martedì 25 giugno 2013

IL MANUALE LESSICOGRAFICO DELLA PARLATA ALBANESE DI ACQUAFORMOSA di Nando Elmo

da Nando Elmo (Note) Martedì 25 giugno 2013 alle ore 23.30

Ora le mie amiche di Acquaformosa, che si ostinano a scrivere arberisht in maniera inadeguata su FB, non hanno più scusanti.
Da qualche giorno è uscito in Albania, ma verrà distribuito anche in Italia, si spera, per volontà dei cosiddetti  difensori delle nostre tradizioni, questo manuale lessicografico, questo vocabolario della parlata di Acquaformosa, del nostro compaesano Giosafatte Capparelli, Malcori, (detto, affettuosamente, Tucci).
Questo strumento potrebbe dare ai volenterosi – ma sono più numerose le volenterose – che vogliano esprimersi correttamente nella lingua degli avi, un valido aiuto.
Capisco: la lingua materna è più consona ai sentimenti, dalle affettuosità alle recriminazioni, alle volgarità (sono esse più corpose, più sanguigne, dette alla paesana). Ma allora perché non scriverla correttamente?
 Vedo spesso su FB frasi che vorrebbero essere arberische e tali non sono perché scritte adattando la grafia italiana a fonemi, che nella nostra lingua nazionale non esistono : “Thë, dhë, hjë, që ecc.. nessuno sa pronunciarle in italiano, come scrivereste la famosa “Qiqir” con cui i civitioti smascherano i latini durante la Vallja?
Basti, a questo proposito, considerare che l’alfabeto italiano ha solo ventuno segni (anche se la pronuncia ne prevedrebbe una manciata in più, ma tant’è) mentre l’alfabeto arberisco ne ha trentasei, uno per ogni fonema (approssimativamente, ahimè, anche in questa sovrabbondanza – sentite parlare uno sqipetaro del nord e poi ditemi).  
Per capirci: l’alfabeto arberisco fa differenza tra la esse sorda (di “sono”) e la esse sonora (di “chiesa”), tra la zeta sorda ( di “pazzo”) e la zeta sonora (di “zebra”) per cui se volessimo scrivere l’italiano come lo pronunciamo, facendoci aiutare dall’alfabeto albanese più ricco del nostro, dovremmo scrivere  “xio”,  “kieza”, “xebra”, “paco”, per zio, chiesa, zebra, pazzo. Ma l’italiano non si cura di queste varianti.
Questo è dovuto, in ogni caso, al fatto che c’è differenza tra la lingua parlata, pronunciata, e la lingua scritta.
La lingua scritta, proprio perché scritta, tende a sclerotizzarsi, mentre la parlata evolve – si pensi al francese “roi”: si scrive “roi”, appunto, (come scrivono e pronunciano ancora oggi gli occitani) e si pronuncia “ruà”. In piemontese, che è simile all’occitano, di dice “effroi” ciò che in francese si dice “effruà”. Si pensi poi  all’inglese che ha modi diversi per pronunciare la stessa vocale, in contesti diversi, e così via.
L’alfabeto albanese che usiamo noi scrittori arbëreshë ha il vantaggio di essere recente: è stato stabilito appena il secolo scorso. È stato pensato in modo che  ogni grafema (il segno alfabetico scritto) corrispondesse a un fonema (un suono) della lingua shqipetara.
Noi arbëreshë, oggi, ce lo troviamo bell’e pronto, per il novanta per cento, adatto  alle nostre esigenze; per tanto chi lo conosce lo usa con piacere perché funziona e non crea imbarazzanti problemi: per esempio, voi di FB, come scrivereste, con l’alfabeto italiano, “gozhdë” (chiodo)?
E  tuttavia quello che utilizziamo è un modello astratto come tutti gli strumenti che devono tenere conto della generalità.  È chiaro che in questo modello astratto non possano trovarsi le peculiarità locali: per esempio, non c’è un grafema (il segno scritto) che risponda al fonema (il suono pronunciato) della doppia “elle” così come viene pronunciata a Piana degli Albanesi o a san Nicola dell’Alto o a Carfizi - una “g” dura, molto palatalizzata che non trova corrispondenza in italiano: come fanno quelli di Carfizi su FB?
La  grammatica generale (ortografia, ortoepia, morfologia) non tiene conto delle particolarità locali.
Così ordinerà di scrivere: “jam e bënj” e non “jam e bonj” come diceva don Fatuccio, e dicono alcuni giovani acquaformositani.
Don Fatuccio provocò, mentre confondeva la sua parlata con la parlata “generale di Acquaformosa, non pochi guai come informatore del tedesco Rohr – poi puntualmente corretti dalla linguista acquaformositana Filomena Raimondo in un suo lavoro.
E non dirà, la grammatica generale,  di scrivere: “jam e bunj” come dicono e scrivono a Piana degli Albanesi – è chiaro che in una commedia di Zef Skiro di Maxho che ricalca la parlata locale troverete scritto legittimamente: “jam e bunj”.
È evidente che una grammatica non può inseguire la lectio localis o particularis. Ma è chiaro, anche, che le grammatiche, che vogliano essere prescrittive, verranno sempre scavalcate dall’uso.  È  che appena scritti grammatiche e vocabolari, come le leggi, son già vecchi, ma tant’è …
Così a suo tempo ci sembrò uno sproposito quando un professore universitario scrisse che l’Albanese è facile perché si scrive così come si pronuncia e viceversa. A tutte le lingue capita questo; basta sapere che fonema corrisponde al grafema, e viceversa, e tout va. Se so che “oi” in francese si pronuncia “uà” che problema c’è? Non c’è corrispondenza naturale tra fonema e grafema - si tratta solo di una convezione tra gli utenti di quel sistema linguistico.
 E tuttavia abbiamo altre volte rilevato che spesso i giovani italiani, forse per modifiche naturali della glottide tendono a dire “ballo” al posto di “bello”, allargando spropositatamente la “e”.
 Ora nessuno si sogna di scrivere “ballo” perché così pronuncia “bello”. La lingua scritta non va appresso alla lingua parlata.
Come dicevo più su, ciò che in francese si dice “ruà” si scrive “roi” perché una volta nella lingua d’Oc tra “o” e “i” c’era iato; poi con l’uso, soprattutto parigino, si è cominciato a pronunciare il  dittongo “uà” e ciò che si continuava a scrivere “oi” si è pronunciato “ruà”.
Lo scritto, proprio perché è scritto (scripta manent) è più lento nel registrare l’evoluzione fonetica.
Così nessuno vieta che si continui, per omaggio alla tradizione, nella grammatica prescrittiva dei professori, a scrivere “ësht” e a pronunziare, come fanno molti ad Acquaformosa, “osht”; o scrivere “ësht” e pronunziare “isht” come a Piana degli Albanesi. Così nessuno vieterà agli acquaformositani e ai lungresi di pronunciare “pir” ciò che per carità linguistica scriveranno “për”.
A Lungro c’è la tendenza a trasformare in alcuni contesti “sh” in “ç”: “do të viç” invece di “do të vish” – oppure “ çë do të diç?” (che vuoi sapere?) invece di “çë do të dish?”. Queste varianti accelerano il loro passo quando si ha a che fare con un sistema di scrittura non garantito da una norma – buona tuttavia per  i bacchettoni d’ogni genere, dai maestri elementari alle università – che ignorano, o tendono ad ignorare che è l’uso che fa la lingua, la quale come fenomeno storico e non metafisico, non sta mai ferma.
E tuttavia siccome dobbiamo parlare, comunicare con i più è bene che sappiamo qual è l’uso “diffuso e generale” di una parola: se i più dicono e scrivono “ësht” è bene con questo uso “allargato,medio e perlopiù”, fare i conti.
Il nostro professore se fosse stato più avvertito in linguistica generale, e avesse avuto il senso storico, non avrebbe potuto affermare che l’albanese si scrive così come si pronuncia o viceversa, perché già oggi dopo i settant’anni della mia vita posso assicurare che scrivo in una maniera ciò che sento pronunciare in un’ altra.
Non che io creda nell’ordine, sono un anarchico, ma questo “Doracak”, questo Manuale di Giosafatte Capparelli (chiamiamolo “Malcori”, per distinguerlo dall’altro omonimo), viene a porre “ordine” nelle varianti personali (legittime) e ci restituisce quella lingua che “mediamente e perlopiù” si parlava ad Acquaformosa. Quando? Cinquanta, settant’anni fa quando la televisione non ci aveva omologati, trasformandoci in analfabeti in italiano: nella propria lingua nessuno è analfabeta, recita un adagio di linguistica generale. Oggi, morta la lingua materna, mi sa che siamo analfabeti in tutt’e due le lingue tra le quali la storia ci ha buttati.
E tuttavia io quell’ arbëresh oggi parlo, con Lillinin e Llupietrit, che ha qualche anno più di me, e con Gesualdin e qualche altro superstite di quei tempi, come mia cugina Teresa.

