sabato 23 novembre 2013

Secondo Giorno presso il Monastero di Decani nel Kossovo.

Diario dal Kossovo – 23 novembre 2013

Il resoconto di oggi da Decani deve essere più breve, perché resta poco tempo prima della Veglia della festa patronale. Gli ospiti importanti stanno iniziando ad arrivare; da poco è giunto sua Santità il Patriarca Irinej, che dopo la dossologia di benvenuto nella chiesa sta visitando il nuovo konak (edificio di abitazione dei monaci), offerto in parte grazie a una generosa donazione del governo norvegese, ma frutto degli sforzi di tutti. C’è ancora un embargo sulle immagini dei nuovi quartieri monastici, che dovrebbe durare fino alla loro benedizione da parte del patriarca e all’inaugurazione ufficiale, ma credo di poter già condividere alcune delle impressioni della visita che mi hanno concesso di fare ieri ai locali. In parte la nuova costruzione monastica riesce a offrire un poco d’isolamento all’interno del complesso di Decani, ormai visitato da sempre più persone: tutto, in questo “monastero all’interno del monastero”, parla di serietà e di mentalità monastica autentica: costruzioni sobrie ma solide, fatte per durare, realizzate con cura ma senza sprecare nulla, nella consapevolezza che tutti quelli che hanno donato qualcosa per il monastero lo hanno fatto a grande costo personale. I nuovi quartieri danno anche testimonianza della devozione espressa dalla comunità, che per oltre due decenni ha dovuto vivere piuttosto allo stretto.
Le notizie non si fermano, purtroppo, al momento di gioia della festa: questa mattina ho avuto la prima occasione di fare una visita - che mi era stata impossibile dieci anni fa - alle poche enclave serbe ancora rimaste in Metohija. Le sensazioni sono troppo complesse per essere descritte in breve: in particolare, le continue notizie di violazioni di diritti umani (che farebbero inorridire chiunque in Italia) meriteranno qualche ulteriore approfondimento. Per ora, affidiamo al santo re Stefano (che da sovrano secolare era molto sensibile al grido di dolore del suo popolo) le speranze che ancora portiamo nel cuore.

 

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