martedì 9 giugno 2015

Vicariato ortodosso delle Puglie - http://oodegr.co

Vita di san Nicola Kirieleison, pazzo per Cristo
[2 giugno]
La Vita di san Nicola (detto anche il Pellegrino), sebbene provenga da ambiente franco-cattolico del XII secolo, è di straordinario interesse: raccoglie i ricordi relativi a un giovanissimo pazzo per Cristo nato in Grecia nel 1075 circa e morto nel 1094 circa in Puglia, dove è venerato a Trani e in diverse altre località. La sintesi qui proposta è tratta da G. CIOFFARI, San Nicola pellegrino patrono di Trani, Bari 1994.
Nicola nasce nel 1075 circa in un villaggio nei pressi del Monastero di San Luca di Stirion [nella Focide, non lontano da Livada, diocesi di Tebe – Thivòn ke Livadìas] da poveri agricoltori; non riceve alcuna istruzione e, all’età d’otto anni circa, è mandato a pascolare le pecore. Illuminato tuttavia dalle increate Energie, un giorno, all’improvviso, comincia a gridare: Kyrie eleison! Invocando incessantemente la divina misericordia, meritò di raggiungere grandi altezze.
La madre ricorre a minacce e botte, nell’intento di far rinsavire il figlio; quando si rende conto di non riuscire a distoglierlo da quella pratica, lo caccia di casa. Il ragazzo, dodicenne, si avvia verso la montagna e si rifugia in una grotta, nella quale abitava un’orsa. Vedendola, Nicola afferra una croce e dice: – In nome di Gesù Cristo, non entrare più in questo luogo. Obbediente, l’orsa lasciò quel luogo e disparve. Nicola si stabilisce nella grotta, nutrendosi d’erbe crude, gridando giorno e notte: Kyrie eleison! Un giorno gli si presenta un monaco dall’aspetto venerabile e dalla barba lunga, nudo e con i capelli bianchi: lo chiama per nome; lo spinge all’amore della virtù; lo esorta e istruisce, poi scompare[1].
La madre porta poi Nicola nel Monastero di San Luca di Stirio. All’inizio, sospettandolo posseduto dal demonio, i monaci lo bastonano: egli allora sta dinanzi alla porta del tempio, rivolgendosi a Dio senza mai stancarsi e gridando in preghiera: Kyrie eleison!
I monaci chiudono Nicola in una torre, e fermano la porta con un macigno: verso la mezzanotte, ecco un tuono, il macigno rotola e il ragazzo può uscire liberamente e si reca in chiesa, esclamando come al solito Kyrie eleison. I monaci acciuffano Nicola e lo incatenano in una cella. La catena si disfa: Nicola va al refettorio, dove i monaci mangiano e, pregando sempre il suo Kyrie eleison, mette la catena dinanzi ai loro occhi. Lo cacciano dal monastero, ma la Potenza divina solleva Nicola e lo depone sulla cupola della chiesa. I monaci, che dopo il pranzo stanno riposando nelle celle, lo sentono gridare il solito Kyrie eleison e accorrono: uno si arrampica sulla cupola e, a bastonate, costringe Nicola a scendere. Nel tentativo di farlo rinsavire, i monaci buttano il ragazzo in mare; un delfino, sollevandolo dal profondo, salva Nicola che, salito su uno scoglio, continua a gridare Kyrie eleison! Intanto si solleva improvvisamente il vento, le onde si agitano e si scatena la tempesta; i monaci che lo avevano buttato a mare sono in pericolo. Nicola li chiama da terra, dicendo: – Gridate anche voi il Kyrie eleison! Una volta salvi, i monaci lasciano in pace il ragazzo; egli, però, abbandona il monastero e torna a casa dalla madre.
Nicola, prendendo una mannaia o un’ascia o un coltello, ogni giorno andava in montagna; tagliava legna da alberi di cedro, faceva delle croci e andava a piantarle ovunque.
Un giorno Nicola prende con sé il fratello Giorgio, più piccolo di lui, e lo conduce in montagna. Gli dice: – Ti supplico, resta con me per tre giorni, costanti nella preghiera. Il Signore ci farà conoscere ciò che ha previsto per noi. Prega, dunque, affinché anche tu sia illuminato. Ecco, appare un angelo del Signore, come una colonna di fuoco la cui sommità raggiungeva il cielo; prende entrambi e li porta in un luogo altissimo, dicendo: – Questo luogo, o Nicola, grazie a te sarà glorificato sino alla fine del mondo. Giorgio dormiva profondamente; quando l’angelo se ne fu andato, chiese: – Dove siamo? Nicola rispose: – A Oraco. Replica Giorgio: – Non potevi fare l’eremita da solo, senza costringere anche me? Come possiamo lasciare sola nostra madre? Gli dice il santo: – Il Padre delle misericordie che ha cura di tutti la custodirà, proteggerà e difenderà da ogni male, consolandola e salvandola in questo e nel mondo a venire.