Il Manuale di Capparelli ha poi un pregio, quello di fornire finalmente una testimonianza filologica importante, l’apparentamento dell’arbëresh col calabrese e siccome i fenomeni storici non sono mai fuori di un contesto, questa ricerca filologica mette nella sua storicità il fenomeno della cultura arberisca.
Certo sarebbe stato opportuno fare una ricerca anche sulla parentela col greco – mi pare, dalle poche notizie che ho, che neanche Rupprecht Rohr lo faccia in maniera adeguata.
Sarebbe stato un dovuto omaggio alle nostre radici greche.
È assodato che le nostre comunità vengano dalla Grecia ortodossa. Solo una storia “tradìta” può farci venire dall’Albania veneto-cattolica.
Una storia “tradìta”, certo.
 Ma quella “tràdita” che ci fa piangere la Morea (oj e bukura Morè) e ci fa ancora oggi pregare in greco, la dice lunga sulle nostre origini greche e ortodosse.
Spero che un qualche giovane studioso voglia impegnarsi in un simile lavoro.
So che a Maqi un tale tentativo di storia “vera” è stato condotto da Josif Kosentino, ma non so come sia finita.
Tuttavia mi piace mettere qui di seguito una manciata di termini che derivano dal greco per stimolare in qualche giovane una curiosità filologica:
-          Diovas – diavas- leggo,  greco Diabasis, (da diabaino), nella pronuncia moderna: Diavasis (da Diaveno) = un trapassare, uno scorrere, una scorsa - in italiano diciamo “dare una scorsa a un libro”)
-          Hjiromer – lardo- greco Choirou merís grec. clas., mod. chiru meris – pezzo di maiale.
-          Halkomë – contenitore di rame - greco Chalkós = Rame, bronzo.
-          Kakavë – Recipiente per la lavorazione del latte – Greco omerico = Kakabe, mod. kakave.
-          Qyenj – mettere incinta, nella accezione volgare di “fottere”: ec u qyej “vai a farti fottere” – greco Kyo = sono pregnante, incinta, concepisco. Nella liturgia spesso troviamo l’espressione “theon logon kyisasa” -  “tu che sei rimasta incinta del verbo divino”.
-          Helq – tiro, isso – greco Helko – tirare – in greco moderno l’Helkester è l’ascensore.
-          Hjiropane – asciugamano, straccio – greco Cheiropane, mod. Chiropani, panno (pani) per le mani (chir, os).
-          Zienj- bollire- greco Zeo, bollire, da cui en/zima (che bolle dentro)
-          Hjetë – treccia – greco clas Chaite, mod. Hjeti = capigliatura, criniera.  
-          Pallac  - fango – greco Plasso = inzaccherare
-          Qanj  (klanj) – piangere – greco clas. Klaio,  mod. kleo)
-          Ter – asciugo -  greco cl. Xero.
-          Kalidhe – capanna - greco Kalidion, kalià- ados, ma anche in greco bizantino: kaliva - era famoso l’eremita kausokaliva - che bruciava (kauso) la sua capanna (kaliva) ogni volta che veniva scoperta la sua ubicazione.
Sono le prime parole che mi vengono in mente, mi fermo qui. Né sarebbe il caso di andare oltre per il carattere del presente scritto.
Tuttavia non posso non ricordare che la Calabria fu Magna Grecia prima e Impero Bizantino poi. E  che il greco era ancora la lingua  di S. Nilo e S. Bartolomeo rossanesi dell’anno mille.
E dunque le tracce del greco sono evidenti nel dialetto calabrese  soprattutto quando si tratta di parole che riguardano la pastorizia e il lavoro dei campi (ma si pensi ancora a ’ndrangheta, a ‘nduja).
Ma non è compito mio entrare in questi discorsi che richiedono altra competenza.
Torno al manuale di Giosafatte Capparelli per chiedere che gli sia data l’attenzione che merita e che coloro che s’interessano di tradizioni, di costume, di Vallje, di carnevali vari, di canti tradizionali e che versano lacrimucce sul passato glorioso, quand’eravamo risorgimentali, massoni, garibaldini e trullalà ecc… e che sono solleticati dalla voglia di scrivere arbërisht, ancorché su Face Book, vogliano comprarlo per documentarsi sulla ortografia e sulla ortoepia della nostra lingua, la quale è ancora – mi pare – nei volenterosi, come in Giosafatte Capparelli, miracolosamente  intatta.
Inviterei anche Giosafatte a scrivere una grammatica, per conservare (scripta manent) quel passato senza il  quale, come dice la retorica dei pigramente seduti sulla conservazione di non so che, non c’è futuro.
Mi pare di dover ancora aggiungere a onore di Giosafatte che egli non è un professore, non un docente, non un cattedratico. E tuttavia si è messo in un lavoro che quei professori, quei cattedratici non si sono mai sognati di fare (chissà che cosa insegnano, e su che cosa fanno le loro ricerche). E tuttavia Egli ha svolto il suo lavoro da competente. A maggior ragione merita attenzione: chi ha lavorato, con tanto amore, e solo per amore, aspetta premio.

mercoledì 19 giugno 2013

Dal Sito: http://makj.jimdo.com/

NON SI SCONVOLGE DUNQUE LA NOSTRA GERARCHIA  
 

Fonte: www.impantokratoros.gr

Icona mistica della Santa Chiesa Ortodossa
Icona mistica della Santa Chiesa Ortodossa
 
   Con dolore e sofferenza si scrivono le righe che seguono. In questo nostro breve commento non abbiamo l’intenzione di esercitare una critica o un controllo verso i nostri Gerarchi, chi mai saremo noi per fare questo? Quanto segue sia considerato solo un appello alla nostra Gerarchia, un grido di dolore e di agonia dell’ultimo e indegno chierico della nostra Patria che ha molto sofferto.
   Il Signore rivolse ai suoi discepoli una domanda molto significativa e importante specie oggi per tutti noi: “Quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18,8). Quando il Figlio dell’uomo verrà per la seconda parousia a giudicare il mondo, troverà uomini sulla terra i quali hanno mantenuto e confessato la Fede Ortodossa pura e inalterata da ogni specie di eresia e inganno?
   Sant’Efrem il Siro in un discorso sulla seconda parousia aggiunge: “Guai a coloro che infettano la Santa Fede e sono accondiscendenti con gli eretici” (1). La precedente domanda del Signore come il discorso di sant’Efrem il Siro dovrebbe essere continuamente davanti agli occhi di noi chierici, particolarmente per i nostri Gerarchi i quali sono, per eccellenza, responsabili per il combattimento e la neutralizzazione delle eresie. Dovrebbero costituire causa di autocritica, uno specchio nel quale rispecchiare continuamente il cammino della nostra diakonia pastorale, se e in che modo imitiamo e seguiamo la vita e la condotta dei Santi e Teofori Padri nostri nelle lotte e nei sacrifici che loro hanno fatto  nel combattere le eresie della loro epoca e conservare pura la Fede Ortodossa.
     Questa fede la quale con vanto, indossando i nostri ufficiali paramenti liturgici all’interno di una festosa atmosfera nel giorno della Domenica dell’Ortodossia, abbiamo confessato: “Come i profeti hanno visto, gli Apostoli hanno insegnato, come la Chiesa ha accolto, i Maestri hanno dogmatizzato, come l’universo ha recepito, la Grazia ha brillato, la Verità ha dimostrato, l’errore è stato annientato, la Sapienza ha dato fiducia, il Cristo ha premiato, così noi pensiamo, parliamo, e così predichiamo”.
   Essi per custodire la Fede hanno sacrificato posti d’onore, onorificenze ecclesiastiche, troni patriarcali e metropolitani, hanno subito esili, persecuzioni, prigionie, torture, o ancora hanno perfino sacrificato la loro stessa vita. Essi, in quel tempo, hanno compiuto il loro dovere. Noi oggi compiamo il nostro dovere? Imitiamo il loro esempio dinanzi alla contemporanea eresia dell’ecumenismo, la terribile eresia ecclesiologica di tutte le epoche, questa terribile tempesta che ha travolto tutto, non essendoci giusti contraccolpi e minaccia di buttare giù ogni cosa? O per caso c’è il pericolo che la Chiesa nel tempo entri nel tumulto? O nel corso del tempo la tempesta infuri o non a caso l’eresia si estenda scalpitando mentre noi dormiamo senza preoccupazione (eccetto sicuramente i pochi)? Come Marta ci preoccupiamo e ci agitiamo per molte cose poco importanti e in secondo luogo tralasciamo il primo e necessario cioè la battaglia finale e la neutralizzazione dell’eresia con l’ufficiale sua condanna da parte del Sinodo e per coloro che la sostengo e la mandano avanti.
     Non commenterò di quante cose anti-ortodosse e blasfeme si dicono quotidianamente in massa e si fanno in maniera ufficiale e a volto scoperto da parte gli ecumenisti per i quali sarebbe sufficiente solo una di queste per procurare l’ira e la rabbia dei Santi Padri se fossero vissuti nella nostra epoca!
     Reverendissimi Arcivescovi, certamente non dubitiamo, perché se vivessero oggi i Santi Padri già da tempo si sarebbero riuniti, non una o due volte ma molti sinodi nei quali avrebbero condannato quest’eresia e le sue diramazioni così come anche i suoi paladini e i suoi sostenitori. Io sottolineerò un altro aspetto di questo tema di uguale importanza e significato a cui, penso, dovremmo dare molta attenzione. Il fatto cioè rilevante di come sia il popolo fedele di Dio, sia un buon numero di accademici professori di teologia, sia numerose comunità monastiche si siano svegliati e si siano passati la voce da qui a dieci anni e lottano con tutte le forze contro questa eresia. Esporrò solo pochi avvenimenti dell’ultimo decennio, avvenimenti di importanza storica i quali testimoniano l’angoscia del fedele popolo di Dio. Fatti, i quali dovrebbero svegliare e informare almeno ora e, per modo di dire, far scuotere la nostra Gerarchia per metterla di fronte alle sue responsabilità.
  A Settembre del 2004 la facoltà di teologia pastorale e comunicazione dell’università di Salonicco organizzò un convegno “inter-ortodosso” di cinque giorni nell’aula magna con il titolo: “L’Ecumenismo: genesi, attese, smentite, delusioni”. Le cinquantasette relazioni dei conferenzieri ci hanno dato un’immagine panoramica di questa eresia da tutti i punti di vista con i suoi sviluppi e crescita fino ai nostri giorni. Tutti gli atti e i risultati di questo convegno sono stati pubblicati in due volumi di mille e trenta pagine dall’editrice THEODROMIA ed. 2008. Per quanto riguarda questo avvenimento storico che è avvenuto nella storia della nostra Chiesa, purtroppo non ha portato il risultato che si sperava per la nostra Gerarchia perché, mentre avrebbe dovuto sconvolgere i nostri Gerarchi, mettendoli in crisi e spingendoli ad occuparsi sinodalmente per prendere una posizione di fronte a quest’eresia al contrario, in maniera superficiale, essi hanno superato l’ostacolo comodamente. L’emerito professore dell’università di Salonicco il protopresbitero p. Teodoro Zisis nell’introduzione degli atti con profondo dolore e delusione sottolinea: “ci dispiace perché la voce forte del convegno è arrivata sì alle orecchie dei capi delle Chiese ma non ha influenzato per nulla i loro cuori e le loro menti per dare una svolta al cammino catastrofico dell’ecumenismo. Continuano provocatoriamente a radunarsi e a pregare con gli eretici, li elogiano e li benedicono dentro chiese ortodosse, compongono inni ecclesiastici per onorarli, contesti teologici e dichiarazioni ma anche con il loro comportamento sincretista e mancando di rispetto trasgrediscono e offendono i dogmi e i Sacri Canoni i quali chiedono di essere osservati e messi in pratica con zelo e con rigore o per sostenere troni e giurisdizioni o per punire i chierici zeloti e confessori, monaci o laici” (2). Un altro avvenimento significativo che costituisce alla pari una notevole svolta nella storia della lotta antieretica ed ecumenica è l’edizione e la pubblicazione composta dalla Sinassi Ortodossa di chierici e monaci con il testo “ΟΜΟΛΓΙΑ ΠΙΣΤΕΩΣ” (Confessione di Fede). Questo testo fu pubblicato da “Orthodoxos Typos”, su internet, nell’edizione THEODROMIA e tradotto in diverse lingue:inglese, serbo, rumeno, stampato in centinaia di migliaia di copie e fu distribuito gratuitamente al popolo greco il quale accoglieva con entusiasmo e con sentimenti di sollievo la controfirma di questo contenuto. Tra virgolette tutto il pleroma Ortodosso ha abbracciato questo testo confessionale come la Santa Eufemia abbracciò il tomo del IV Concilio Ecumenico di Calcedonia, quel famoso miracolo e mise sotto i suoi piedi il tomo dei monofisiti. “Hai grandemente rallegrato gli Ortodossi e confuso gli eterodossi, o Eufemia…”. Non furono certamente soddisfatte le correnti ecumeniste del Fanar e della Chiesa di Grecia anzi son state infastidite, dispiaciute e svergognate. Questo documento fu firmato da oltre 25.000 chierici, monaci e laici, molti igumeni dei monasteri dell’Athos, molti igumeni e archimandriti di altri monasteri,  protopresbiteri, ieromonaci, presbiteri, diaconi, monaci, monache, teologi. Purtroppo, dai Metropoliti della Chiesa di Grecia soltanto tre firmarono contro il documento anti-eretico e precisamente il Metropolita Serafim del Pireo, il Metropolita Kosmas di Etoloakarnanias e Serafim di Kythiron. Con le loro firme, i Metropoliti hanno voluto sottolineare la necessità di una condanna sinodale dell’anti-ecumenismo. Purtroppo, di nuovo la Gerarchia si è dimostrata sorda al grido di angoscia e dolore da parte del clero e del popolo di Dio e nel mentre si fa tanto chiasso intorno a quest’eresia, si scrivono tanti articoli, si organizzano convegni, si pubblicano libri etc... la nostra Gerarchia si rifiuta appositamente di prendere una decisione sinodale a riguardo di quest’eresia. Soltanto un breve comunicato circoscritto fu pubblicato nella quinta sessione del Sinodo di Grecia il 16/10/2009 nella quale si discusse il tema della OΜΟΛΟΓΙΑ ΠΙΣΤΕΩΣ (Confessione di Fede) costretti di fronte al fatto e in particolar modo della lettera di protesta del Patriarca Ecumenico Bartolomeo indirizzata all’Arcivescovo Ieronimo di Atene, dove il Patriarca si lamenta delle firme poste da molti Arcivescovi, egumeni, chierici e laici. Inoltre, fra le molte altre cose, il Patriarca esprime con sinodale decisione il pressante problema dell’ecumenico Patriarca e denunzia l’ OΜΟΛΟΓΙΑ ΠΙΣΤΕΩΣ (Confessione di Fede) perché, a suo parere, inganna parte del popolo fedele, lo induce allo scisma, non solo il popolo ma anche la stessa Gerarchia potrebbe creare problemi con altre Chiese Ortodosse. Il Patriarca conclude la sua lettera invitando il Santo Sinodo “al più presto possibile di prendere posizione, di condannare il documento e i chierici che lo hanno firmato”.
     “Considerato il pericolo che cova per l’unità della Chiesa la preoccupazione mostrata, come risulta anche dall’ incoraggiamento di alcuni di questi vescovi e delle loro azioni che portano divisioni”.  Nella sua comunicazione la Gerarchia si preoccupava di calmare gli animi del popolo (essenzialmente chiude questo tema) poiché i Gerarchi sono i custodi della tradizione ortodossa, così come hanno confessato durante la loro chirotonia episcopale il testo dell’Omologhia Pistos ha caratterizzato “molto di più”.
   Concludo (tralasciando molte altre cose per non allungare il discorso) con un terzo avvenimento molto tragico e di uguale importanza altrettanto sconvolgente.. Questo avvenimento dovrebbe almeno questa volta svegliare e mettere in crisi finalmente la nostra Gerarchia. Si tratta della separazione di un congruo numero di laici e fedeli i quali con una dichiarazione hanno fatto conoscere il loro dissaccordo da alcuni vescovi eretici della Chiesa Ortodossa per causa di nuovo dell’ecumenismo.
     Come scrivono nella loro dichiarazione: “la pan-eresia (secondo s. Giustino Popovic) dell’ecumenismo è una situazione reale, dove i nostri vescovi rifiutano di esaminarla e di condannarla sinodalmente. E’ un’avvenimento appariscente nella vita bi millenaria della Chiesa, la Gerarchia stà in silenzio nel tempo dell’eresia e di camminare insieme per decenni con l’eresia. Come naturale conseguenza viene l’impetuoso predominio dell’ecumenismo, il quale cambia i sentimenti ortodossi del popolo cancellando dalle coscienza dei cristiani attraverso la parola e le azioni quotidiane la tradizione ortodossa e introducendo per così dire nuove strade di salvezza diverse da quelle dei Santi Padri.
   Portiamo a conoscenza dunque la nostra decisione, di allontanarci da questi vescovi eretici locali e di non avere nessuna comunicazione ecclesiastica con loro fin quando il Santo Sinodo non condanni con parole e opere l’eresia dell’ecumenismo e gli eretici che lo  sostengono e lo propagandano”. (3)
     La nostra Gerarchia non prova nessun dolore e non piange per questo tragico fenomeno, non si strazia il cuore di vedere le sue pecore spirituali dividersi e allontanarsi dal gregge scandalizzati della posizione che mantiene la Gerarchia? Come superare questo sconvolgente e doloroso avvenimento fischiettando in maniera indifferente? Come trascura di fare il suo dovere, il quale come abbiamo già sottolineato e previsto degli stessi Sacri Canoni della Chiesa?
     In particolar modo il 37° canone apostolico il quale dice che “ almeno due volte all’anno il Sinodo deve riunirsi, per quanto riguarda le chiese locali e deve esaminare attentamente i dogmi della fede e distruggere se mai ci fossero incomprensioni tra i vescovi e le chiese locali” (4) conservando al di sopra di ogni cosa la pace e l’unità della fede. Se dunque per semplici incomprensioni ecclesiastiche il canone del Sinodo pensate un po’ cosa provvederebbe per il caso della pan-eresia dell’ecumenismo la quale dura da anni e da molti decenni: il Sinodo di Costantinopoli del 1836 sotto i Patriarchi indimenticabili Gregorio VI° di Costantinopoli e Atanasio di Gerusalemme con una decisione sinodale stabilisce quanto segue per ciò che riguarda questo tema antieretico: “queste cose noi stabiliamo agli Arcivescovi i quali sono sotto la giurisdizione del Santo Patriarcale Apostolico ed Ecumenico trono ordiniamo ecclesiasticamente affinchè compiamo con cura e con vigilanza considerando come delitto ogni indifferente e trascuratezza riguardo queste cose. Quanto più questo Arcivescovo non vuole fuggire l’ira di Dio e della Chiesa, come negligente dei suoi doveri pastorali e diventare così volontariamente e senza possibilità di difesa colpevole della corruzione dell’Ortodossia, della nazione e distruzione del suo gregge” (5)
   Il grande Atanasio aggiunge: “… per nessun motivo si deve giudicare qualcosa senza prima recidere ogni diafonia riguardo alla fede e in seguito esaminare tutte le altre cose”. (6) Qui il santo evidentemente considera il tema della fede come temi di prima importanza, e questi temi precedono qualsiasi altra discussione vanno esaminati e necessariamente trovare una soluzione.
   Di conseguenza a tutto quello riportato sopra si pone la domanda: Quale difesa daremo Eminentissimi Arcivescovi il giorno del Giudizio davanti al terribile tribunale di Cristo per questa vostra trasgressione? Cosa abbiamo da spaventarci? Per caso forse ci ridurrebbero allo stato laicale per qualche cosa insignificante e di poca importanza ecclesiastica? Onore e vanto sarebbe,perché così saremo degni di imitare anche per poco i nostri Santi Padri.
     Concedici Signore in questi ultimi tempi, nei quali ci hai custoditi per vivere, di avere degni, santi Gerarchi Confessori della fede, per la sconfessione dell’inganno e la Gloria della tua Santa Chiesa “che ti sei acquistato con il tuo stesso sangue”. Amin! 
 
