venerdì 25 marzo 2011

Domenica 27 marzo 2011
Terza Domenica di Quaresima
  Adorazione della preziosa e vivificante Croce 
  Tono III  –   Digiuno con licenza di olio e vino
Liturgia di San Basilio



Antifone della festa:

1) Lettore: Esimiòthi ef’imàs to fos tu prosòpu su, Kirie.
E’dhokas efrosìnin is tin kardhìan mu.

Coro: Tes presvìes tis Theotòku,
Sòter, sòson imàs.


2) Lettore: Ìdhosan panda ta pèrata tis ghìs
To sotìrion tu Theù imòn.

Coro: Sòson imàs, Iiè Theù, o anastàs
ek nekròn, psàllondàs si:
Alliluia.



3) Lettore: Ipsùte Kìrion ton Theòn imòn, ke proskinìte
To ipopodhìo ton podhòn aftù, òti àghiòs estìn.

Coro: Sòson Kìrie, ton laòn su, ke evlòghison tin klironomìan su,
nìkas tis vasilèfsi katà varvàron dhorùmenos, ke to sòn
filàtton dhià tu Stravrù su polìtevma.


Tropari


Tono III

Evfrenèstho ta urània, *
agalliàstho ta epìghia, * òti
epìise kràtos * en vrachìoni
aftù * o Kìrios; epàtise to
thanàto ton thànaton, * pro-
tòtokos ton nekròn eghèneto;
* ek kilìas Àdhu errìsato
imàs, * ke parèsche to kòsmo
to mèga èleos.

Tropario della festa

Sòson Kìrie, ton laòn su, ke evlòghison
tin klironomìan su, nìkas tis vasilèfsi katà
 varvàron dhorùmenos, ke to sòn
filàtton dhià tu Stravrù su polìtevma.

(Tropario del Santo della Chiesa)

………   …….    ……..


Kontakion

Ti ipermàcho stratigò ta nikitìria,
os litrothìsa ton dhinòn efcharistìa
anagràfo si i pòlis su, Theotòke.
All’os èchusa to kràtos aprosmàchiton,
Ek pandìon me kindhìnon elefthèroson,
Ìna kràzo si: Chère, Nìmfi anìmfefte.


Invece del Trisajon  (Santo Dio ……..)

Ton Stavròn su proskinùmen, Dhèspota,
ke tin aghìan su Anàstasin dhoxàzomen.


Apostolo  (Ebrei 4,14 – 5,6))

- Salva, o Signore, il tuo popolo e  benedici la tua eredità.

- A te grido, Signore; non restare in silenzio, mio Dio.

Lettura dalla lettera di San Paolo agli Ebrei.
Poiché dunque abbiamo un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli, Gesù, Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della nostra fede. Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno. Ogni sommo sacerdote, preso fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati.  In tal modo egli è in grado di sentire giusta compassione per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore, essendo anch'egli rivestito di debolezza;  proprio a causa di questa anche per se stesso deve offrire sacrifici per i peccati, come lo fa per il popolo.  Nessuno può attribuire a se stesso questo onore, se non chi è chiamato da Dio, come Aronne.  Nello stesso modo Cristo non si attribuì la gloria di sommo sacerdote, ma gliela conferì colui che gli disse:
Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato.  Come in un altro passo dice:
Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchìsedek.

Alliluia (3 volte).

Ricordati, Signore, del tuo popolo che ti sei acquistato
da principio; hai riscattato lo scettro della tua eredità.

Alliluia (3 volte).
Eppure Dio che è stato nostro re prima dei secoli,
ha operato la salvezza nella nostra terra.

Alliluia (3 volte).

Vangelo  (Mc. 8,34b-9,1)

«Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà. Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi». E diceva loro: «In verità vi dico: vi sono alcuni qui presenti, che non morranno senza aver visto il regno di Dio venire con potenza».

Megalinarion

Epì si chère, Kecharitomèni, pàsa i ktìsis, anghjèlon to sìstema, kje anthròpon to ghènos, ighiasmène naè, kje paràdise loghikè, parthenikòn kàfchima, ex is Theòs esàrkothi, kje pedìon ghègonen o pro eònon ipàrchon Theòs imòn; tin gar sin mìtran thrònon epìise, kje tin sin gastèra platitèran uranòn apirgàsato. Epì si chère, Kecharitomèni, pàsa i ktìsis, dhòxa si.