Giorgio lascia il fratello e torna a casa; il santo invece rimane dove l’ha portato l’angelo: si costruisce una capanna e intaglia croci di legno di cedro, innalzandole dappertutto.
Un giorno gli appare l’angelo del Signore e gli dice: – Tu scaverai in quel punto e troverai una sorgente, ma gli uomini della zona non ti lasceranno abitare qui. Un giorno, Nicola decide di salire a Euzerichia. Mentre si avvicina, gridando come al solito Kyrie eleison, lo vede da lontano l’igumeno Teodoro, il quale dice ai monaci: – Facciamogli montare un cavallo feroce, e così vedremo se davvero è un santo. I monaci lo mettono a forza in sella e spronano il cavallo: l’animale, però, si fa mansueto.
Venuta notte, Nicola sogna un angelo del Signore che gli mostra una grotta piena di luce. Entra in essa; vede tre icone, una di Gesù Cristo, un’altra della Madre di Dio, e la terza del Precursore; dinanzi alle tre icone pendevano tre lampade. Nicola venera le icone e, sempre in sogno, vede che l’angelo del Signore lo porta in Langobardia[2], in una città sul mare chiamata Trani, e gli dice: – Gli uomini di questa regione ti cacceranno e non ti tratterrai a lungo con loro.
Svegliatosi, Nicola cerca invano la grotta vista in estasi; non riuscendo a trovarla, ritorna a Oraco e continua a intagliare croci di legno di cedro. È così occupato quando gli viene incontro, a cavallo, il monaco Massimo, economo del monastero di Stirio, uomo violento e severo. Il santo lo saluta con umiltà e gli dice: – Perché maltratti i lavoratori a te soggetti e li opprimi e affliggi ingiustamente?
Il monaco Massimo, sceso da cavallo, cominciò crudelmente a colpire il santo col bastone che portava. Il santo giaceva pieno di piaghe e dolori, rendendo grazie a Dio, quando fu rapito e in sogno vide san Luca, il fondatore del monastero di Stirio[3], che lo assisteva dicendo: – Coraggio, Nicola; si consoli il tuo cuore; il Signore è con te! E porgendogli una croce, immediatamente lo risanò. Alzatosi, Nicola si recò a Euzerichia, dove il monaco Massimo stava dormendo. Invocando ad alta voce Kyrie eleison, lo svegliò. Il monaco fece inseguire Nicola dai cani: il ragazzo si salvò arrampicandosi su un albero.
Un giorno Nicola andò a trovare sua zia Irene. Lungo la strada, alcuni passanti gli avevano regalato una certa quantità di olive. Egli le diede a Irene, dicendo: – Parte mangiale tu, parte dalle a mia madre. Quella se le mangiò tutte ma subito perse la voce. Il santo tornò da lei e, segnatala con una croce, le restituì la parola.
Nicola vestiva da monaco: non era stato ordinato, ma i monaci di Stiri gli avevano fatto indossare l’abito, come per gioco. Una fanciulla di bell’aspetto si presenta a Nicola, chiedendogli di poterlo seguire nei suoi pellegrinaggi: il ragazzo accetta, e la traveste da monaco. Questa ragazza seguiva il santo e con lui diceva Kyrie eleison eppure, improvvisamente, accusa Nicola come seduttore e ingannatore, aggiungendo calunnie e infamie. I paesani ricoprono Nicola d’ingiurie; arrivano anche i parenti: sentendo il rimorso della coscienza, la ragazza confessa la verità, che lei aveva liberamente scelto di seguire il santo.
Il primo luglio, nel Metochio di Faro presso il mare, chiamato Stirisca, si stava preparando la festa dei santi anargiri Cosma e Damiano. L’igumeno di Stirio tutti gli anni andava alla festa. C’era anche Nicola e, durante la Liturgia, si avvicinò per ricevere il Corpo e Sangue di Cristo. L’igumeno, ingiuriandolo, ordinò di cacciarlo fuori come uno scomunicato. Piangendo, Nicola entrò nuovamente nella chiesa ma tre giorni dopo, finita la festa, decise di partire per Roma.
Nicola si reca a Naupatto e s’imbarca, aggregandosi a un monaco kaviota, a nome Bartolomeo[4]. Sulla nave, Nicola continuamente gridava Kyrie eleison, infastidendo quelli che navigavano con lui: fatto sta che – o scivola o lo buttano – Nicola finisce in mare; protetto dalla Potenza di Dio, raggiunge la spiaggia di Otranto. Al monaco Bartolomeo disse che era stato portato in salvo da una Signora scesa dal cielo. C’era a Otranto una nave di grandi dimensioni, che da diversi giorni non riusciva a entrare nel porto, a causa dei venti contrari. Nicola dice ai timonieri: – Salgo io sulla nave, e quando vi farò un segnale, allora cominciate a tirare la nave. E sollevati gli occhi al cielo, facendo la solita preghiera del Kyrie eleison, gridò: – Tirate! La nave cominciò subito a muoversi e gli abitanti di Otranto si resero conto di quale potere fosse dotato Nicola. Prendevano in mano, infatti, la sua croce o il bastone, e guarivano da ogni malattia. Oppressi in quegli anni dai Franchi, lo supplicavano: – Sappiamo che ottieni tutto ciò che chiedi al Signore: intercedi per noi presso il Signore, affinché siamo liberati dai barbari[5]. Nicola, giorno e notte, senza smettere mai, gridava con i fanciulli il Kyrie eleison. Una volta che Nicola dormiva sulla spiaggia, verso mezzanotte, gli sembrò di vedere sbucare una nave di Agareni: in realtà, erano demoni che sterminò gridando Kyrie eleison.