NOTE

(1) Sant’Efrem il Siro, Discorso sulla Seconda Parousia del Nostro Signore Gesù Cristo nell’opera di sant’Efrem il Siro, Vol IV, Edizione: “To perivoli tis Panaghias”, Tessalonica 1992, pag. 26.
(2) Atti del Convegno inter-ortodosso, Edizioni “THEODROMIA”, Vol 1, Thessalonica 2008, p.12
(3) La separazione dei fedeli Ortodossi dai vescovi eretici della Chiesa Ortodossa e la loro comunicazione in merito. Marzo 2011. Pagg. 5,9.
(4) San Nicodemo l’Aghiorita, Pidalion, Ed. Rigopoulou, Thessalonica 1991, p. 41.
(5) Ioannis Romanidis, Accordo tra Ortodossi e Vaticano per l’Unia, Balamand, Libano, 1993, p. 525.
(6) ΕΠΕ 9,284
 
 Chiesa Ortodossa 
 Patriarcato di Mosca
Parrocchia
San Giovanni di Kronstadt

Palazzo Gallo - P.zza Vittorio Em. II 
Castrovillari (cs)
Русская Православная Церковь 
Московского Патриархата
Biserica Ortodoxă Rusă
 Patriarhia Moscovei  
 
 
 
 
 
DOMENICA   23 GIUGNO 2013
 
DOMENICA DELLA SANTA PENTECOSTE
Пятидесятница 
 
 Благословен еси, Христе Боже наш, Иже премудры ловцы явлей, низпослав им Духа Святаго, и теми уловлей вселенную, Человеколюбче, слава Тебе.
 
Егда снизшед языки слия, разделяше языки Вышний, егда же огненныя языки раздаяше, в соединение вся призва, и согласно славим Всесвятаго Духа.
 
 
UFFICIATURE:
 
Sabato: ore 19.00 - vespro (vecernie)
Domenica: ore 9.00 - Divina Liturgia
 ore 18.00 - vespro (vecernie)
 
 Carissimi Fedeli Ortodossi di 
Castrovillari e del circondario, 
 come sempre vi aspetto numerosissimi,
ogni Domenica con inizio alle ore 9.00,
 per celebrare con Voi la Divina Liturgia 
della Nostra Chiesa e della Nostra
 Santa Tradizione Ortodossa.
Per qualsiasi informazione chiamate
il Parroco al: 3280140556
 
