martedì 7 gennaio 2025

 

MESSAGGIO DI NATALE DEL PATRIARCA KIRILL DI MOSCA E DI TUTTA LA RUS'

 

Agli arcipastori, pastori, diaconi, monaci e tutti i fedeli figli della Chiesa ortodossa russa

2025

Sacratissimi arcipastori, reverendi presbiteri e diaconi, monaci e monache amati da Dio, cari fratelli e sorelle!

Lodando Iddio glorificato nella Trinità e condividendo con tutti voi la gioia della celebrazione di oggi, mi rivolgo a voi, figli ortodossi della nostra Chiesa, che vivete sia in Russia che in altri paesi sotto la responsabilità pastorale del Patriarcato di Mosca, e mi congratulo di cuore con voi per la festa della Natività di Cristo – la festa dell'amore incarnato del Creatore per la sua creazione, la festa dell'adempimento della promessa della venuta sulla terra del Figlio di Dio, la festa della speranza nella salvezza e nella vita eterna.

Oggi si compie un miracolo grande e glorioso: la Vergine partorisce e il grembo resta incorrotto: il Verbo si incarna e il Padre non si allontana. Gli angeli con i pastori cantano gloria e noi gridiamo con loro: gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace sulla terra (stichira della festa). Con queste parole, la Chiesa di Cristo testimonia un evento misterioso accaduto più di duemila anni fa nella grotta di Betlemme e che ha cambiato l'intero corso ulteriore della storia del mondo. Con stupore e riverenza pieghiamo le ginocchia del nostro cuore davanti a questo mistero del disegno divino di salvezza, incomprensibile alla mente umana. Ricevendo con gratitudine questo dono sacrificale che il Creatore che provvede per noi si è compiaciuto di farci avere, che lo ha degnato per noi, noi confessiamo questa grazia, proclamiamo questa misericordia, e manifestiamo questo beneficio (preghiera della Grande benedizione delle acque).

Cosa dovremmo fare noi, cristiani del XXI secolo, per diventare partecipi di questa benedizione di Dio davvero inestimabile e per essere degni del suo Regno, preparato fin dalla creazione del mondo (Mt 25, 34)?

Tutto ciò che possiamo e dobbiamo fare nella nostra vita è ricambiare il suo amore. E questo significa credere e confidare completamente in Dio, adempiendo i comandamenti del Vangelo, evitando il male e facendo il bene (Ps 33,15), essendo, secondo la chiamata del Salvatore, la luce del mondo e il sale della terra (Mt 5, 13-14).

Essendo dotato di libero arbitrio e del diritto inalienabile di scelta, ogni uomo può o accettare Cristo o rifiutarlo, stare dalla parte della luce – oppure immergersi nelle tenebre del peccato, vivere secondo coscienza – o secondo gli elementi di questo mondo (Col 2, 8), creare attraverso buone azioni il paradiso nel proprio cuore – o, al contrario, facendo il male, sperimentare già qui sulla terra i tormenti dell'inferno. In altre parole, ciascuno di noi è chiamato alla gioia e alla pienezza della vita, in parole povere, alla felicità, e ciò – è importante riconoscerlo e comprenderlo – è impossibile senza Dio, perché è lui la fonte della vita e di ogni bene, è il Creatore e Provveditore, è un Padre amorevole, il nostro premuroso Aiutante e Patrono. Possedendo il libero arbitrio, una persona può scegliere la vita e raggiungere la somiglianza con Dio, ma è anche libera di scegliere per sé un'altra vita, senza Dio e senza grazia, che porta alla distruzione.

Ecco perché il Signore, che ci ha creato, continua a non salvarci senza la nostra partecipazione. L'unione della volontà di Dio, buona e perfetta (Rm 12, 2), con la volontà dell'uomo, seppur imperfetta, ma tesa al bene, è la chiave della riuscita del nostro percorso nel campo terreno. In definitiva, il destino eterno di ogni persona è la continuazione dello stato spirituale che l'ha caratterizzata nella vita terrena.

Tenendo presente questo, cerchiamo, secondo la parola dell'apostolo Paolo, di acquisire in noi stessi amore, gioia, pace, longanimità, bontà, misericordia, fede, mitezza, autocontrollo (Gal 5, 22–23) e gli altri doni dello Spirito. Faremo tutto il possibile per rimanere cristiani non solo nel nome, ma anche nel modo di vivere, nei confronti della famiglia e degli amici, dei collaboratori e dei colleghi, di ogni persona che ha bisogno del nostro aiuto e della nostra partecipazione, simpatia e sostegno.