Si svolgeva a Otranto una litì con l’icona della Madre di Dio. Nicola, che seguiva e cantava Kyrie eleison, incontrò un vecchio e, facendogli un inchino, gli disse: – Salve, mio fratello e signore! Tu ed io siamo stati plasmati dall’unico creatore! E lo abbracciò. Ma i cristiani che erano lì mormorarono: – Guardate, riverisce e saluta gli Ebrei! Mettendogli dinanzi l’icona della Madre di Dio, dicevano: – Adora la Madre di Dio. Ma egli si rifiutò, per cui lo picchiarono[6].
Nicola partì da Otranto e si recò a Sogliana [a 4 km da Galatina – LE] e compì numerosi miracoli. Poi si recò [forse a Nardò e Racale,] a Olimpio [Lecce] e a Vérnole [a 14 km da LE], dove guarì un indemoniato. Giunto nelle vicinanze di Lecce, come al solito gridando Kyrie eleison, entrò nel tempio di San Zaccaria. Poi, verso l’ora prima, gridando con i fanciulli Kyrie eleison, entrò in città. Si diresse alla cattedrale, e cominciò a gridare Kyrie eleison. Il vescovo Teodoro [Bonsecolo, circa 1092-1101], lo fece frustare e allontanare dalla chiesa. Due fratelli, Giovanni e Rumtiberto, presero il santo e, legatolo mani e piedi, lo rinchiusero: appena si allontanarono, le funi si sciolsero e Nicola uscì tranquillamente[7].
Un giorno, nella stessa città, nei pressi della porta incontrò il corteo del principe [di Taranto, Boemondo d’Hauteville?]. Alzate le mani al cielo, Nicola gridò Kyrie eleison! A quel grido, a quel gesto delle mani, i cavalli si spaventarono e disarcionarono i cavalieri. Uno di questi schiaffeggiò Nicola ma subito cadde da cavallo, rompendosi le gambe e restando con la mano paralizzata.
Il conte [di Lecce e Ostuni, Goffredo?] teneva in carcere due fratelli che non volevano pagare le tasse. Il santo, udendo ciò, va alla casa del conte, gridando Kyrie eleison, per intercedere a loro favore. Il più altolocato della famiglia del conte regala a Nicola una cappa e dei sandali.
Per la strada, passa un cieco: al vederlo, Nicola gli si inginocchia davanti, piangendo. Questo cieco aveva ucciso il suo socio in affari, appropriandosi del denaro. Il santo piangendo amaramente, pregava il Signore; gli si avvicinò l’angelo del Signore e gli disse: – La tua preghiera è stata esaudita; il peccato del cieco è stato perdonato; ora illumina tu la sua anima. Toccando il posto degli occhi, Nicola fece recuperare la vista al cieco.
Alcuni lo presero e lo incatenarono nel tempio di San Demetrio. Verso mezzanotte, apparve l’angelo del Signore, e una luce intensa riempì la chiesa: mentre egli gridava Kyrie eleison, fu liberato. Entrando nel campanile, cominciò a suonare le campane; appese poi il suo mantello dinanzi all’icona di san Demetrio. Un giorno, volendo metterlo alla prova, una donna si travestì da uomo e restò con Nicola in chiesa. Dopo molte ore di preghiera notturna, desiderando riposare un po’, Nicola si sdraiò tenendo accanto a sé la croce. Allora la tentatrice vide una colonna di fuoco che scendeva dal cielo e sfiorava la testa del santo.
Questo e altro il santo faceva in Langobardia. Segnò con una croce un bambino di quasi otto anni, Pulexetus [?], che d’allora cominciò a fare miracoli.
Sempre gridando Kyrie eleison, Nicola si recò a Veglie [a 18 km da Lecce], in casa di una povera vedova, e la serviva con l’aiuto d’alcuni devoti amanti di Cristo. Gridava Kyrie eleison incessantemente. E, nell’invocare sempre Kyrie eleison, ora aggiungeva: Fate penitenza! Venne poi a Taranto, sempre gridando Kyrie eleison, e Fate penitenza. Al clamore provocato, il vescovo [Alberto] ordinò di frustarlo: la terra circostante si tinse del suo sangue.
Partito da Taranto, si recò a Trani. A causa però delle piaghe, giunto alle porte della chiesa della Madre di Dio, si accasciò per terra. Una luce circonda Nicola; perdonando tutti, il martire innocente esala l’ultimo respiro.