 

lunedì 10 giugno 2013

https://mospat.ru

Conclusa la visita del 

Patriarca Kirill in Grecia

Dall’ 1 al 7 giugno 2013, su invito di Sua Beatitudine l’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Ieronymos e del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ellenica, Sua santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Kirill ha visitato la Grecia.
Durante la visita, Sua Santità è stato accompagnato dal presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, metropolita Hilarion di Volokolamsk, dal responsabile della Segreteria amministrativa del Patriarcato di Mosca, vescovo Sergij di Solnechnogorsk, dal presidente del Dipartimento sinodale per l’informazione V.R. Legojda, dal vicepresidente del Dipartimento per le relazioni esterne, arciprete Nikolaj Balashov, dal segretario per le relazioni interortodosse dello stesso Dipartimento, arciprete Igor Yakymchuk, dall’assistente del presidente del Diaprtimento  arcidiacono Vladimir Nazarkin, dal capo della segreteria personale di Sua Santità il Patriarca M.G. Kuksov.
Hanno inoltre accompagnato Sua Santità: il capo del Servizio di protocollo, arciprete Andrej Milkin, il capo del Servizio stampa del Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’, diacono Aleksandr Volkov, il responsabile ad interim del Servizio Comunicazione del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne, sacerdote Ilija Kosyh, il membro dello staff del del Dipartimento per le relazioni esterne, A. Churyakov.
All’aeroporto di Atene Sua Santità il Patriarca ha incontrato Sua Beatitudine l’Arcivescovo Ieronymos; i Primati della Chiesa russa e della Chiesa ellenica si sono diretti verso la chiesa del Santo Martire Dionigi l’Areopagita a Kolonaki. Nella chiesa gremita di fedeli, Sua Santità il Patriarca Kirill ha tenuto un servizio di preghiera.
In serata, nel palazzo arcivescovile ad Atene si è svolto un incontro tra i Primati delle due Chiese.
Il 2 giugno, nella quinta domenica dopo Pasqua, dedicata alla Samaritana, Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Kirill e Sua Beatitudine l’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Ieronymos hanno celebrato la Divina Liturgia nel tempio ateniese del Grande Martire e Guaritore San Panteleimon in Akharnon.
Lo stesso giorno, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ellenica ha dato un ricevimento in onore degli ospiti.
Poi il Patriarca Kirill e Sua Beatitudine l’Arcivescovo Ieronymos hanno visitato la chiesa russa della Santissima Trinità ad Atene e la chiesa cattedrale in costruzione in onore della Madre di Dio «Panaghìa Sumela» in Akharnon, nella zona a nord di Atene. Sua Santità ha donato alla comunità di lingua russa della chiesa parte delle reliquie di San Serafino di Sarov.
Il secondo giorno, si è tenuta la visita al centro caritativo dell’Arcidiocesi di Atene «Missione».
Il 3 giugno, Sua Santità il Patriarca ha visitato la residenza del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ellenica e ha condotto un servizio di preghiera presso il monastero Petraki. Ha poi preso parte ad una seduta solenne del Santo Sinodo della Chiesa ellenica e ha rivolto un discorso ai partecipanti. Nel corso della riunione, Sua Santità è stato insignito del massimo riconoscimento della Chiesa ortodossa ellenica, la Gran Croce dell’apostolo Paolo. Alti premi sono stati assegnati anche ai membri della delegazione della Chiesa ortodossa russa.
Poi Sua Santità il Patriarca ha avuto un colloquio con Sua Beatitudine l’Arcivescovo Ieronymos e con i membri del Santo Sinodo della Chiesa ellenica.
Lo stesso giorno, il Patriarca Kirill ha avuto un incontro con il Presidente greco K. Papoulias e il primo ministro A. Samaras.
Da Atene, Sua Santità è andato a Salonicco, dove ha tenuto un servizio di preghiera nella Cattedrale di San Gregorio Palamas e ha visitato l’arcidiocesi di Tessalonica. In serata, il metropolita di Tessalonica Anthimos ha dato un ricevimento in onore di Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Kirill.
Il giorno successivo, dopo aver pregato dinanzi ai santuari della città, il Patriarca Kirill è partito per il Monte Athos. Dal molo è andato a Karyes – il centro amministrativo del Monte Athos, dove ha tenuto un servizio di preghiera nella Cattedrale centrale del Monte Athos. Il Primate della Chiesa ortodossa russa ha inoltre tenuto una riunione con i membri della Santa Epistasia del Santo Monte Athos.
Arrivando al monastero russo di San Panteleimon, Sua Santità il Patriarca ha venerato i santuari del monastero, ha visitato gli edifici del monastero restaurato dopo l’incendio, ha pregato per i monaci defunti. Sua Santità ha anche visitato i luoghi della vita di San Silvano del Monte Athos.
Il 5 giugno, il Patriarca Kirill ha celebrato la Divina Liturgia presso il monastero di San Panteleimon.
Durante il pellegrinaggio al Monte Athos, il Primate della Chiesa ortodossa russa ha visitato la Grande Lavra di Sant’Atanasio dell’Athos, i monasteri di Iviron e del Pantokrator, l’eremo di Sant’Elia, fondato da San Paissij Velichkovski, i monasteri di Zografou, Chilandari, Vatopedi, Ksilurgu, e il monastero di Sant’ Andrea, dove ha ispezionato i lavori di ristrutturazione del vecchio Russikon.
Il 7 giugno è stata celebrata la Divina Liturgia nella chiesa della Protezione del monastero di San Panteleimon. Dopo il servizio, Sua Santità il Patriarca ha incontrato i rappresentanti dei media.
Al termine della visita-pellegrinaggio al Monte Athos, Sua Santità ha incoraggiato gli abitanti del monastero di San Panteleimon, e ha tenuto una conversazione con il padre igumeno del monastero, archimandrita Ieremij.
Nella città di Veria, il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Kirill ha benedetto il monumento all’apostolo Paolo.
Il Primate della Chiesa russa ha visitato il monastero della Panaghia Dovre, dove ha benedetto le campane della chiesa di San Luca (Voyno-Yasenetsky), in fase di costruzione. Nel monastero è stato dato un ricevimento in onore del Primate della Chiesa russa.
Al termine della visita, Sua Santità ha condiviso con i giornalisti le sue impressioni sulla terra greca.
Dall ‘aeroporto di Salonicco, il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Kirill e la sua delegazione sono tornati a casa.

 

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  Conversazione di san Serafino di Sarov con Nikolaj Alexandrovich Motovilov
(sull'acquisizione dello Spirito Santo)
Traduzione integrale in lingua italiana
 
Questa rivelazione è senza dubbio di importanza mondiale. A dire il vero, in essa non c'è nulla di essenzialmente nuovo, perché la piena rivelazione fu data agli apostoli fin dal giorno stesso di Pentecoste. Ma ora che la gente ha dimenticato le verità fondamentali della religione cristiana, ed è immersa nelle tenebre del materialismo o nel compimento di routine di "fatiche ascetiche" esteriori, la rivelazione di padre Serafino è veramente straordinaria, come egli stesso infatti la considerava.
"Non è dato solo a voi di capire questo", disse padre Serafino al termine della rivelazione, "ma attraverso di voi, è per il mondo intero!"
Come un lampo di luce questa meravigliosa conversazione ha illuminato il mondo intero immerso in un letargo e in una morte spirituale, meno di un secolo prima della lotta contro il cristianesimo in Russia e in un tempo in cui la fede cristiana era al livello più basso in Occidente.
Qui il Santo di Dio non ci appare in alcun modo inferiore ai grandi profeti attraverso i quali lo Spirito Santo stesso ha parlato.
Registriamo tutto parola per parola, senz’alcuna interpretazione da parte nostra.