Kinonikon

Esimiòthi ef’imàs to fòs
tu prosòpu su, Kìrie.
Alleluia  

mercoledì 16 marzo 2011

Dal sito: http://katundetarbereshe.jimdo.com/

“C’era una volta…” Così inizia la “favola”raccontata e apparsa nella rivista dell’Arberia, Jeta Arbëreshë” (n. 47 del 2006, pag. 3). L’autore Gaetano Passarelli è un illustre professore, dove mette in evidenza il caso del “feudo” di Villa Badessa.
     Il piccolo villaggio arbëreshë di Villa Badessa,in provincia di Pescara, si trova a pochi chilometri dal comune di Rosciano (in Abruzzo), dove esiste una delle parrocchie uniate (la più settentrionale in Italia) delle 29 appartenenti alla diocesi di Lungro (in provincia di Cosenza). Anche a Villa Badessa è accaduto di assistere a quanto ormai avviene in quasi tutta l’isola (o ghettizzata) “chiesa bizantina arbëreshë”.
     Dell’articolo ci interessa soprattutto sottolineare (se mai abbiamo inteso bene) il valore “feudale” del popolo di Dio nella chiesa uniata-arbëreshë, o per dirla in termini moderni il numero “politico”. Purtroppo ben sappiamo, che per chi vive (come i fedeli arbëreshë) all’interno della gabbia vaticanista, esiste e “canta”, alla stessa s-tregua di quell’uccello del celebre proverbio popolare dove si dice che: “chiuso in gabbia, non canta per amore, ma per rabbia”. Quindi comprendiamo la nostra povera gente arbëreshë.
     Una cosa comunque è certa: la scomparsa silenziosa di tutto un popolo (quello arbëreshë appunto) si sta compiendo davanti agli occhi di tutti. E chi fino a ieri si vantava di aver aiutato, difeso, custodito l’identità degli arbëreshë e il “rito greco-bizantino” (la classe levitica, cortigiana e/o scriba-cchina di popolo) oggi si sta procedendo di gran corsa, alla cancellazione di quel poco che è rimasto di una tradizione orientale nei piccoli villaggi arbëreshë. Insomma, pare che vogliano mettere fine alla presenza secolare degli Arbëreshë.
 