[1] San Lorenzo, nato a Frazzanò di Messina agli inizi della Francocrazia, sull’Etna incontra un uomo orribile a vedersi, tutto nudo, che si presenta come un eremita calabrese inviato da Dio per confortarlo.
[2] La Langobardia, la Regione dei Principi [Longobardi], si può identificare – grosso modo – con l’area compresa tra Pollino, Sannio, Irpinia, Gargano. Qui invece indica l’antica Calabria, l’attuale Salento.
[3] San Luca il Nuovo, nato nell’isola di Eghina, fondò un monastero a Stirio, dove morì il 7 febbraio 953. Il Monastero (Osios Loukas) divenne ben presto celebre per i continui miracoli ed è oggi conosciuto per gli stupendi affreschi che decorano il katholikon, la chiesa centrale del monastero.
[4] La Vita specifica che le precedenti notizie sono state raccontate da Nicola al girovago Bartolomeo, che d’ora poi diventa testimone diretto e fonte dell’agiografo.
[5] Bari fu conquistata dai Normanni nel 1071.
[6] L’episodio è tra i più belli esempi di Pazzia per Cristo.
[7] Le disavventure – per usare un eufemismo – di san Nicola vanno unite a quelle, occorse ad altri santi ortodossi di Sicilia e Grande Grecia, negli stessi anni iniziali della Francocrazia. Il vescovo san Luca il Grammatico, dal sud della Calabria giunge a Taranto, volendosi imbarcare per rifugiarsi a Costantinopoli ma è “costretto” a tornare indietro. San Giovanni di Matera, arrestato dai Franchi, dichiara di essere pronto a morire per la verità; condannato al rogo, evade e si nasconde nei boschi tra Lucania e Calabria. Qui incontra Guglielmo di Vercelli, che progettava di partire “missionario” per l’Oriente e lo distoglie da quel proposito sgradito a Dio. Recatosi a Bari nella speranza di potersi imbarcare per Costantinopoli – nel 1098 – Giovanni è nuovamente arrestato.
 