Era un giovedì. La giornata era cupa. Il suolo era coperto da una ventina di centimetri di neve, e i fiocchi cadevano fitti dal cielo quando padre Serafino iniziò la sua conversazione con me in un campo vicino al suo eremo, di fronte al fiume Sarovka, ai piedi della collina che scende fino alla riva del fiume. Mi fece sedere sul ceppo di un albero che aveva appena abbattuto, e Lui stesso si accovacciò di fronte a me.
"Il Signore mi ha rivelato," disse il grande anziano, "che nella vostra infanzia avete avuto un grande desiderio di conoscere il fine della nostra vita cristiana, e che per questo avete continuamente interrogato molte grandi persone spirituali".
Devo dire che fin dall’età di dodici anni questo pensiero mi aveva costantemente turbato. Avevo, di fatto, avvicinato molti sacerdoti a riguardo, ma le loro risposte non mi avevano soddisfatto. Questo non era noto all’anziano.
"Ma nessuno", continuò padre Serafino, "vi ha mai dato una risposta precisa Vi hanno detto di andare in chiesa, di pregare Dio, di mettere in pratica i comandamenti di Dio, di fare del bene, che è lo scopo della vita cristiana'. Alcuni si sono perfino indignati del vostro interesse per curiosità profane e vi hanno detto: 'non cercare cose che sono al di là di te'. Ma non dicevano il giusto. E ora il povero Serafino vi spiegherà in cosa consiste realmente questo fine.
"La preghiera, il digiuno, la veglia e tutte le altre attività cristiane, per quanto buone possano essere in sé, non costituiscono il fine della nostra vita cristiana, anche se servono come mezzi indispensabili per raggiungere questo scopo. Il vero scopo della nostra vita cristiana consiste l'acquisizione dello Spirito Santo di Dio. Quanto ai digiuni e alle veglie, alla preghiera, all'elemosina e a ogni buona azione fatta per amore di Cristo, sono solo mezzi per acquisire lo Spirito Santo di Dio. Ma tenete presente, figlio mio, solo la buona azione fatta per amore di Cristo ci porta i frutti dello Spirito Santo. Tutto ciò che non è fatto per amore di Cristo, anche se è buono, non porta ricompensa nella vita futura, né la grazia di Dio in questa. Ecco perché il nostro Signore Gesù Cristo ha detto: Chi non raccoglie con me, disperde (Lc 11,23). Una buona azione non può essere definita altro che una raccolta, dal momento che anche se non è fatta per amore di Cristo, è comunque buona. La Scrittura dice: In ogni nazione colui che teme Dio e opera giustizia gli è accetto (At 10,35) [1].
"Come si vede dalla narrazione sacra, l'uomo che opera giustizia è tanto gradito a Dio che l'angelo del Signore apparve all'ora della preghiera a Cornelio, il centurione giusto e timorato di Dio, e gli disse: 'manda degli uomini a Giaffa presso un tal Simone conciatore; là troverai Pietro, ed egli ti dirà parole di vita eterna, per cui sarai salvato tu e tutta la tua famiglia'. Così il Signore usa tutti i suoi mezzi divini per dare a un tale uomo in cambio delle sue opere buone la possibilità di non perdere la sua ricompensa nella vita futura. Ma a tal fine dobbiamo iniziare proprio qui con una retta fede nel Signore nostro Gesù Cristo, il Figlio di Dio, venuto nel mondo per salvare i peccatori e che, attraverso la nostra acquisizione per noi stessi della la grazia dello Spirito Santo porta nei nostri cuori il Regno di Dio e apre la strada perché noi possiamo vincere le benedizioni della vita futura. Ma l'accettabilità a Dio di buone azioni non fatte per amore di Cristo si limita a questo: il Creatore dà loro i mezzi per fere di esse opere vive (cf Eb 6,1). Sta all'uomo farle vivere o no. Per questo motivo il Signore disse ai giudei: Se voi foste ciechi, sareste senza peccato. Ma voi stessi dite: Noi vediamo!, perciò il vostro peccato rimane (Gv 9,41) Se un uomo come Cornelio gode del favore di Dio per le sue azioni, anche se non sono fatte per amore di Cristo, e crede poi nel suo Figlio, tali azioni gli saranno come se fossero fatte per amore di Cristo soltanto per la fede in lui. In caso contrario un uomo non ha il diritto di lamentarsi che il suo bene compiuto non sia stato di alcuna utilità. Non lo è mai, se non quando è fatto per amore di Cristo, in quanto il bene fatto per lui non solo merita una corona di giustizia nel mondo a venire, ma anche in questa vita ci ricolma della grazia dello Spirito Santo. Inoltre, come è detto: Dio dona lo Spirito senza misura. Il Padre ama il Figlio e ha posto posto tutto nelle sue mani (Gv 3,34-35).
"È così, vostra riverenza. [2] Il vero scopo della nostra vita cristiana consiste nell'acquisizione di questo Spirito di Dio, mentre la preghiera, la veglia, il digiuno, l'elemosina e le altre opere buone [3] fatto per amore di Cristo sono semplicemente mezzi per acquisire lo Spirito di Dio ".
"Cosa intende con il termine acquisire?" Chiesi a padre Serafino. "Non lo capisco bene."
"Acquisire è lo stesso di ottenere", ha risposto. "Capite, naturalmente, cosa significa acquisire denaro? Acquisire lo Spirito di Dio è esattamente la stessa. Conoscete abbastanza bene, vostra riverenza, che cosa significa acquisire in senso mondano. Il fine della vita della gente comune nel mondo è quello di acquisire o fare soldi, e per la nobiltà in aggiunta è ricevere onori, distinzioni e altri premi per i propri servizi al governo. Anche d'acquisizione dello Spirito di Dio è un capitale, ma un capitale dispensatore di grazia ed eterno, e si ottiene in modi molto simili, quasi gli stessi modi del capitale monetario, sociale e temporale.
"Dio il Verbo, il Dio-Uomo, il nostro Signore Gesù Cristo, paragona la nostra vita a un mercato, e il lavoro della nostra vita sulla terra lo chiama commercio, e dice a tutti noi: commerciate fino al mio ritorno (Lc 19:13), riscattando il tempo, perché i giorni sono cattivi (Ef 5,16). Vale a dire, sfruttate la maggior parte del vostro tempo per ottenere le benedizioni celesti attraverso beni terreni. I beni terreni sono le opere buone compiute per amore di Cristo che ci conferiscono la grazia del tuttosanto Spirito.
"Nella parabola delle vergini sagge e stolte, quando le stolte non hanno olio, è detto loro: 'Andate ad acquistarlo al mercato.' Ma quando l’hanno comprato, la porta della camera nuziale è stata già chiusa e non possono entrare. Alcuni dicono che la mancanza di olio nelle lampade delle vergini stolte significa una mancanza di buone azioni nella vita. Tale interpretazione non è molto corretta. Perché dovrebbero essere prive di buone azioni se sono chiamati vergini, per quanto stolte? La verginità è la suprema virtù, uno stato angelico, e potrebbe prendere il posto di tutte le altre opere buone.
"Io penso che ciò che mancava loro era la grazia dello Spirito tuttosanto di Dio. Queste vergini praticavano le virtù, ma si nella loro ignoranza spirituale supponevano che la vita cristiana consistesse semplicemente nel fare opere buone. Facendo una buona azione pensavano di fare l'opera di Dio, ma si curavano poco se in tal modo avessero acquisito la grazia dello Spirito di Dio. Tali modi di vita basati solo sul fare del bene senza testare attentamente se essi portano la grazia dello Spirito di Dio, sono menzionati nei libri patristici: "C'è un altro modo che si ritiene buono all'inizio, ma finisce al fondo dell'inferno". (cfr Pr 14,12)
"Antonio il Grande nelle sue Lettere ai monaci dice di tali vergini: 'Molti monaci e vergini non hanno idea dei diversi tipi di volontà che agiscono nell'uomo, e non sanno che siamo influenzati da tre volontà: il primo è la volontà di Dio in tutto perfetta e che tutto salva: la seconda è la nostra volontà umana che, se non distruttiva, non è neppure salvifica, e la terza è la volontà del diavolo - interamente distruttiva'. E questa terza volontà del nemico insegna all'uomo o a non fare alcuna buona azione, o a farle per vanità, o di farle solo per amore della virtù e non per amore di Cristo. La seconda, la nostra volontà, ci insegna a fare di tutto per soddisfare le nostre passioni, altrimenti ci insegna come il nemico di fare il bene per amore del bene senza preoccuparci della grazia che con esso viene acquisita. Ma la prima, la volontà in tutto salvifica di Dio, consiste nel fare il bene unicamente per acquisire lo Spirito Santo, come un eterno, inesauribile tesoro che non può essere correttamente valutato. L'acquisizione dello Spirito Santo è, per così dire, l'olio che le vergini stolte non avevano. Erano chiamate stolte solo perché avevano dimenticato il frutto necessario della virtù, la grazia dello Spirito Santo, senza il quale nessuno è salvato o può essere salvato, perché: 'Ogni anima è vivificato dallo Spirito Santo ed esaltata dalla purezza e misticamente illuminata dalla unità trina'. [4]
"Questo è l'olio nelle lampade delle vergini sagge che potevano ardere a lungo e vivaci, e queste vergini con le loro lampade ardenti sono state in grado di incontrare lo sposo, giunto a mezzanotte, e di entrare nella camera nuziale della gioia con lui. Ma le stolte, anche se sono andate al mercato per comprare un po' d’olio quando hanno visto le loro lampade estinguersi, non sono state in grado di tornare in tempo, perché la porta era già chiusa. Il mercato è la nostra vita, la porta della camera nuziale che è stata chiusa e che sbarrava la strada allo sposo è la morte umana, le vergini sagge e stolte sono le anime cristiane, l'olio non sono le buone azioni, ma la grazia dello Spirito tuttosanto di Dio che si ottiene attraverso di loro e che cambia le anime da uno stato a un altro, cioè, dalla corruzione alla incorruttibilità, dalla morte spirituale alla vita spirituale, dalle tenebre alla luce, dalla stalla del nostro essere (in cui le passioni sono legate come animali muti e bestie feroci) a un tempio della Divinità, alla luminosa camera nuziale della gioia eterna in Cristo Gesù, nostro Signore, il Creatore e Redentore e Sposo eterno delle nostre anime.
"Quanto grande è la compassione di Dio per la nostra miseria, vale a dire, per la nostra disattenzione verso la cura che Dio ha per noi, quando dice: Ecco, io sto alla porta e busso (Ap 3,20), intendendo per 'porta' il corso della nostra vita che non è ancora stato chiuso dalla morte! Oh, come vorrei, vostra riverenza, che in questa vita voi siate sempre nello Spirito di Dio! 'In qualunque stato vi troverò, in quello vi giudicherò', dice il Signore. [5]
"Guai a noi se ci trova schiacciati dalle preoccupazioni e dai dolori di questa vita! Chi sarà infatti in grado di sopportare la sua ira, chi resisterà alla collera del suo volto? Ecco perché è stato detto: Vegliate e pregate, per non essere indotti in tentazione (Mc 14,38), cioè per non essere privati dello Spirito di Dio, poiché l'attenzione e la preghiera ci portano la sua grazia.
"Naturalmente, ogni buona azione fatta per amore di Cristo ci dona la grazia dello Spirito Santo, ma la preghiera la dona più di tutti, perché è sempre a portata di mano, per così dire, come strumento per acquisire la grazia dello Spirito. Per esempio, vorreste andare in chiesa, ma non c'è nessuna chiesa o il servizio è finito, vorreste dare l'elemosina a un mendicante, ma non ce n’è uno, o non avete niente da dare, vorreste preservare la vostra verginità [6], ma non avete la forza di farlo a causa del vostro temperamento, o a causa della violenza delle insidie ​​del nemico, a cui per la vostra debolezza umana non potete resistere, Vi piacerebbe fare qualche altra buona azione per amore di Cristo, ma o non ne avete la forza o manca l’opportunità. Questo certamente non vale per la preghiera. La preghiera è sempre possibile per tutti, ricchi e poveri, nobili e umili, forti e deboli, sani e malati, giusti e peccatori.