In tutti i giorni, soprattutto in questa grande festa, siamo chiamati a pregare con fervore per la pace del mondo intero, per la prosperità delle sante Chiese di Dio, per i malati, i sofferenti, i prigionieri e per la loro salvezza. Il significato di queste petizioni è ora molto attuale, perché le forze del male, della guerra e della divisione, che vogliono combattere, hanno preso le armi contro l'Ortodossia. Seminano inimicizia e odio e usano ogni mezzo per attuare i loro piani insidiosi. Ma noi crediamo e speriamo che per la potenza di Dio tutta la debole insolenza dei demoni e dei loro servi sarà svergognata. Questo è successo molte volte in passato e continuerà anche adesso. Di questo ci convince l'esperienza secolare della Chiesa.

Esprimo una gratitudine speciale a tutti quelli che, svolgendo ora il servizio pastorale in Ucraina, a volte a rischio della vita e della salute, continuano a rimanere fedeli all'Ortodossia canonica, che seguono senza paura il cammino della confessione, sopportano il rimprovero e il dolore per Cristo e per la Chiesa. Possa il Signore aiutare questi coraggiosi difensori e campioni della Verità nelle prove e considerare la loro sofferenza a giustificazione.

Nonostante tutto, siamo spiritualmente uniti. Siamo uno perché proveniamo da un unico fonte battesimale. Siamo uno, perché insieme manifestiamo la pienezza della Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica. Siamo uno perché siamo legati dai vincoli indistruttibili dell'amore in Cristo. Siamo uniti, perché immutabili sono le parole del Salvatore, che ha detto: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 20). Noi cristiani, quindi, non abbiamo niente e nessuno da temere, come ci ricorda l'apostolo Paolo quando esclama: "Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?" (Rm 8, 31). Ispirati da questa promessa, viviamo e costruiamo, combattiamo e vinciamo nel nome del Signore, perché, come scrive il santo apostolo Pietro, "non c'è sotto il cielo altro nome dato agli uomini nel quale dobbiamo essere salvati" (At 4, 12). Non c'è stato, non c'è e non ci sarà, testimonia la Chiesa.

Dal momento in cui il Signore venne sulla terra fino ad oggi, a tutti coloro che credono in lui è stata data l'opportunità di essere figli del Padre celeste, perché, come afferma il santo apostolo Paolo, ora siamo nostri e non estranei a Dio (Ef 2, 19). E questo significa che siamo tutti suoi figli, e in lui e per lui siamo parenti e vicini gli uni agli altri.

Nei servizi divini e nei sacri riti della Chiesa, che sono il luogo dell'incontro dell'uomo con il suo Creatore, è sollevato per noi il velo dell'eternità e già qui sulla terra ci è dato di pregustare la futura pienezza dell'esistenza, quando, secondo la parola della Sacra Scrittura, Dio sarà tutto in tutti (1 Cor 15, 28), quando niente e nessuno potrà separarci dall'amore di Dio (Rm 8, 39), dalla gioia della comunione con lui, quando Dio asciugherà ogni lacrima dagli occhi degli uomini e la morte non ci sarà più, perché le cose di prima sono passate (Ap 21, 4).

Annunciando agli uomini la buona notizia della venuta del Salvatore nel mondo, la Chiesa, come una madre amorevole, invita tutti a credere in Cristo e a vivere secondo la sua alleanza per divenire eredi della beatitudine eterna. Davvero il Signore è venuto sulla terra per portarci in cielo. Invita invariabilmente le persone a seguire il cammino della trasformazione spirituale e morale, che si ottiene attraverso l'adempimento dei comandamenti del Vangelo, la cooperazione volontaria tra l'uomo e Dio e l'assistenza della sua grazia inviata nei Sacramenti della Chiesa.

E se nei rapporti con le persone, nelle faccende e nelle preoccupazioni quotidiane impariamo a lasciarci guidare dalle istituzioni divine, allora molto cambierà non solo in noi, ma anche intorno a noi: la vita acquisirà il vero significato, sarà piena di vera gioia e felicità.

Cerchiamo di essere degni del titolo e della vocazione di cristiani. Seguiamo il cammino della vita con fede salda e speranza incrollabile nell'aiuto dall'alto, rallegrandoci per ogni nuovo giorno e nuova opportunità di compiere buone azioni, amando il prossimo e ringraziando Dio sempre e per tutto (Ef 5, 20), poiché a lui si addice ogni gloria, onore e adorazione nei secoli dei secoli. Amen.

Buona festa a tutti voi, miei cari, buona Natività di Cristo!

