.C. Considerando che l’azione pubblica di Gesù durò approssimativamente da 2,5 a 3 anni, l’unica data possibile per la sua crocifissione è il 3 aprile e per la sua risurrezione il 5 aprile 33 d.C. Molti cronisti dell’Impero Romano d’Oriente (bizantini), come Giovanni Filopono, Georgio Cedreno, Georgio Sincello, ma anche altre fonti (Acta Pilati) affermano che la crocifissione di Gesù, ha avuto luogo durante il 19° anno di regno dell’imperatore Tiberio, vale a dire nel 33 d.C.
2. «Carissimi, non credete in ogni spirito, ma provate gli spiriti per sapere se sono da Dio, perché molti falsi profeti sono venuti fuori nel mondo» (Giovanni 1, 4:1-3). I racconti di tutte queste persone costituiscono il nucleo di questo libro e ci danno la possibilità di viaggiare, mentalmente, indietro di molti secoli e scoprire aspetti sconosciuti della celebrazione più importante del cristianesimo: la risurrezione di Gesù Cristo e la discesa della Luce Santa.
3. J. L. VON MOSHEIM, De Lumine Sancti Sepulchri Commentatio, Helmstadii 1736.
4. G. KLAMETH, Das Karsamstagsfeuerwunder der heiligen Grabeskirche, Vienna 1913.
5. I.J. KRACHKOVSKӰ, ‘Blagodatnyj ogon’ po rasskazy al-Biruni i drugich musul’manskich pisatelej X-XIII vekov (Il Sacro Fuoco secondo il racconto di al-Biruni e di altri autori musulmani
dal 10° al 13° secolo), in Christianskӱ Vostok 3, 1915.
6. K. MILIARA, Studio storico sulla Luce Santa, Gerusalemme 1934.
7. Μ. CANARD, La Destruction de l’Église de la Résurrection par le Calife Hakim et l’histoire
de la descente du Feu Sacré, in Byzantion 35 (1955).
8. O. MEINARDUS, The Ceremony of the Holy Fire in the Middle Ages and to-day, in Bulletin de la Societe d’Archeologie Copte 16 (1961-62), pp. 242-253.
9. F.E. PETERS, Jerusalem: The Holy City in the Eyes of Chroniclers, Visitors, Pilgrims, and Prophets, Princeton 1985.
10. BISHOP AUXENTIOS OF PHOTIKI, The Paschal Fire in Jerusalem: A Study of the Rite of the Holy Fire in the Church of the Holy Sepulchre, Berkeley 1999.

lunedì 28 maggio 2012


DOMENICA 3 GIUGNO 2012

P E N T E C O S T E

Celebrazione delle Ufficiature:

Sabato 2 giugno 2012, Ore 17.00
VESPRO

Domenica 3 giugno 2012: Ore 10.00
DIVINA LITURGIA

Domenica 3 giugno 2012: Ore 17.00
 VESPRO DELLO SPIRITO SANTO

  Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca
Parrocchia di
San Giovanni di Kronstadt
Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II 
(di fronte la pizzeria da Armando)
Castrovillari (cs)
Carissimi Fedeli Ortodossi di 
Castrovillari e del circondario, 
carissimi Arbresh dei paesi viciniori,
 come sempre vi aspetto numerosissimi,
 per celebrare con voi le Ufficiature 
della nostra Chiesa e della nostra
 Santa Tradizione Ortodossa.
Per qualsiasi informazione chiamate
 il Parroco al: 3280140556

venerdì 25 maggio 2012

Domenica 27 maggio 2012
Dei Santi Padri - Tono VI
Ангельския силы на гробе Твоем, и стрегущии омертвеша: 
и стояше Мариа во гробе, ищущи пречистаго тела Твоего.
 Пленил еси ад, не искусився от него: сретил еси Деву, даруяй живот, 
воскресый из мертвых, Господи слава Тебе.
Вознеслся еси во славе Христе Боже наш, 
радость сотворивый учеником обетованием Святаго Духа,
 извещенным им бывшим благословением, 
яко Ты еси Сын Божий, Избавитель мира.
Препрославлен еси Христе Боже наш, 
светила на земли отцы наши основавый, 
 и теми ко истинней вере вся ны наставивый: 
Многоблагоутробне, слава Тебе.
Апостол проповедание, и отец догматы,
 Церкви едину веру запечатлеша, яже и ризу носящи истины,
 исткану от еже свыше богословия, исправляет
 и славит благочестия великое таинство.
Еже о нас исполнив смотрение, 
 и яже на земли соедниив небесным,
 вознеслся еси во славе Христе Боже наш, 
никакоже отлучаяся, но пребывая неотступный,
 и вопия любящим Тя: Аз есмь с вами, и никтоже на вы.

celebrazione della Divina Liturgia con inizio alle ore 10.00 presso
la Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca
Parrocchia di
San Giovanni di Kronstadt
Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II 
(di fronte la pizzeria da Armando)
Castrovillari (cs)
Carissimi Fedeli Ortodossi di Castrovillari e del circondario, 
carissimi Arbresh dei paesi viciniori,
 come sempre vi aspetto numerosissimi,
 per cantare le lodi al Signore!
Per qualsiasi informazione chiamate il Parroco al: 3280140556

giovedì 17 maggio 2012


Domenica 20 maggio 2012
del Cieco nato - Tono V
celebrazione della Divina Liturgia con inizio alle ore 10.00 presso
la Chiesa Ortodossa del Patriarcato di Mosca 
Parrocchia di
San Giovanni di Kronstadt
Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II 
(di fronte la pizzeria da Armando)
Castrovillari (cs)
Carissimi Fedeli Ortodossi di Castrovillari e 
del circondario come sempre
vi aspetto numerosissimi, per cantare le lodi al Signore!
Per qualsiasi informazione chiamate il Parroco al: 3280140556

venerdì 11 maggio 2012

Domenica 13 maggio 2012
della Samaritana - Tono IV
celebrazione della Divina Liturgia con inizio
 alle ore 10.00  presso
la Parrocchia Orodossa del Patriarcato di Mosca di
San Giovanni di Kronstadt
Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II
 (di fronte la pizzeria da Armando)
Castrovillari (cs)
Carissimi Fedeli Ortodossi di Castrovillari e del circondario come sempre
vi aspetto numerosissimi, per cantare le lodi al Signore!
Per qualsiasi informazione chiamete il Parroco al: 3280140556