«Potete giudicare quanto è grande il potere della preghiera, anche in una persona peccatrice, quando è offerta con tutto il cuore, con il seguente esempio riportato dalla santa Tradizione. Quando, su richiesta di una madre disperata che era stata lasciata sola dalla morte del suo unico figlio, una prostituta che incontrò per caso, ancora impura dal suo ultimo peccato, e che era stata toccata dal profondo dolore della madre, gridò al Signore: "Non è per amore di una peccatrice miserabile come me, ma per le lacrime di una madre addolorata per il figlio e che confida saldamente nella tua benignità e nella tua onnipotenza, Cristo Dio, risuscita il suo figlio, o Signore!' E il Signore lo risuscitò.
"Vedete, vostra riverenza! Grande è il potere della preghiera, e dona più di tutti lo Spirito di Dio, ed è più facilmente praticata da tutti. Saremo benedetti se il Signore Dio ci troverà vigili e ricolmi dei doni del suo Santo Spirito. Allora potremo sperare di essere rapiti... tra le nuvole per incontrare il Signore nell'aria (I Ts 4,17) che viene con grande potenza e gloria (Mc 13,26) a giudicare i vivi e i morti (I Pt 4,5) e per ricompensare ogni uomo secondo le sue opere (Mt 16,27).
"Vostra riverenza si degna di ritenere una grande felicità il parlare al povero Serafino, credendo che anch’egli non sia privo della grazia del Signore. Allora cosa dovremmo dire del Signore stesso, la fonte inesauribile di ogni tipo di benedizione, sia celeste che terrena? Davvero in preghiera ci è concesso di conversare con Lui, il nostro stesso datore di ogni grazia e vivificante Dio e Salvatore. Ma anche qui bisogna solo pregare finché Dio lo Spirito Santo discende su di noi secondo la misura a lui nota della sua grazia celeste. E quando egli si degna di farci visita, dobbiamo smettere di pregare. Perché dunque dovremmo pregarlo, 'Vieni e dimora in noi e purificaci da ogni macchia e salva, o Buono, le nostre anime', quando è già arrivato a salvare noi che abbiamo fiducia in lui e veramente chiamiamo il suo santo nome, per potere ricevere umilmente e con amore lui, il Consolatore, nelle dimore delle nostre anime affamate e assetate della sua venuta.
"Lo spiegherò alla vostra riverenza per mezzo di un esempio. Immaginate di avermi invitato a farvi visita e su vostro invito sono venuto a fare una chiacchierata con voi. Ma continuate a invitarmi, dicendo: 'Entrate, vi prego, entrate!' Allora sarei obbligato a pensare: 'Che problema ha? È fuori di testa?' Così è per quanto riguarda il nostro Signore Dio, lo Spirito Santo Ecco perché è detto: fermatevi e sappiate che io sono Dio, eccelso tra le genti, eccelso sulla terra. (Salmo 45,10). Cioè, io apparirò e continuerò ad apparire a chiunque crede in me e mi invoca, e converserò con lui come una volta ho conversato con Adamo in Paradiso, con Abramo e Giacobbe e gli altri miei servi, con Mosè e Giobbe, e quelli come loro.
"Molti spiegano che questo silenzio si riferisce solo alle cose del mondo; in altre parole, durante quella conversazione orante con Dio si deve 'essere fermi' per quanto riguarda gli affari mondani. Ma vi dirò, in nome di Dio, che non solo è necessario essere morti [7] a loro in preghiera, ma quando per il potere onnipotente della fede e della preghiera il Signore Dio lo Spirito Santo accondiscende a farci visita, e viene a noi nella plenitudine della sua bontà indicibile, dobbiamo essere morti anche alla preghiera.
"L'anima parla e dialoga durante la preghiera, ma alla discesa dello Spirito Santo, dobbiamo rimanere in completo silenzio, in modo da sentire in modo chiaro e comprensibile tutte le parole di vita eterna che egli si degnerà allora di comunicare. È necessaria allo stesso tempo la sobrietà completa sia dell'anima che dello spirito, e la casta purezza del corpo. Gli stessi requisiti furono posti al monte Oreb, quando agli Israeliti fu detto di non accostarsi neppure alle loro mogli per tre giorni prima l'apparizione di Dio sul monte Sinai. Il nostro Dio è infatti un fuoco che consuma ogni cosa impura, e nessuno che sia contaminato nel corpo o nello spirito può entrare in comunione con lui".
"Sì, padre, ma che dire delle altre buone azioni fatte per amore di Cristo, al fine di acquisire la grazia dello Spirito Santo? Avete parlato solo della preghiera!"
"Acquisite la grazia dello Spirito Santo, anche mettendo in pratica tutte le altre virtù per amore di Cristo. Commerciate spiritualmente con loro; commerciate con quelle che vi danno il maggior profitto. Accumulate capitali dalla sovrabbondanza della grazia di Dio, depositateli nella banca eterna di Dio che vi porterà interessi immateriali, non il quattro o il sei per cento, ma il cento per cento per un rublo spirituale, e anche infinitamente di più. Per esempio, se la preghiera e la veglia vi danno più grazia di Dio, vegliate e pregate, se il digiuno vi dà più Spirito di Dio, digiunate, se l'elemosina vi offre di più, fate l'elemosina. Pesate ogni virtù compiuta per amore di Cristo in questo modo.
"Ora vi dirò di me, povero Serafino. Io vengo di una famiglia di mercanti di Kursk. Così quando non ero ancora al monastero ero solito commerciare con i beni che ci portavano il maggior profitto. Agite così, figlio mio . E proprio come negli affari il punto principale non è solo commerciare, ma ottenere il maggior profitto possibile, così negli affari della vita cristiana il punto principale non è solo pregare o fare qualche altra buona azione. Anche se l’Apostolo dice: Pregate incessantemente (I Ts 5,17), pure, come ricordate, aggiunge: Io preferisco dire cinque parole con la mia intelligenza che diecimila parole con il dono delle lingue (I Cor 14,19). E il Signore dice: Non tutti quelli che mi dicono: Signore, Signore, saranno salvati, ma chi fa la volontà del Padre mio, vale a dire colui che fa l'opera di Dio e, per di più, la fa con riverenza, poiché maledetto è colui che fa l'opera di Dio con negligenza (Ger 48,10) e l'opera di Dio è: Abbiate fede in Dio e in colui che egli ha mandato, Gesù Cristo (Gv. 14,1, 6,29). Se noi comprendiamo rettamente i comandamenti di Cristo e degli apostoli, la nostra attività come cristiani non consiste nell'aumentare il numero delle nostre buone azioni che sono solo il mezzo per promuovere lo scopo della nostra vita cristiana, ma nel trarre il massimo profitto da loro, cioè ad acquisire i doni più abbondanti dello Spirito Santo.
"Come vorrei, vostra riverenza, che voi stesso possiate acquistare questa sorgente inesauribile di grazia divina, e possiate sempre chiedetevi: sono nello Spirito di Dio o no? E se siete nello Spirito, benedetto sia Dio! Non c’è niente di cui lamentarvi. Siete pronto a comparire immediatamente di fronte al tremendo tribunale di Cristo. Perché 'In qualunque stato vi trovo, in quello vi giudicherò.' Ma se non siamo nello Spirito, dobbiamo scoprire perché e per quale motivo il nostro Signore Dio lo Spirito Santo ha voluto abbandonarci; e dobbiamo cercarlo di nuovo, e continuare a cercarlo fino a quando troveremo il nostro Signore Dio Spirito lo Santo ed egli sarà di nuovo con noi attraverso la sua bontà. E dobbiamo attaccare i nemici che ci spingono lontano da lui fino a quando anche la loro polvere non sarà più, come è stato detto dal profeta Davide: Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti, non sono tornato senza averli annientati. Li ho colpiti e non si sono rialzati, sono caduti sotto i miei piedi. (Salmo 17:37-38).
"Ecco, figlio mio. Ecco come si deve commerciare spiritualmente con le virtù. Distribuite i doni di grazia dello Spirito Santo a chi ne ha bisogno, proprio come una candela accesa che brucia con il fuoco terrestre brilla da sola e accende altre candele per illuminare tutto in altri luoghi, senza diminuire la propria luce. E se è così per quanto riguarda il fuoco terrestre, che dire del fuoco della grazia dello Spirito tuttosanto di Dio? Le ricchezze terrene infatti diminuiscono con la distribuzione, ma quanto più le ricchezze celesti della grazia di Dio sono distribuite, tanto più esse aumentano in chi le distribuisce. Così il Signore stesso si compiacque di dire alla donna samaritana: chi beve di quest'acqua avrà di nuovo sete, ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce per la vita eterna (Gv 4,13-14).
"Padre," dissi, "parlate tutto il tempo di acquisizione della grazia dello Spirito Santo come scopo della vita cristiana. Ma come e dove posso vederlo? Le buone azioni sono visibili, ma lo Spirito Santo può essere visto? Come posso sapere se è con me oppure no?"
"Al momento attuale", rispose l’anziano, "a causa della nostra freddezza quasi universale verso la nostra santa fede nel nostro Signore Gesù Cristo, e la nostra disattenzione verso l’opera della sua divina Provvidenza in noi, e verso la comunione dell'uomo con Dio, siamo arrivati al punto, si potrebbe dire, che abbiamo quasi abbandonato la vera vita cristiana. Le testimonianze della sacra Scrittura oggi ci sembrano strane, quando, per esempio, per le labbra di Mosè lo Spirito Santo dice: e Adamo vide il Signore che passeggiava nel paradiso (cfr. Gn 3,10), o quando leggiamo le parole dell'apostolo Paolo: 'Siamo andati in Acaia, e lo Spirito di Dio non è andato con noi, siamo tornati in Macedonia, e lo Spirito di Dio è venuto con noi'. Più di una volta, in altri passi della sacra Scrittura, è menzionata l'apparizione di Dio agli uomini.
"Questo è il motivo per cui alcune persone dicono: 'Questi passi sono incomprensibili. È davvero possibile per le persone vedere Dio così apertamente?' Ma non c'è niente di incomprensibile qui. Questa incapacità di comprendere è avvenuta perché ci siamo allontanati dalla semplicità della conoscenza cristiana originale. Con il pretesto dell’educazione, abbiamo raggiunto una tale tenebra d'ignoranza che ciò che gli antichi capivano così chiaramente ci sembra quasi inconcepibile. Anche nella conversazione ordinaria, l'idea dell'apparizione di Dio tra gli uomini non sembrava loro strana: quando i suoi amici lo rimproveravano di avere bestemmiato Dio, Giobbe rispose loro: Come può essere quando sento lo Spirito di Dio nelle mie narici? (cfr. Gb 27,3). Questo equivale a dire, 'Come posso bestemmiare Dio quando lo Spirito Santo dimora in me? Se avessi bestemmiato Dio, lo Spirito Santo si sarebbe ritirato da me, ma ecco, sento il suo respiro nelle mie narici".
"Esattamente nello stesso modo si dice di Abramo e di Giacobbe, che hanno visto il Signore e conversato con lui, e che Giacobbe ha pure lottato con lui. Mosè e tutto il popolo con lui videro Dio quando gli fu concesso di ricevere da Dio le tavole della legge sul monte Sinai. Una colonna di nube e una colonna di fuoco, o, in altre parole, la grazia evidente dello Spirito Santo, servirono come guida al popolo di Dio nel deserto. La gente vide Dio e la grazia del suo Spirito Santo, non nel sonno o nei sogni, o nell'eccitazione di un'immaginazione disordinata, ma veramente e apertamente.
"Siamo diventati così disattenti all'opera della nostra salvezza da interpretare erroneamente anche molte altre parole nella Sacra Scrittura e, tutto perché non cerchiamo la grazia di Dio e nell'orgoglio della nostra mente non le permettiamo di dimorare nelle nostre anime. Ecco perché siamo senza vera illuminazione da parte del Signore, che egli manda nel cuore degli uomini che di tutto cuore hanno fame e sete della giustizia di Dio.