martedì 26 maggio 2015

 Chiesa Ortodossa 
 Patriarcato di Mosca

PARROCCHIA
SAN GIOVANNI DI KRONSTADT
(Palazzo Gallo - Piazza Vittorio Em. II) 
 
 
CASTROVILLARI (CS)
 
Русская Православная Церковь 
Московского Патриархата 

Biserica Ortodoxă Rusă
 Patriarhia Moscovei  
  

Domenica 31 maggio 2015
"PENTECOSTE"
Пятидесятница
'discesa dello Spirito Santo'
Parrocchia Ortodossa 
Patriarcato di Mosca
"S. Giovanni di K."
Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II
CASTROVILLARI (CS)
"UFFICIATURE"
Sabato 30 - Sabato dei defunti
Ore 17.30 VECERNIE (Vespro)
e preghiera per i nostri defunti
Domenica 31: Pentecoste
Ore 9.30 Divina Liturgia
Ore 17.30 - Vecernie dell'inginocchiamento

martedì 19 maggio 2015

Lunedì 18 maggio 2015 - Ore 10.00 - Chiesa Ortodossa "San Giovanni di Kronstadt" - Patriarcato di Mosca - Castrovillari - Presentazione al Tempio del piccolo Luca.























Preghiamo per i nostri defunti.


Informo tutti i fedeli ortodossi, di ogni giurisdizione ecclesiastica,  che risiedono a Castrovillari e nel suo  circondario  che giovedi pomeriggio, alle ore 16.00 presso la Chiesa Parrocchiale Ortodossa del Patriarcato di Mosca - Palazzo Gallo - Piazza Vittorio Em.II, ci sarà l'ufficiatura della Parastas - della Panichida per commemorare e pregare per tutti i nostri defunti.
Ditelo anche ai vostri parenti, amici e 
compaesani di non mancare.
Il Signore sia sempre con voi e vi benedica. Amìn !!!

lunedì 18 maggio 2015

Domenica a Lauropoli (CS)

Si comunica, per non dimenticare durante la settimana, che domenica prossima 24 maggio 2015, la Divina Liturgia, non sarà celebrata a Castrovillari, ma presso la Missione "San Nicola di Mira", presso la Chiesa di San Francesco, a Lauropoli. Inizio alle ore 10.00 !!!!!!
Mi raccomando, pubblicizzate l'evento ai vostri parenti, ai vostri amici ed amiche, ai vostri compaesani. 
Che tutti sappiano e conoscano questa splendida notizia. 
In attesa di vederci domenica, Vi benedico paternamente e che il Signore Vi protegga.

sabato 16 maggio 2015

Domani: Domenica del cieco nato.