 
UNA FAVOLA ROMENA: IL FEUDO DI VILLA BADESSA
 
 
di Gaetano Passarelli
veduta interna del paese arbershe di Villa Badessa
   C’era una volta. Così cominciavano e cominciano le storie, e così comincia anche quella che vi voglio raccontare.
   C’era una volta un conte, un signorotto in Calabria che, non si sa perché, non si sa per come, aveva ereditato un piccolo feudo in Abruzzo, di nome Villa Badessa.
   Questo signorotto, duro di cuore e di cervice, aveva diversi vassalli barbuti che amministravano le sue terre. Un giorno morì quello del feudo di Badessa, ma non si diede pensiero, lasciò che un mezzadro lo conducesse. Il poveretto s’era però lasciato abbindolare da una nobile famiglia. Così, nel piccolo feudo, non c’era foglia che non fosse soppesata al generoso desco della nobile famiglia.
   Un giorno il signorotto decise di nominare un vassallo barbuto per questa sua terra lontana. I sudditi, diffidenti, pensavano che nulla sarebbe cambiato: l’uno vale l’altro, si dicevano sconsolati, ma ben presto dovettero ricredersi. Questa terra cominciò a verdeggiare, a fiorire, e tanto era il profitto che tutti erano convinti, tranne la nobile famiglia spodestata. Non si diede, tuttavia, per vinta, e intensificò l’invito di piccioni viaggiatori al signorotto che solitamente non ascoltava alcuno, ma, per uno strano scherzo del destino, prestava sempre orecchio ai messaggi della nobile famiglia.
   Ora, avvenne che da un regno lontano cominciarono a venire dal signorotto uomini imberbi, tanti che gli riempirono la corte. “Sono incapaci di amministrare – si disse il signorotto – ma prima o poi impareranno”; e, all’insaputa di qualche vassallo, cominciava a nominare qualche uomo imberbe come valvassore. “tanto che cosa possono dire: loro sono miei vassalli ed io sono al di sopra della legge, anzi io sono la legge”, si rassicurava il signorotto. Ed essendo lui la legge, spesso non si peritava di passare maldestramente sopra a vassalli, valvassori e valvassini. Voi mi chiederete: ed i sudditi? Facile a dirsi. Quelli erano sempre poveretti, sia che appartenessero al grande o al piccolo feudo. Erano solo numeri.
   Un giorno in cui il vassallo di Badessa era lontano, arrivò all’improvviso, il signorotto con un valvassino imberbe. La nobile famiglia gli preparò il desco. Il cibo abbondante, la grande disponibilità, e chissà cos’altro, fecero prendere al signorotto una decisione: “Io sono la legge, quindi, tolgo quel vassallo barbuto e nomino il mio fedele ciambellano che si può servire del valvassino imberbe!”.
   Così avvenne che, senza nessun preavviso, nel piccolo feudo di Badessa giunse il ciambellano dalla voce possente, lesse il proclama del signorotto che lo nominava vassallo di quella terra, ma, lui impegnato a corte, lasciava il valvassino imberbe, coadiuvato dalla nobile famiglia.
   I sudditi piangevano tutti, tranne la nobile famiglia, che dopo tre anni di sofferenza, finalmente, riprendeva il controllo di ogni foglia.
   Avvenne in tal modo che i sudditi del piccolo feudo di Badessa dovettero constatare che il loro signorotto dalla lontana Calabria ancora una volta non li aveva considerati neppure numeri, ma questo poco importava, al signorotto, al suo ciambellano, alla nobile famiglia.
Una storia d’altri tempi, direte. L’epilogo è avvenuto solo l’altro giorno, 4 giugno,[i] giorno della Pentecoste. Perché questa precisazione cronologica? Perché la storia è molto chiara per i badessani, ma il lettore ignaro adesso deve sapere che quel signorotto è il vescovo di Lungro, il ciambellano il suo Vicario, il valvassino imberbe il vice-parroco romeno. Sì, l’ennesimo romeno. Esagerato aver usato una tale figura per designare il vescovo, mi si potrà dire. Certo, il comportamento non è stato paterno né rispettoso delle persone, di quella che spesso vien detta “la comunità ecclesiale”. Eh, sì, la realtà spesso supera la fantasia e la finzione. Chi ha orecchie da intendere, intenda.

lunedì 14 marzo 2011

Dal sito: dirittodicronaca.it

Nato il primo bimbo africano di Acquaformosa


ACQUAFORMOSA – E' un giorno di festa per Acquaformosa che, venerdì sera, ha accolto con gioia la nascita del primo bambino africano, Onawi Giovanni, avuto grazie all'adesione della comunità arbëreshe al progetto Sprar 2011-2013.
Infatti, il comune “deleghistizzato”, in linea con il primo articolo del regolamento stilato, che recita: “noi non togliamo le panchine agli immigrati anzi le dotiamo di cuscini”, ha accolto diversi nuclei familiari dal 17 gennaio scorso.
«Non solo abbiamo accolto i bisognosi -ha detto il sindaco Giovanni Manoccio- ma siamo andati oltre, perché gli abbiamo dato una casa, un vitto, delle prestazioni mediche e sociali e abbiamo messo in campo tutte quelle azioni che mirano ad accogliere e successivamente ad integrare nel tessuto sociale ed economico queste persone». Un'opera che annovera fra i primi arrivi quelli di due nuclei familiari armeni di cinque persone l'uno. Ma la storia del neonato Giovanni, di origini nigeriane, ha albori molto sofferti. Infatti, papà Larry e mamma Blesing partono dalla Nigeria con il figlioletto David, oggi di due anni. La famiglia attraversa il Niger, poi il deserto quindi si imbarca per Lampedusa dove viene trasferita a Crotone. Dopo un periodo a Signano, eccola arrivare sulle montagne del Pollino ad Acquaformosa.
Qui, grazie all'associazione don Vincenzo Matrangolo che gestisce il progetto, la famiglia nigeriana ha trovato accoglienza, anche nella comunità, ed oggi, dopo la nascita del piccolo Giovanni, chiamato così in onore del sindaco Manoccio, è il presidente Cosimo Vicchio a darne il lieto annuncio.
«La venuta al mondo di Onawi Giovanni -afferma Vicchio- è stato un evento di un'emozione incredibile, l'arrivo di questo piccoletto è una speranza per tutta la nostra comunità, il primo nato ad Acquaformosa nel 2011, quindi un momento di gioia per tutti per l'arrivo di questo nostro concittadino». Dal canto suo, papà Larry ha ringraziato i membri dell'associazione ed i medici e gli infermieri del nosocomio di Castroviallri per la “professionalità e l'affetto dimostrato durante il parto”.