"Molti spiegano che quando si dice nella Bibbia: 'Dio soffiò l'alito di vita sul volto del Adamo il primo creato, che da lui era stato creato dalla polvere della terra,' deve significare che fino a quel momento non vi era anima umana né spirito in Adamo, ma solo la carne creata dalla polvere della terra. Questa interpretazione è sbagliata, perché il Signore Dio creò Adamo dalla polvere della terra, con la costituzione che il nostro caro piccolo padre, il santo apostolo Paolo, descrive: Che il vostro spirito, anima e corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo (I Ts 5,23.) e tutte queste tre parti della nostra natura sono state create dalla polvere della terra, e Adamo non è stato creato morto, ma come essere vivente e attivo come tutte le altre creature animate di Dio che vivono sulla terra. Il punto è che se il Signore Dio non avesse soffiato in seguito sul volto di Adamo il suo alito di vita (cioè, la grazia del nostro Signore e Dio, il Santo Spirito, che procede dal Padre e riposa nel Figlio ed è mandato nel mondo per l'amore del Figlio), Adamo sarebbe rimasto senza avere dentro di sé lo Spirito Santo che lo eleva alla dignità divina. Per quanto perfetto egli sia stato creato e superiore a tutte le altre creature di Dio, come corona della creazione sulla terra, sarebbe stato proprio come tutte le altre creature, le quali, anche se hanno corpo, anima e spirito ciascuno secondo il proprio genere, eppure non hanno lo Spirito Santo dentro di loro, ma quando il Signore Dio soffiò sul volto di Adamo il respiro della vita, allora, secondo la parola di Mosè, Adamo divenne un essere vivente (Gen 2,7), cioè completamente e in ogni modo come Dio, e, come lui, per sempre immortale. Adamo era immune all'azione degli elementi a tal punto che l'acqua non poteva affogarlo, il fuoco non poteva bruciarlo, la terra non poteva inghiottirlo nei suoi abissi, e l'aria non poteva danneggiarlo in alcun modo. Tutto era soggetto a lui come amato di Dio, come re e signore del creato, e tutto guardava a lui come corona perfetta delle creature di Dio. Adamo è stato fatto così saggio da questo alito di vita soffiato sul suo volto dalle labbra creative di Dio, Creatore e Signore di tutto, che non c'è mai stato un uomo sulla terra più saggio o più intelligente di lui, e non è certo che probabilmente ci sarà mai. Quando il Signore gli ordinò di dare i nomi a tutte le creature, ha dato a ogni creatura un nome che ha completamente espresso tutte le qualità, facoltà e proprietà a lei date da Dio alla sua creazione.
"A causa di questo dono della grazia soprannaturale di Dio infusa in lui dal soffio della vita, Adamo poteva vedere e capire Signore che camminava in paradiso, e comprendere le sue parole, e la conversazione dei santi angeli, e la lingua di tutte le bestie, uccelli e rettili e tutto ciò che ora è nascosto da noi creature decadute e peccatrici, ma era così chiaro ad Adamo prima della sua caduta. Anche a Eva il Signore Dio ha dato la stessa saggezza, forza e potere illimitato, e tutte le altre qualità buone e sante. E non l'ha creata dalla polvere del suolo ma da una costola di Adamo nell'Eden della delizia, nel Paradiso che aveva piantato in mezzo alla terra.
"Perché potessero sempre facilmente mantenere in se stessi le proprietà immortali, divine [8] e perfette di questo soffio di vita, Dio piantò in mezzo al giardino l'albero della vita e dotò i suoi frutti di tutta l'essenza e la pienezza del suo respiro divino. Se non avessero peccato, Adamo ed Eva, così come i loro posteri, avrebbero potuto sempre mangiato del frutto dell'albero della vita e in tal modo avrebbero eternamente mantenuto il potere vivificante della grazia divina.
"Avrebbero potuto anche mantenere per tutta l'eternità i pieni poteri del loro corpo, anima e spirito in uno stato di immortalità e di eterna giovinezza, e avrebbero potuto continuare in questo loro stato immortale e beato per sempre. Al momento attuale, però , è difficile per noi perfino immaginare tanta grazia.
"Ma quando, attraverso la degustazione del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male - un gesto prematuro e in contrasto con il comandamento di Dio - hanno imparate la differenza tra il bene e il male e sono stati sottoposti a tutte le afflizioni che hanno seguito la trasgressione del comandamento di Dio, hanno quindi perso questo dono inestimabile della grazia dello Spirito di Dio, in modo che, fino alla venuta nel mondo del Dio-Uomo Gesù Cristo, lo Spirito di Dio non era ancora nel mondo, perché Gesù non era ancora stato glorificato (Gv 7,39).
"Tuttavia, ciò non significa che lo Spirito di Dio non era affatto nel mondo, ma la sua presenza non era così evidente [9], come in Adamo o in noi cristiani ortodossi. Si manifestava solo esternamente, ma i segni della sua presenza nel mondo erano noti al genere umano. [10] Così, ad esempio, molti misteri in connessione con la futura salvezza del genere umano sono stati rivelati ad Adamo ed Eva dopo la caduta. E per Caino, a dispetto della sua empietà e trasgressione, è stato facile capire la voce della grazia divino che pur condannandolo conversava con lui. Noè ha conversato con Dio. Abramo ha visto Dio e il suo giorno e se ne è rallegrato (cfr. Gv 8,56). La grazia del Santo Spirito che agisce esternamente si è pure riflessa in tutti i profeti dell'Antico Testamento e nei santi d'Israele. Gli ebrei in seguito hanno istituito speciali scuole profetiche dove ai figli dei profeti si insegnava come discernere i segni della manifestazione di Dio e degli angeli, e per distinguere le operazioni dello Spirito Santo dagli ordinari fenomeni naturali della nostra vita terrena priva di grazia. Simeone, che ha tenuto Dio fra le sue braccia, i nonni di Cristo Gioacchino e Anna, e innumerevoli altri servi di Dio hanno avuto continuamente e apertamente varie apparizioni divine, voci e rivelazioni giustificate da evidenti eventi miracolosi. Anche se non con la stessa potenza manifestata nel popolo di Dio, tuttavia, la presenza dello Spirito di Dio ha agito anche tra i pagani che non conoscevano il vero Dio, perché anche tra loro Dio ha trovato persone elette. Tali, per esempio, erano le vergini profetesse chiamate sibille, che giuravano verginità a un Dio ignoto, ma pur sempre a Dio il Creatore dell'universo, il Sovrano onnipotente del mondo, come era concepito dai pagani. Anche se i filosofi pagani vagavano anche nel buio della ignoranza di Dio, eppure cercavano la verità che è amato da Dio, e a causa di questa ricerca gradita a Dio, potevano partecipare dello Spirito di Dio, perché è detto che le nazioni che non conoscono Dio praticano per natura le esigenze della legge e fanno ciò che è gradito a Dio (cfr Rm 2,14). Il Signore apprezza così tanto la verità che dice di essa per mezzo dello Spirito Santo: La verità è sorta dalla terra e la giustizia si è affacciata dal cielo (Salmo 84,11).
"Quindi, vedete, vostra riverenza, sia nel santo popolo ebraico, un popolo amato da Dio, sia nei pagani che non conoscono Dio, è stata preservata la conoscenza di Dio, cioè, figlio mio, una comprensione chiara e razionale di come il nostro Signore Dio lo Spirito Santo agisce nell'uomo, e per mezzo di quali sentimenti interiori ed esteriori si può essere sicuri che questa è davvero l'azione del nostro Signore Dio lo Spirito Santo, e non un’illusione del nemico. Ecco come è stato dalla caduta di Adamo fino alla venuta nella carne del nostro Signore Gesù Cristo nel mondo.
"Senza questa realizzazione percettibile delle azioni dello Spirito Santo che era sempre stata conservata nella natura umana, agli uomini non sarebbe stato possibile sapere per certo della venuta nel mondo del frutto del seme della donna promesso ad Adamo ed Eva, per schiacciare la testa del serpente (Gn 3,15).
"Finalmente lo Spirito Santo aveva predetto a san Simeone, che allora aveva 65 anni, il mistero del concepimento verginale e della nascita di Cristo dalla purissima e semprevergine Maria. Successivamente, avendo vissuto per la grazia del tuttosanto Spirito di Dio per trecento anni, nel 365° anno della sua vita disse apertamente nel tempio del Signore di sapere per certo [11] attraverso il dono dello Spirito Santo che questi era lo stesso Cristo, il Salvatore del mondo, il cui soprannaturale concepimento e nascita dallo Spirito Santo gli erano stati predetti da un angelo 300 anni prima.
«E c’era anche sant’Anna, una profetessa, figlia di Fanuele, che dalla sua vedovanza aveva servito il Signore Dio nel tempio di Dio per 80 anni, e che era nota come vedova giusta, una casta serva di Dio, per gli speciali doni di grazia che aveva ricevuto. Anch’ella ha annunciato che questi in realtà era il Messia promesso al mondo, il vero Cristo, Dio e uomo, il re d'Israele, venuto per salvare Adamo e l'umanità.
"Ma quando il nostro Signore Gesù Cristo accondiscese a compiere l'intera opera della salvezza, dopo la sua risurrezione, alitò sugli apostoli, ripristinò il respiro della vita perduti da Adamo, e diede loro la stessa grazia dello Spirito tuttosanto di Dio di cui Adamo aveva goduto. Ma non era tutto. Disse pure loro che era opportuno per loro che egli andasse al Padre, perché se non fosse andato, lo Spirito di Dio non sarebbe venuto al mondo. Ma se egli, il Cristo, fosse andato al Padre, avrebbe mandato lo Spirito nel mondo, e questi, il Consolatore, avrebbe guidato loro e tutti coloro che seguivano il loro insegnamento in tutta la verità e avrebbe ricordato loro tutto ciò che egli aveva detto loro quando era ancora nel mondo. Ciò che fu promesso allora era grazia su grazia (Gv 1,16).
"Poi, il giorno di Pentecoste egli inviò solennemente su di loro in un vento tempestoso lo Spirito Santo sotto forma di lingue di fuoco che si posarono su ciascuno di loro e li ricolmarono all’interno della forza infuocata della grazia divina che respira irrorandoli e portando gioia alle anime che partecipano del suo potere e delle sue operazioni (cfr. At 2,1-4). E questa stessa grazia infuocata dello Spirito Santo che è dato a tutti noi, fedeli di Cristo, nel sacramento del santo battesimo, è sigillata dal sacramento della cresima sulle parti principali del nostro corpo, come stabilito dalla santa Chiesa, la custode eterna di questa grazia. Si dice: 'Sigillo del dono dello Spirito Santo'. Su che cosa mettiamo i nostri sigilli, vostra riverenza, se non su recipienti contenenti un tesoro molto prezioso? Ma che cosa sulla terra può essere più alto e più prezioso dei doni dello Spirito Santo, effusi su di noi dall'alto nel sacramento del battesimo? Questa grazia battesimale è così grande e così indispensabile, così vitale per l'uomo, che anche un eretico non ne è privato fino a quando la sua stessa morte, cioè fino alla fine del periodo assegnato dall’alto dalla Provvidenza di Dio come prova lunga tutta la vita dell'uomo sulla terra, per vedere cosa sarà in grado di raggiungere (in questo periodo datogli da Dio) tramite la potenza della grazia concessagli dall'alto.
"E se non peccassimo mai dopo il nostro battesimo, rimarremmo per sempre santi di Dio, innocenti e libero da ogni impurità del corpo e dello spirito. Ma il guaio è che noi aumentiamo in statura, ma non aumentiamo nella grazia e nella conoscenza di Dio come è aumentato il nostro Signore Gesù Cristo, ma, al contrario, a poco a poco diventiamo sempre più depravati e perdiamo la grazia dello Spirito tuttosanto di Dio e diventiamo peccaminosi in vari gradi, e persone sempre più peccaminose. Ma se un uomo è spinto dalla sapienza di Dio che cerca la nostra salvezza e quella di ogni cosa, ed è risoluto per amor suo a dedicare le prime ore a Dio e a vegliare al fine di trovare la sua salvezza eterna [12], quindi, in obbedienza alla voce della sapienza, deve affrettarsi a offrire vero pentimento per tutti i suoi peccati e deve praticare le virtù opposte ai peccati commessi. Allora, attraverso le virtù praticate per amore di Cristo, egli acquisirà lo Spirito Santo che agisce in noi e stabilirà in noi il Regno di Dio. La parola di Dio non dice invano: il Regno di Dio è dentro di voi (Lc 5:21), e soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono (Mt 11:12) [13]. Ciò significa che le persone che, nonostante i legami del peccato che li bloccano e (per la loro violenza e il loro incitamento a nuovi peccati) impediscono loro di venire a lui, il nostro Salvatore, con pentimento perfetto per la resa dei conti con lui, eppure si sforzano ancora di rompere i loro legami, disprezzando tutta la forza delle catene del peccato - tali persone alla fine compariranno di fatto davanti al volto di Dio, resi più bianchi della neve dalla sua grazia. Venite, dice il Signore: Anche se i vostri peccati fossero come porpora, li farò bianchi come la neve (Isaia 1:18).