E DIELA E TË VERBRIT (Joani 9:1-39 )

Pohues Guximtarë
«Pasi tha këto, pështyu përdhe dhe bëri baltë prej pështymës, dhe leu sytë e të verbrit me baltën; edhe ai i tha atij:
shko e lahu në pellgun e Siloamit,
që e përkthyer domethënë i Dërguar» (v.6-7) 
Ka shumë sprova në jetën e njerëzve. Ndoshta më e madhja është verbëria. Kështu, njeriu i verbër nuk shikon natyrën e bukur, as personat e tij të dashur. Por, ekziston edhe një e keqe më e madhe nga verbëria natyrore, diçka e papërballueshme. Është verbëria shpirtërore e pabesisë. Duke studiuar tekstet e hirshme dhe historinë e popujve, do të bindemi për sa themi më sipër.
* * *
Në një nga udhëtimet e Tij, Zoti takoi një të verbër që prej lindjes. Nxënësit e Tij pyetën: “Cili mëkatoi, ky apo prindërit e tij, që të lindë i verbër?” dhe Shpëtimtari u përgjigj se askush nuk mëkatoi, por u bë kjo që të shfaqet lavdia e Perëndisë. Dhe menjëherë më pas, leu me baltë sytë e të verbrit dhe i tha të shkojë t’i lajë në pellgun e Siloamit. I verbri bëri ato që i tha Jisui dhe u kthye duke shikuar.
Njeriu i sëmurë u shërua nga fuqia e Krishtit, jo nga pellgu i Siloamit. Pa fuqinë e Zotit, i verbri do të mundej të lahej çdo ditë në atë pellg dhe të kthehet çdo herë në shtëpinë e tij i verbër.
Por, sa i përulur dhe i bindur ishte i verbri! Jo vetëm e la Zotin të lyejë sytë e tij me baltë, por edhe iu bind, shkoi pastaj në pellg dhe u la. Kur Krishti tha para njeriut, se është drita e botës, iu përgjigj frymës së të verbrit, që të mbjellë brenda tij besën. Tani, duke e dërguar në pellgun e Siloamit, i mëson bindjen, sepse besa është e ndërlidhur me bindjen. Njeriu që beson tek Perëndia, i bindet menjëherë dhe me gatishmëri dëshirës së Tij.
Nëse bëjmë dëshirën e Perëndisë pa bindje, por duke u shfryrë, besa shumë pak do të na jetë e dobishme. Vini re njeriun e verbër: beson, ka bindje, shkon menjëherë në Siloam, ku menjëherë “u la, dhe erdhi duke parë”. Kur u kthye nga Siloami me shikimin e tij të rregulluar, shumë habiteshin dhe pyesnin veten nëse ishte i njëjti njeri, që njihnin më parë si të verbër, apo dikush tjetër që i ngjante. Kur ai vetë u përgjigj, se “unë jam”, të tjerë e pyetën si u hapën sytë e tij. Në përgjigjen e tij, i verbri përshkroi me pak fjalë gjithë ngjarjen, por nuk mundej të shpjegojë si u bë që shikoi. “Shkoi pra dhe u la”. Kur e sollën para Farisenjve dhe ata e pyetën si shikoi, iu përgjigj: Jisui vuri baltë mbi sytë e mi, dhe u lava, dhe shoh” (v.15). Vetëm këtë mundej të thotë, duke dhënë një përshkrim të përpiktë dhe të guximshëm të ngjarjes që kishte ndodhur.
Njeriu i thjeshtë mësoi mësuesit e rremë, cilin dëgjon Perëndia dhe cilin jo, dhe më pas e veçoi Krishtin si çudibërësin më të madh në historinë e botës. “Që prej fillimit të jetës nuk është dëgjuar se hapi njeri sytë e ndonjërit që ka lindur i verbër. Po të mos ishte ky nga Perëndia, nuk do të mundej të bënte asgjë” (v.32-33). Ai njeri tashmë thurte një madhështim të tërë ndaj Shëruesit dhe Bamirësit të tij. E bëri të qartë tanimë se ishte edhe ai pasues i Tij. Dhe i lë Farisenjtë tani, të kuptojnë se ishin të kota gjithë veprimet e tyre dinake, për të mohuar mrekullinë më të vogël, apo ta shtrembërojnë me argumentin se Zoti është mëkatar.
Sapo dëgjuan fjalët e fundit të njeriut të varfër që ishte shëruar, Farisenjtë i thanë: “Ti ke lindur i tërë në mëkate, dhe ti na mëson? Dhe e nxorën jashtë” (v.34). Kur hipokritët dhe gënjeshtarët arrijnë në dëshpërimin e skajshëm, nuk kanë ku të përikin veçse tek dhuna. Farisenjtë panë se kishin përdorur gjithçka, por gjithë dinakëritë e tyre u treguan të kota. Dhe atëherë, të turpëruar dhe duke u sjellë si të marrë, akuzuan njeriun e thjeshtë dhe të ndershëm, e quajtën mëkatar dhe e përzunë.