venerdì 11 marzo 2011

Dal sito cattolico: Zenit.org

Anche l'Etiopia teatro di scontri tra cristiani e musulmani
Incerto il bilancio dei morti, edifici e luoghi di culto cristiani dati alle fiamme
di Paul De Maeyer

ROMA, venerdì, 11 marzo 2011 (ZENIT.org).- Anche dall'Etiopia giungono notizie di un'ondata di violenza interreligiosa. Come ha riferito il sito Compass Direct News (CDN, 7 marzo), l'epicentro dei pesanti scontri fra musulmani e cristiani è la città centro-occidentale di Asendabo, nei pressi di Gimma (o Jimma, capoluogo dell'ex provincia di Kaffa), nella più grande e popolosa regione del Paese del Corno d'Africa, Oromia (o Oromya).
Un bilancio molto provvisorio parla di almeno due cristiani uccisi. Lo ha confermato a Voice of America (8 marzo) il portavoce del governo etiope, Shimelis Kemal. Una delle vittime sarebbe un credente della Chiesa ortodossa etiope (che si definisce "Tewahedo" o miafisita), la cui figlia appartiene alla Chiesa Evangelica Etiope Mekane Yesus (di tradizione luterana). "È difficile fare delle stime in termini di decessi, dato che non abbiamo accesso a nessun posto", ha detto una fonte a Compass. I danni materiali sono molto pesanti: decine di edifici e di luoghi di culto cristiani, fra cui anche alcune scuole bibliche, e case sono state date alle fiamme. La violenza ha provocato inoltre alcune migliaia di sfollati.
Mentre più della metà della popolazione dell'Etiopia è cristiana (secondo l'ultimo censimento, del 2007, il 44% degli abitanti appartiene alla Chiesa ortodossa etiope e il 19% alle varie denominazioni evangeliche e pentecostali), la zona di Asendabo e Gimma è a maggioranza islamica e da tempo teatro di rivalità tra le due comunità. Secondo una fonte di Compass, gli attacchi contro le chiese sono diventati all'ordine del giorno nelle zone a maggioranza musulmana dell'Etiopia, come appunto Gimma o anche Giggiga (o Jijiga), la regione somala nell'est del Paese, dove vige la legge islamica o sharia.
La scintilla che ha fatto scoppiare il 2 marzo scorso l'ondata di violenza è stata una notizia - non confermata - di una presunta profanazione del Corano. Un cristiano avrebbe strappato una copia del libro sacro dell'islam.
Secondo le informazioni raccolte da Compass, dopo i primi scontri avvenuti ad Asendabo la violenza si è propagata a macchia d'olio ad altri centri della zona, come Chiltie, Gilgel Gibe, Busa e Koticha. Migliaia di musulmani hanno dato l'assalto a decine di obiettivi cristiani. Dei 59 luoghi di culto distrutti ed incendiati dalle folle, ben 38 appartengono alla Ethiopian Kale Hiwot Church (EKHC, l'equivalente etiope della Chiesa battista), 12 alla Mekane Yesus e 6 alla Chiesa Avventista del Settimo Giorno.
Secondo quanto riportato da Compass, alcuni capi evangelici hanno riferito gli episodi alle autorità che finora non hanno fatto nulla per fermare l'ondata, che potrebbe raggiungere Gimma, che con i suoi circa 160.000 abitanti è il più grande centro urbano dell'Etiopia occidentale. Secondo alcune testimonianze, le forze dell'ordine non sarebbero intervenute, nonostante le richieste di protezione da parte della comunità cristiana.
L'inazione o incapacità da parte del governo etiope di fermare la violenza è stata fortemente criticata dall'organizzazione International Christian Concern (ICC). "I pubblici ufficiali etiopi hanno la responsabilità di proteggere i loro cittadini dagli attacchi. È uno scandalo e una violazione del loro obbligo contemplato nel diritto internazionale dei diritti umani che il governo lasci i musulmani uccidere i cristiani e distruggere le loro proprietà", ha detto Jonathan Racho, responsabile regionale per l'Africa dell'ICC (4 marzo).