+KIRILL

PATRIARCA DI MOSCA E DI TUTTA LA RUS'

Natività di Cristo

2024/2025

Mosca

 

 

Messaggio di Natale dell'esarca patriarcale dell'Europa Occidentale, metropolita Nestor di Korsun e dell'Europa Occidentale

 


 Carissimi nel Signore, confratelli arcipastori e pastori, fratelli e sorelle!

In questa santa notte di Natale, desidero salutare, congratularmi, incoraggiare e ringraziare con tutto il cuore ciascuno di voi. Sì, soprattutto in questa notte, in cui tutti stiamo mentalmente e in preghiera davanti al grande mistero dell'Incarnazione del Verbo di Dio, quando ricordiamo e sperimentiamo di nuovo la venuta in questo mondo di Cristo, il nostro Salvatore.

In ogni parrocchia della nostra eredità ecclesiale, in diversi paesi, in città e villaggi grandi e piccoli, nelle comunità monastiche, le persone si sono radunate oggi e la gioia e la speranza si riflettono sui volti di tutti.

La gioia che Cristo è venuto in questo mondo e ha creduto in noi prima che noi credessimo in lui, ci ha amati prima che noi rispondessimo al suo amore.

La speranza che se Dio è con noi, allora tutto può essere corretto e volgere al bene, che la pace duratura e inalienabile regnerà sicuramente sulla terra, così come nei nostri cuori.

E oggi non ci conformiamo a nessuno, abbiamo il coraggio di essere noi stessi e di venire a Cristo come realmente siamo.

E che Cristo ci aiuti, ciascuno nel luogo del suo ministero e della sua vita: sacerdoti, monaci, monache, coristi, quelli che decorano le chiese e si prendono cura dei pasti festivi, mecenati, attivisti parrocchiali, i nostri giovani, soprattutto quelli che lavorano con i bambini, insegnano loro e si rallegrano della loro gioia, tutti quelli che operano il bene per Cristo e si sostengono a vicenda.

Del resto, se riusciamo a fare qualcosa di buono, è perché Cristo nasce e vive in ciascuno di noi.

Buon Natale a tutti voi, miei cari!

Parigi, Natività di Cristo 2024/25

sabato 4 gennaio 2025

https://www.ortodossiatorino.net

I doni dei Magi

di Maria Vinarova

Orthochristian.com, 11 gennaio 2021

 

i doni dei Magi. Foto di Igor' Belokopytov

la Natività di Cristo. Affresco nell'antica chiesa serba del monastero di san Paolo, Monte Athos. Foto di Anton Pospelov / Pravoslavie.ru

Ora, quando Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, dei Magi giunsero da oriente a Gerusalemme, dicendo: Dov'è colui che è nato, il re dei Giudei? Poiché abbiamo visto la sua stella in oriente e siamo venuti per adorarlo (Mt 2:1-2); così racconta l'evangelista Matteo.

Sei secoli prima della nascita di Cristo, durante la cattività babilonese degli ebrei, i pensatori religiosi dell'Oriente scoprirono per la prima volta la Bibbia e l'antica profezia della stella di Betlemme, menzionata dall'indovino Balaam che aveva predetto la venuta del Messia: una stella verrà da Giacobbe e uno scettro sorgerà da Israele (Num 24:17). Fu allora, durante la cattività babilonese, che il profeta Daniele predisse la data esatta della nascita del Messia (Dan 9:25). Ogni famiglia ebraica lo sapeva. Re Erode non faceva eccezione. Ecco perché le domande dei Magi sul re bambino lo spaventarono così tanto. Erode radunò i sommi sacerdoti e gli scribi e scoprì che secondo il profeta Michea, il Messia sarebbe nato a Betlemme (Mic 5:2).

Secondo il Vangelo, Erode invitò allora segretamente i Magi al suo palazzo e apprese che la stella era apparsa nel firmamento prima della nascita di colui che stavano cercando ed era proprio quella stella che li aveva guidati nel loro viaggio. Così indirizzò i Magi alla piccola città di Betlemme per trovare il bambino, in modo che anche lui potesse andare ad adorarlo. Quando i Magi lasciarono Gerusalemme, la stella illuminò di nuovo la loro strada e li condusse direttamente alla casa dove vivevano la Madre di Dio con suo Figlio e il giusto Giuseppe, il promesso sposo: E quando furono entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre, e prosternatisi, lo adorarono (Mt 2,11).