Deri në këtë pikë, Ungjillori përshkruan renë e dendur dhe të errët që ishte mëse e dukshme në fytyrat e Farisenjve. Në antitezë me dritën e shkëlqyeshme të Shpëtimtarit Krisht dhe mrekullisë së Tij hyjnore. Drita është e vërtetë; errësira është gënjeshtër. Drita është dashuri; errësira është urrejtje. Drita është fuqi; errësira është mungesë e fuqisë.
Zoti Jisu Krisht, pas mrekullisë u largua dhe e la të verbrin për pak kohë, të përballojë i vetëm sulmet e Farisenjve dhe të mbrojë të vërtetën përball gënjeshtrës. Pastaj u shfaq përsëri dhe shkoi të gjejë njeriun që donte të shpëtojë.
“Jisui dëgjoi se e nxorën jashtë; dhe si e gjeti, i tha: I beson Birit të Perëndisë?” (v.35). I verbri i shëruar e kishte kaluar tashmë sprovën e parë. Tregoi se ishte i përulur dhe i bindur, kur Zoti e dërgoi, me sytë e lyera me baltë, që të lahet në pellgun e Siloamit. Kjo është sprova e bindjes. Më pas kaloi edhe sprovën e dytë: La veten e tij të ekspozohet dhe të durojë në ngasje; nuk e tradhtoi Zotin para gënjeshtrave të Farisenjve. Kjo ishte sprova e ngasjes. Pastaj Zoti e kaloi nga sprova e tretë dhe e fundit. Dhe kjo ishte më e madhja. Ishte sprova e besës së drejtë. “I beson Birit të Perëndisë? Ai u përgjigj e tha: Cili është ai, Zot, që t’i besoj?” (v.36).
Krishtin e kishte besuar si mrekullibërës. Tek Farisenjtë e quajti profet. Ngaqë nuk dinte ndonjë emër më të madh si ta quajë. Nuk ishte akoma gati ta quajë Bir të Perëndisë. Ishte në të gjitha i bindur ndaj Zotit; e quajti bamirësin e tij më të madh në tokë. Kështu, donte të dëgjonte kush ishte Biri i Perëndisë, në mënyrë që të besojë tek Ai.  
“Edhe Jisui i tha: e ke parë, dhe Ai është që flet bashkë me ty” (v.37). Ish i verbëri u përgjigj: “Besoj, o Zot, dhe iu fal Atij” (v.38). Zoti u flet me përulësi dhe mirësi atyre që shpëton, siç bën edhe mjeku i mirë me ata që shëron. Nuk i tha ish të verbrit “besomë Mua”, as nuk e shtrëngoi me fjalët: “Unë jam Biri i Perëndisë”. I tha me thjeshtësi: “E ke parë, dhe Ai është që flet bashkë me ty”. Njeriut të lirë dhe me logjik, Zoti i jep kohë të mendohet dhe të vendosë. Sapo njeriu i shëruar mësoi, sa i madh ishte Shëruesi i tij, shumë më i rëndësishëm nga profetët, thërriti përnjëherë me gëzim: “Besoj o Zot”! dhe nuk e tha vetëm me fjalë, por ra në gjunjë dhe iu fal, që të tregojë kështu, në mënyrë praktike, besën e tij.
Thotë Gojarti i hirshëm: “Në këtë mënyrë, ish i verbëri pohoi fuqinë e Tij Hyjnore. Dhe që të mos konsiderohej se besa e tij arrinte deri tek buzët e veta, e vërtetoi edhe me vepra”. Ashtu si më parë ishin hapur sytë e tij truporë, kështu dhe tani u hapën sytë e tij shpirtëror. Tanimë shikonte dhe me sytë truporë dhe me ata shpirtëror, dhe pa përpara tij Perëndi-njeriun, Perëndinë me trup njerëzor.
Ai që tha “trokisni dhe do t’ju hapet, kërkoni dhe do t’ju jepet”, nuk i përgjigjet lutjeve tona, nuk e hap derën e përdëllimit të Tij përnjëherë. Kërko, i thotë secilit prej bijve të Tij Perëndia: “Mos të shkoj nëpër mëndje, se nuk të dëgjoj dhe se nuk dua të të dhuroj ato që më kërkon! Si Ati yt që jam, dua të më ngjash, të jesh në të gjitha biri im i denjë, nuk të duroj të ngathët, të plogët. Jo; të dua të guximshëm. Ashtu si një mbreti nuk i pëlqen të ketë një bir që s’ka shije nga lufta dhe vështirësitë, një bir që do t’i kalonte gjithë ditët e tij duke u çlodhur dhe në luks, kështu edhe unë dua që bijtë e mi të jenë gati për çdo lloj lufte, të kalitur. Dua që fëmijët e mi, të konsiderojnë si pjesën më të mirë, rastet kur do të më tregojnë sa dashuri dhe besnikëri kanë ndaj meje duke luftuar me mjerimin, pengesat dhe privimet”.
* * *
Vëllezërit e mi të dashur më Krishtin!
I verbëri i pjesës së sotme të ungjillit është një shembull i ndritur i kësaj besnikërie, që duhet të kemi ndaj Perëndisë. Ashtu si ai i verbër, kështu edhe ne le të ndjekim urdhrat e Zotit, pa humbur guximin dhe besnikërinë tonë, kur Zoti të mos na e japë menjëherë atë çfarë do t’i kërkojmë.
U bëftë!
Me Urime të Përzemërta dhe Bekime të Shumta:
Mitropoliti i Beratit, Vlorës dhe Kaninës
† IGNATI
Berat me 17.05.2015