A respingere l'accusa è stato lo stesso portavoce del governo centrale di Addis Abeba, Shimelis, che sempre a Voice of America ha annunciato l'arresto di 130 "estremisti" sospettati di aver fomentato l'odio religioso e la violenza.
La nuova ondata di violenza settaria coincide con i gravi combattimenti in corso al confine tra Kenya, Etiopia e Somalia, dove le forze del debole governo transitorio della Somalia cercano di cacciare con l'appoggio attivo dell'esercito etiope i miliziani del movimento islamista di Al-Shabaab dalla città di Bulahawo, nei pressi della città keniana di Mandera. Il capo della famigerata milizia estremista, sostenuta dall'Iran, Sheikh Mahad Omar Abdikarim, ha lanciato d'altronde la settimana scorsa un appello ai musulmani "oppressi" in Kenya e in Etiopia di insorgere contro i loro rispettivi governi e di "liberarsi" dal dominio cristiano (Africa Review, 4 marzo).
Il fondamentalismo islamico è d'altronde in crescita in Etiopia. Il 18 novembre scorso, un cristiano di Moyale (città della regione Oromia, sul confine con il Kenya) - Tamirat Woldegorgis, membro della Full Gospel Church - era stato condannato ad una pena di tre anni di prigione per aver dissacrato il Corano ed era stato trasferito in un carcere a Giggiga. Un collega musulmano aveva accusato l'uomo, che di mestiere faceva il sarto ed era stato arrestato ad agosto, di aver scritto "Gesù è il Signore" su un pezzo di stoffa e in un esemplare del Corano, accuse d'altronde mai comprovate dai fatti, come ha sottolineato Compass Direct News (29 novembre 2010).
Sono stati, inoltre, condannati al pagamento di una multa anche due amici di Woldegorgis per aver sostenuto un criminale che aveva dissacrato il Corano ed insultato l'islam. La loro colpa: avevano visitato lo sfortunato sarto in carcere e gli avevano procurato del cibo.
Sempre a Giggiga era stato arrestato dalla polizia ed incarcerato il 23 maggio del 2009 un noto convertito dall'islam al cristianesimo, Bashir Musa Ahmed, perché in possesso di otto esemplari della Bibbia. Nonostante la libertà di religione sia garantita dalla Costituzione etiope e si trattasse di un'edizione della Bibbia molto diffusa nella regione somala del Paese, l'accusa mossa nei confronti di Ahmed è stata di distribuzione di letteratura religiosa con intenti "maliziosi" (CDN, 18 febbraio 2010).
L'attività o zelo dei predicatori evangelici sembra infastidire non solo la comunità musulmana, ma anche la Chiesa ortodossa locale. Il 27 gennaio 2010, due edifici appartenenti rispettivamente alla Brethren Church e alla Mekane Yesus Church sono stati assaltati da gruppi di fedeli ortodossi nella località di Olenkomi, a circa 65 km ad ovest della capitale Addis Abeba, sempre nella regione Oromia (CDN, 15 aprile 2010). Nell'attacco un predicatore in visita nella cittadina, Abera Ongeremu, era rimasto gravemente ferito. All'origine del doppio attacco c'era stato un incendio di natura accidentale che aveva distrutto una chiesa ortodossa. Malvisto nella zona a predominanza ortodossa è anche il fatto che molti insegnanti della scuola secondaria di Olenkomi sono di fede evangelica.

sabato 26 febbraio 2011

Un GRAZIE di vero cuore al mio Confratello e Concelebrante, Padre Ambrogio, della nostra Chiesa Ortodossa Sorella di Torino.


Grazie a P. Ambrogio, la nostra Chiesa Parrocchiale di Castrovillari, si è arricchita di un un altro prezioso pezzo, il candelabro a sette lumi, che dietro l'altare fa un figurone indescrivibile. E' arrivato a noi grazie anche al mio compaesano Salvatore, emigrato a Torino e che in questi giorni è sceso al suo paesello.