i doni dei Magi. Foto di Igor' Belokopytov

Chi erano i Magi che vennero a prosternarsi davanti al bambino Gesù? Questo evento divenne oggetto di riflessione per molti commentatori già nei primi monumenti della letteratura cristiana. Seguendo la tradizione del Nuovo Testamento, il cristianesimo fin dall'inizio ebbe un atteggiamento negativo nei confronti della magia e dell'astrologia, considerandole occupazioni incompatibili con il concetto di libero arbitrio e della Provvidenza di Dio sull'uomo. Ma l'evangelista Matteo parla dei Magi in senso positivo, come di persone che compiono un'azione divina, in contrasto con gli ebrei che non accettarono il Salvatore. Il mondo pagano accettò il Salvatore, mentre il popolo eletto non riconobbe il suo Signore e Creatore. Parlando dei Magi, l'evangelista usa il termine "μάγοι", cioè "maghi", i Magi. C'erano due significati di questo termine nella letteratura antica: in primo luogo, persone associate ai sacerdoti zoroastriani di Persia e, in secondo luogo, sacerdoti astrologi babilonesi. È impossibile dire con certezza da quale paese provenissero i saggi astrologi: molto probabilmente provenivano dalla Persia o da Babilonia. Le aspettative messianiche degli ebrei erano note in questi paesi grazie al profeta Daniele. Fin dal secondo secolo d. C., nella letteratura cristiana la penisola arabica veniva spesso indicata come la patria dei Magi, collegandoli così alle profezie dell'Antico Testamento sull'adorazione da parte degli stranieri del Re Messia di Israele:

I re di Tarsis e delle isole porteranno doni; i re di Saba e di Seba offriranno doni. Sì, tutti i re si prostreranno davanti a lui; tutte le nazioni lo serviranno. Poiché egli libererà il bisognoso quando grida; anche il povero, e colui che non ha soccorritore. Egli risparmierà il povero e il bisognoso, e salverà le anime dei bisognosi (Ps 71:10-13).

All'inizio del VII secolo, quando il re persiano Cosroe II Parviz invase la Palestina, distrusse praticamente tutte le chiese cristiane, ma risparmiò la chiesa della Natività di Cristo a Betlemme per i suoi affreschi in cui i Magi sono raffigurati con abiti persiani.

i Magi: Baldassarre, Melchiorre e Gaspare, in un mosaico

La Bibbia non dice il numero dei Magi che vennero ad adorare Gesù, ma si ritiene che fossero tre, in base al numero dei doni. I loro nomi, Baldassarre, Melchiorre e Gaspare, sono menzionati per la prima volta dal Venerabile Beda di Jarrow (+735). Alcune narrazioni hanno informazioni sul loro aspetto: Gaspare è descritto come "un giovane senza barba", Baldassarre come "un anziano barbuto" e Melchiorre come "bruno" o "nero", nativo dell'Etiopia.

E quando [i Magi] furono entrati nella casa, si prosternarono e lo adorarono; e quando ebbero aperto i loro tesori, gli offrirono in dono oro, incenso e mirra (Mt 2:11). I doni avevano significati simbolici. L'oro fu portato a Cristo come al Re della Giudea; l'incenso gli fu dato come a Dio; e la mirra, una costosa sostanza aromatica usata per l'imbalsamazione dei cadaveri, come al Salvatore che divenne il Figlio dell'Uomo e la cui sofferenza e sepoltura erano state predette.

Dopo essersi inchinati davanti al bambino Gesù e aver ricevuto in sogno l'avvertimento di Dio di non tornare da Erode (Mt 2:12), i Magi tornarono nella loro terra, evitando Gerusalemme.

La tradizione vuole che in seguito tutti loro divennero cristiani e predicatori del Vangelo. Furono battezzati dal santo apostolo Tommaso che diffuse la Buona Novella in Partia e in India. Secondo la tradizione occidentale, san Tommaso li consacrò persino vescovi. Le reliquie dei Magi furono scoperte dalla santa imperatrice Elena, uguale agli apostoli, in Persia e portate a Costantinopoli, e in seguito a Milano nel VI secolo. Oggi il reliquiario dorato con le loro reliquie è conservato nella cattedrale di Colonia in Germania. [Tuttavia, una parte delle loro reliquie fu restituita alla chiesa di sant'Eustorgio a Milano nel 1904, dove riposano ancora oggi, ndt]

La Madre di Dio conservò questi doni per tutta la vita. Poco prima della sua Dormizione li consegnò alla Chiesa di Gerusalemme dove, insieme alla sua Cintura e alla sua Veste, furono conservati fino al 400 d.C. Poi l'imperatore bizantino Arcadio (Arkadios) li trasportò a Costantinopoli dove furono in seguito collocati nella chiesa di santa Sofia.

i doni dei Magi. Foto di Igor' Belokopytov

Come sono fatti dunque i doni dei Magi?

i doni dei Magi. Foto di Igor' Belokopytov

L'oro portato dai Magi è sotto forma di ventotto piccoli pendenti di varie forme (trapezoidale, rettangolare e poligonale), ornati con un raffinato ornamento in filigrana. Ogni pendente ha un disegno diverso. L'incenso e la mirra, sebbene portati separatamente, furono successivamente uniti in piccole perle scure delle dimensioni di un'oliva. Ne sono rimaste circa settanta. Questa unione è altamente simbolica: l'incenso e la mirra che furono portati a Dio e all'Uomo sono uniti in modo inseparabile come le due nature (la divina e l'umana) sono unite in Cristo.