domenica 10 maggio 2015

Visita a Lecce al Confratello P. Nik Pace.

Siamo a Lecce presso la Chiesa di San Nicola della Diocesi Italo-albanese di Lungro (cs) a fare visita al carissimo confratello e fratello di sangue ARBRESH Rev.mo Protopresbitero Padre Nik Pace. La grande ed indissolubile fratellanza italo-albanese: P. Nik Pace Chiesa greco-cattolica e P. Giovanni Capparelli Chiesa Ortodossa Russa. "DIVISI MA UNITI"  Come possiamo notare e constatare, il nostro popolo ha perso la sua fisionomia di Chiesa Unica ed Indipendente (Forse mai stata tale) e nel corso dei secoli, specialmente dopo il Concilio di Trento, ha dovuto subire la forza massiccia della Chiesa di Roma, la quale, ha annesso il nostro popolo alla sua giurisdizione ecclersiasta. Solo nel corso degli ultimi decenni, qualcuno del nostro popolo, ritorna alla Fede dei Padri, cioè all'ortodossia.
Ma nulla toglie che tra di noi italo-albanesi, uniti dal sangue della vera appartenenza popolare, dalla lingua, dalle solide e uniche radici, dall'unica Liturgia, dall'amore vicendevole, dalla cultura e dalle tradizioni popolari, sia rimasto un LEGAME INDISSOLUBILE FRATERNO CHE VA OLTRE ALLA NOSTRA
APPARTENENZA GIURICA ECCLESIALE. 
La speranza è che un giorno non lontano tutto il popolo italo-albanese, o almeno ciò che rimarrà di ARBRESH, possa unirsi in una unica appartenenza di Fede, quella che i nostri Avi ci hanno lasciato nel tempo.
 Tra Fratelli .....buon sangue non mente. Urime e gezime !!!!!!!





 IS POLLA ETI !!!    IS POLLA ETI !!! IS POLLA ETI  !!!!

PIR SHUM VJET  !!  PIR SHUM VJET  !!  PIR SHUM VJET !!