 













mercoledì 23 febbraio 2011


27 FEBBRAIO 2011 

DOMENICA DEL GIUDIZIOUNIVERSALE

Domenica Di carnevale

  


Le antifone sono quelle di ogni giorno:

1) Lettore:  Agathòn to exomologhìsthe to Kirìo,
ke psàllin to onòmatì su, Ìpsiste.

Coro:  Tes presvìes tis Theotòku, Sòter, sòson
imàs.

2) Lettore:   O Kìrios evasìlefsen, efprèpian
enedhìsato, enedhìsato
o Kìrios dhìnamin ke periezòsato.

Coro:   Sòson imàs, Iiè Theù, o anastàs
ek nekròn, psàllondàs si:
Alliluia.

3) Lettore:  Dhèfte agalliasòmetha to Kirìo,
alalàxomen to Theò to
Sotìri imòn.

                                                     Coro: 
Katèlisas to stavrò su ton thànaton,
inèoxas to listì ton paràdhison;
ton Mirofòron ton thrìnon metèvales;
ke tis sis Apostòlis kirìttin epètaxas,
òti anèestis, Christè o Theòs, parèchon
to kòsmo to mega èleos.

Tropari

Tono VII

Katèlisas to stavrò su ton thànaton,
inèoxas to listì ton paràdhison;
ton Mirofòron ton thrìnon metèvales;
ke tis sis Apostòlis kirìttin epètaxas,
òti anèestis, Christè o Theòs, parèchon
to kòsmo to mega èleos.


Apolitikia della festa

Quando verrai sulla terra nella gloria, o Signore,
quando tremerà l’universo ed un fiume di fuoco trascinerà
tutti dinanzi al tuo tribunale; quando si apriranno
i libri e saranno rese pubbliche le cose nascoste;
allora, o giustissimo giudice, liberami dal fuoco inestinguibile
e degnami di sedere alla tua destra.


Apostolo (I Cor 8,8-13 - 9,1- 2)

- Mia forza e mio vanto è il Signore, egli
è divenuto la mia salvezza. (Sal. 117,14).
- Il Signore mi ha provato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte. (Sal. 117,18).

Lettura dalla prima epistola di Paolo ai Corinti.

Fratelli, non sarà certo un alimento ad  avvicinarci a Dio; né, se non ne mangiamo,
veniamo a mancare di qualche cosa, né mangiandone ne abbiamo un
vantaggio. Badate però che questa libertà non divenga occasione di caduta
per i deboli. Se uno infatti vede te, che hai la scienza, stare a convito in un tempio
di idoli, la coscienza di quest’uomo debole non sarà forse spinta a mangiare
le carni immolate agli idoli? Ed ecco, per la tua scienza, va in rovina il debole,
un fratello per il quale Cristo è morto! Peccando così contro i fratelli e ferendo
la loro coscienza debole, voi peccate contro Cristo. Per questo, se un
cibo scandalizza il mio fratello, non  mangerò mai più carne, per non dare
scandalo al mio fratello. Non sono forse libero io? Non sono un apostolo? Non
ho veduto Gesù, Signore nostro? E non siete voi la mia opera nel Signore? Anche
se per gli altri non sono apostolo, per voi almeno lo sono; voi siete il sigillo
del mio apostolato nel Signore.

Alliluia (3 volte).
- Ti ascolti il Signore nel giorno della
prova, ti protegga il nome del Dio di Giacobbe  (Sal. 19,2).
Alliluia (3 volte).
- Salva, o Signore il tuo popolo e benedici
la tua eredità. (Sal. 27, 9).
Alliluia (3 volte).




Vangelo  (Mt. 25, 31-46)

Disse Gesù ai suoi discepoli: Quando il figlio dell’uomo verrà nella sua gloria
con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite
davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore
separa le pecore dai capri; e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sua
sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del
padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione
del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto
sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi
avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.
Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato
e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere?
Quando ti abbiamo visto forestiero e ti   abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo
vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a
visitarti? Rispondendo il re dirà loro: In verità vi dico: Ogni volta che avete fatto
queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me. Poi
dirà anche a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno,
preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi
avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero
e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere
e non mi avete visitato. Anch’essi allora risponderanno: Signore, quando
mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o malato o in carcere e
non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: Ogni volta che
non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete
fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna.