Nel 1453, il sultano Mehmed (Mohammed) II assediò e conquistò Costantinopoli, e l'Impero Bizantino cadde. La madre del giovane sultano era Mara (Maria) Branković, una principessa serba. Durante la prigionia ottomana, i monarchi europei spesso si sforzavano di imparentarsi con la Sublime Porta per rendere la loro vita anche solo un po' più facile. Così Mara, figlia del despota serbo Đurađ Branković, divenne la moglie del sultano Murad II (1404-1451). Mara si rifiutò di abbracciare l'islam e rimase ortodossa per il resto della sua vita. È inconcepibile cosa abbia provato Mara quando vide le mura della grande città cristiana distrutte e i suoi fratelli e sorelle in Cristo uccisi nei tormenti! Ma quella tragedia personale di una principessa serba si rivelò una vera felicità per la storia della cristianità. Grazie a lei, molte reliquie ortodosse furono salvate e sopravvissero. Mehmed II, che amava profondamente sua madre e rispettava i suoi sentimenti religiosi, non interferì con questo.

Oltre a raccogliere reliquie sacre, il sultano permise alla madre di prendere il santo Monte Athos sotto la sua protezione personale, poiché tutti i precedenti sovrani di Costantinopoli consideravano un onore aiutare lo stato monastico. Le sultane dei secoli successivi apprezzarono così tanto la tradizione istituita da Mara Branković che, anche da musulmane, custodirono con fervore questa roccaforte dell'Ortodossia fino alla caduta della Porta.

il monastero di san Paolo sul Monte Athos. Foto di A. Pospelov / Pravoslavie.ru

Nel 1470, Mara Branković decise di visitare il Monte Athos, che aveva amato tanto fin dall'infanzia e la cui terra aveva sognato di visitare, nonostante la millenaria tradizione monastica che proibiva alle donne di recarsi sulla Montagna Santa. Voleva soprattutto vedere il monastero di san Paolo di Xeropotamou, in cui vivevano a quel tempo molti serbi. Era l'amato monastero di suo padre (Đurađ Branković), che vi aveva costruito la chiesa di san Giorgio il Vittorioso, il suo santo patrono.

La nave di Mara si fermò sulla riva vicino al monastero di san Paolo. Mara aveva portato dieci reliquiari con le reliquie salvate, tra cui i doni dei Magi. Alla testa di una solenne processione, Mara iniziò a salire sulla montagna. A metà strada verso il monastero si fermò stupita dopo aver sentito una voce:

"Non avvicinarti! Da qui inizia il regno di un'altra Sovrana, la Regina del Cielo, la Madre di Dio, la Guardiana e Protettrice della Montagna Santa!" Mara cadde in ginocchio e iniziò a pregare, chiedendo perdono alla Madre di Dio per la sua caparbietà. L'abate e i fratelli uscirono dal monastero per incontrare Mara, che consegnò loro i reliquiari con le reliquie. Dopo di che Mara tornò indietro e salì sulla nave.

Nel punto in cui Mara un tempo era inginocchiata fu eretta una croce, chiamata "la Croce della Regina". La cappella accanto raffigura l'incontro di queste grandi reliquie.

i doni dei Magi. Foto di Igor' Belokopytov

E i preziosi doni sono conservati con riverenza al monastero di san Paolo fino ad oggi. I monaci sono ben consapevoli di quanto grande sia il valore spirituale e storico delle reliquie, così dopo il servizio notturno portano i doni fuori dalla sacrestia in un piccolo scrigno d'argento perché i pellegrini li venerino. I doni emanano una forte fragranza e quando vengono aperti l'intera chiesa si riempie di una fragranza. I monaci athoniti notarono che i doni guariscono i malati mentali e i posseduti dal demonio. Alcuni pellegrini dicono che quando i monaci portarono uno dei pendenti d'oro all'orecchio, si udì miracolosamente una specie di sussurro che raccontava della nascita miracolosa del Bambino eterno nel mondo...