Kinonikon

Enìte ton Kirion ek ton uranòn;
enite aftòn en tis ipsìstis.
Alliluia


mercoledì 16 febbraio 2011

Domenica 20 febbraio 2011 - Del Figlio prodigo

20 febbraio 2011 – Domenica XVII di Luca: del Figlio Prodigo.
San Leone, vescovo di Catania. Tono VI
 
Tono VI
Le potenze angeliche vennero
al tuo sepolcro e i custodi
ne furono tramortiti.
Maria invece stava presso
il sepolcro in cerca del tuo
immacolato corpo. Hai pre-
dato l’inferno, non fosti sua
preda; sei andato incontro
alla Vergine, elargendo la
vita. O Signore, risorto dai
morti, gloria a te.
 
Kondakion
Ho abbandonato stoltamente
lo splendore paterno e ho
dissipato nei vizi quanto mi
avevi dato; per cui elevo a
te la voce del prodigo: ho
peccato dinanzi a te, Padre
misericordioso, accoglimi
pentito e trattami come uno
dei tuoi servi.
APOSTOLOS (1 Cor. 6, 12-20)
Lettura dalla lettera di Paolo ai Corinti.
Fratelli, “Tutto mi è lecito”. Ma non tutto giova.
“Tutto mi è lecito!”. Ma io non mi lascerò
dominare da nulla. “I cibi sono per il ventre
e il ventre per i cibi”. Ma Dio distruggerà
questo e quelli; il corpo poi non è per l’impudicizia,
ma per il Signore, e il Signore è
per il corpo. Dio poi, che ha risuscitato il
Signore, risusciterà anche noi con la sua
potenza. Non sapete che i vostri corpi sono
membra di Cristo? Prenderò dunque le
membra di Cristo e ne farò membra di una
prostituta? Non sia mai! O non sapete voi
che chi si unisce alla prostituta forma con
essa un corpo solo? I due saranno, è detto,
un corpo solo. Ma chi si unisce al Signore
forma con lui uno spirito. Fuggite la
prostituzione. Qualsiasi peccato l’uomo
commetta, è fuori del suo corpo; ma chi si
dà all’impudicizia, pecca contro il proprio
corpo. O non sapete che il vostro corpo è
tempio dello Spirito Santo che è in voi e che
avete da Dio, e che non appartenete a voi
stessi? Infatti siete stati comprati a caro
prezzo. Glorificate dunque Dio nel vostro
corpo.

 VANGELO  (Lc. 15, 11-32)
Disse Gesù questa parabola: “Un uomo aveva
due figli. Il più giovane disse al Padre:
Padre, dammi la parte del patrimonio che mi
spetta, e il padre divise tra loro le sostanze.
Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte
le sue cose, partì per un paese lontano
e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.
Quando ebbe speso tutto, in quel paese
venne una grande carestia ed egli cominciò
a trovarsi nel bisogno. Allora andò e si
mise a servizio di uno degli abitanti di quella
regione, che lo mandò nei campi a pascolare
i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube
che mangiavano i porci; ma nessuno gliene
dava. Allora rientrò in se stesso e disse:
Quanti salariati in casa di mio padre hanno
pane in abbondanza e io qui muoio di fame!
Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre,
ho peccato contro il Cielo e contro di te;
non sono più degno di esser chiamato tuo
figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. Partì
e si incamminò verso suo padre. Quando era
ancora lontano il padre lo vide e commosso
gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.
Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro
il Cielo e contro di te; non sono più degno
di essere chiamato tuo figlio. Ma il padre disse
ai servi: Presto, portate qui il vestito più
bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i
calzari ai piedi. Portate il vitello grasso, ammazzatelo,
mangiamo e facciamo festa, perché
questo mio figlio era morto ed è tornato
in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono
a far festa. Il figlio maggiore si trovava
nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a
casa, udì la musica e le danze; chiamò un
servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.
Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il
padre ha fatto ammazzare il vitello grasso,
perché lo ha avuto sano e salvo. Egli si arrabbiò,
e non voleva entrare. Il padre allora
uscì a pregarlo. Ma lui rispose a suo padre:
Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai
trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai
dato mai un capretto per far festa con i miei
amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha
divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato,
per lui hai ammazzato il vitello grasso. Gli
rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me
e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far
festa e rallegrarsi perché questo tuo fratello
era morto ed è tornato in vita, era perduto ed
è stato ritrovato”.