"Queste persone sono state viste una volta dal santo veggente Giovanni il Divino vestiti di bianco (ovvero, in vesti di giustificazione) e con palme nelle mani (come segno di vittoria), e cantavano a Dio una canto meraviglioso: Alleluia. E nessuno poteva imitare la bellezza del loro canto. Di loro un angelo di Dio ha detto: Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti, e hanno le hanno rese candide nel sangue dell'Agnello (Ap 7,9-14). Essi sono stati lavati con le loro sofferenze e resi bianchi nella comunione ai misteri immacolati e vivificanti del corpo e del sangue dell'Agnello purissimo e senza macchia, Cristo, ucciso prima di tutti i secoli di sua stessa volontà per la salvezza del mondo, che finora è continuamente ucciso e diviso ma non si esaurisce mai. Attraverso i santi Misteri ci è garantita la nostra eterna e infallibile salvezza come un viatico per la vita eterna, come un risposta beneaccetta al suo tremendo giudizio e come un prezioso sostituto che va oltre la nostra comprensione di quel frutto dell'albero della vita di cui il nemico del genere umano, Lucifero, caduto dal cielo, avrebbe voluto privare la nostra razza umana. Anche se il nemico e diavolo sedusse Eva, e Adamo cadde con lei, tuttavia il Signore non solo ha concesso loro del frutto del seme della donna un Redentore che ha calpestato la morte con la morte, ma ha inoltre concesso a tutti noi in una donna, la semprevergine Maria, Madre di Dio, che schiaccia la testa del serpente in se stessa e in tutta la razza umana, una costante mediatrice presso il Figlio e nostro Dio, e un'invincibile e insistente intercessore anche per i peccatori più disperati. Ecco perché la Madre di Dio è chiamata il 'flagello dei demoni', perché non è possibile al diavolo distruggere un uomo fino a quando quest'uomo ricorre all'aiuto della Madre di Dio.
"E devo ancora spiegarvi, vostra riverenza, la differenza tra le operazioni dello Spirito Santo che abita misticamente nei cuori di coloro che credono nel Signore nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo e le operazioni delle tenebre del peccato che, dietro suggerimento e istigazione del diavolo, agiscono in noi in modo predatorio. Lo Spirito di Dio ci ricorda le parole del nostro Signore Gesù Cristo e agisce sempre trionfalmente con Lui, allietando i nostri cuori e guidando i nostri passi sulla via della pace, mentre il falso spirito del male ragiona in ​​modo opposto a Cristo, e le sue azioni in noi sono ribelli, testarde, e piene di concupiscenza della carne e degli occhi e di superbia della vita.
"E chiunque crede in me vive e non morirà in eterno (Gv 11,26). Colui che ha la grazia dello Spirito Santo come ricompensa per la giusta fede in Cristo, anche se a causa della fragilità umana la sua anima dovesse morire per qualche peccato, tuttavia non morirà in eterno, ma sarà risuscitata per la grazia del Signore nostro Gesù Cristo, che toglie il peccato del mondo (Gv 1,29) e liberamente dà grazia su grazia. Di questa grazia, che si è manifestata in tutto il mondo e per la nostra razza umana per opera del Dio-uomo, si dice nel Vangelo: In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini (Gv 1,4), e inoltre: E la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta (Gv 1,5) Questo significa che la grazia dello Spirito Santo, che è concessa nel Battesimo nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito, a dispetto delle cadute degli uomini nel peccato, nonostante l'oscurità che circonda la nostra anima, brilla comunque nel cuore con la luce divina (che esiste da tempo immemorabile) dei meriti inestimabili di Cristo. Nel caso di un peccatore impenitente questa luce di Cristo grida al Padre: "Abbà, Padre! Non essere in collera con questo impenitente fino alla fine (della sua vita)". E poi, al pentimento e conversione del peccatore, cancella completamente ogni traccia di peccato passato e riveste di nuovo l'ex peccatore di una veste di incorruttibilità tessuta dalla grazia dello Spirito Santo, sulla cui acquisizione, come fine della vita cristiana, ho parlato così a lungo alla vostra riverenza.
"Un'altra cosa che vi dirò, per farvi capire ancora più chiaramente che cosa si intende con la grazia di Dio, è come riconoscerla e come la sua azione si manifesta in particolare in quelli che sono illuminati da essa. La grazia dello Spirito Santo è la luce illumina l'uomo. Tutta la Sacra Scrittura ne parla Così il nostro santo padre Davide ha detto: La tua parola è una lampada al mio piede e una luce sul mio cammino (Salmo 118,105), e: Se la tua legge non fosse stata la mia meditazione sarei morto nella mia umiliazione (Salmo 118,92). In altre parole, la grazia dello Spirito Santo, che si esprime nella legge con le parole dei comandamenti del Signore è la mia lampada e luce. E se questa grazia dello Spirito Santo (che cerco di acquistare con tanta attenzione e zelo da meditare sui tuoi giusti giudizi sette volte al giorno) non mi illuminasse nelle tenebre delle preoccupazioni inseparabili dalla vocazione del mio rango regale, da dove otterrei una scintilla di luce per illuminare la mia strada nel cammino della vita, oscurata dalla malvagità dei miei nemici?
"E il Signore di fatto ha mostrato spesso davanti a molti testimoni come la grazia dello Spirito Santo agisce sulle persone che egli ha santificato e illuminato con la sua grande ispirazione. [14] Ricordatevi di Mosè dopo il suo colloquio con Dio sul monte Sinai. Brillava di una luce così straordinaria che le persone non erano in grado di guardarlo. Fu costretto pure a indossare un velo quando appariva in pubblico. Ricordate la Trasfigurazione del Signore sul monte Tabor. Una grande luce lo circondava, e la sua veste divenne brillante, bianca come la neve (Mc 9,3), e i suoi discepoli caddero sui loro volti per paura, ma quando Mosè ed Elia gli apparvero in quella luce, una nuvola li avvolse al fine di nascondere la radiosità della luce della grazia divina che accecava gli occhi dei discepoli. Così la grazia dello Spirito tuttosanto di Dio appare in una luce ineffabile a tutti coloro ai quali Dio rivela la sua azione".
"Ma come," chiesi a padre Serafino, "posso sapere che sono nella grazia dello Spirito Santo?"
"È molto semplice, vostra riverenza", rispose. "Ecco perché il Signore dice: 'Tutte le cose sono semplici da Coloro che trovano la conoscenza'. (Prov. 8:9, LXX). Il guaio è che noi non cerchiamo la conoscenza divina, che non si gonfia, perché non è di questo mondo. Questa conoscenza che è piena di amore per Dio e per il prossimo spinge ogni uomo alla propria salvezza. Di questa conoscenza che il Signore ha detto che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità (I Tim 2,4). E della mancanza di questa conoscenza ha detto ai suoi apostoli: Anche voi siete ancora privi di comprensione? (Mt 15,16) Di questa comprensione [15], si dice nel Vangelo a proposito degli apostoli: Allora aprì loro la comprensione (Lc 24,45), e gli apostoli percepivano sempre se lo Spirito di Dio dimorava in loro o no, ed essendo pieni di comprensione, vedevano la presenza dello Spirito Santo in loro, e dichiaravano positivamente che la loro opera era santa e del tutto gradita al Signore Iddio. Questo spiega perché nelle loro epistole scrivevano: È parso bene allo Spirito Santo e a noi (Atti 15:28). Solo in base a questo offrirono le loro epistole quale immutabile verità per il bene di tutti i fedeli. Dunque i santi apostoli erano consapevoli della presenza in se stessi dello Spirito di Dio. Così vedete, vostra riverenza, quant’è semplice!"
"Tuttavia", risposi, "Non comprendo come posso essere certo che io sono nello Spirito di Dio. Come posso discernere da solo la sua vera manifestazione in me?"
Padre Serafino rispose: "Vi ho già detto, vostra riverenza, che è molto semplice e ho spiegato in dettaglio come luna persona si trova ad essere nello Spirito di Dio e come possiamo riconoscere la sua presenza in noi. Cosa volete dunque, figlio mio?"
"Voglio capire bene," dissi.
Allora Padre Serafino mi prese molto saldamente per le spalle e disse: "Siamo entrambi nello Spirito di Dio ora, figlio mio Perché non mi guardate?"
Ho risposto: "Non posso guardare, o Padre, perché i vostri occhi lampeggiano come un fulmine. Il vostro volto è diventato più brillante del sole, e gli occhi mi fanno male».
Padre Serafino ha detto: "Non allarmatevi, vostra riverenza! Ora vi siete diventato tanto brillante quanto me. Siete ora nella pienezza dello Spirito di Dio voi stesso, altrimenti non sareste in grado di vedermi come sono".
Poi, piegando la testa verso di me, sussurrò dolcemente al mio orecchio: "Ringraziate il Signore Iddio per la sua misericordia indicibile nei nostri confronti! Avete visto che non mi sono neppure fatto il segno della croce; mi sono limitato a pregare mentalmente nel mio cuore il Signore Iddio e a dire dentro di me: 'Signore, concedigli di vedere in modo chiaro con i suoi occhi corporei quella discesa del tuo Spirito che tu accordi ai tuoi servi quando ti compiaci di apparire nella luce della tua magnifica gloria.' E vedete, figlio mio, il Signore ha immediatamente esaudito l'umile preghiera del povero Serafino. Come potremmo non ringraziarlo per questo dono ineffabile a entrambi? Anche ai più grandi eremiti, figlio mio, il Signore Iddio non sempre mostra la sua misericordia in questo modo. Questa grazia di Dio, come una madre amorevole, si è compiaciuta di confortare il vostro cuore contrito per l'intercessione della stessa Madre di Dio. Ma perché, figlio mio, non mi guardate negli occhi? Fatelo, e non abbiate paura, il Signore è con noi!"
Dopo queste parole guardai il suo volto e venne su di me ancor più timore reverenziale. Immaginate al centro del sole, nella luce abbagliante dei suoi raggi di mezzogiorno, il volto di un uomo che vi parla. Vedete il movimento delle sue labbra e l'espressione cangiante dei suoi occhi, udite la sua voce, sentite qualcuno che vi tiene per le spalle, eppure non vedete le sue mani, non vedete neppure voi stessi o la sua figura, ma solo una luce accecante che si effonde in giro per diversi metri e illumina con il suo splendore abbagliante sia la coperta neve che ricopriva la radura e i fiocchi di neve che cospargevano me e il grande anziano. Potete immaginarvi in che stato ero!
"Come vi sentite adesso?" Mi chiese padre Serafino.
"Straordinariamente bene", dissi.
"Ma in che modo? Esattamente come vi sentite bene?"
Risposi: "Sento una tale calma e pace nella mia anima che le parole non la possono esprimere."
"Questa, vostra riverenza,» disse padre Serafino, "è quella pace di cui il Signore disse ai suoi discepoli: Vi do la mia pace, non come la dà il mondo (Gv 14,21) Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo, ma io vi ho scelto dal mondo, perciò il mondo vi odia (Gv 15,19). Ma fatevi coraggio, io ho vinto il mondo (Gv 16,33). E per quelle persone che questo mondo odia ma che sono scelte dal Signore, il Signore che dà la pace all'interno del quale voi ora sentite, la pace che, secondo le parole dell'Apostolo, sorpassa ogni comprensione (Fil 4,7). L'Apostolo la descrive in questo modo, perché è impossibile esprimere a parole il benessere spirituale che produce in coloro che ne hanno il cuore infuso dal Signore Iddio. Cristo il Salvatore la chiama la pace che proviene dalla sua stessa generosità e non è di questo mondo, e che nessuna prosperità terrena temporaneo può dare al cuore umano; è concessa dall'alto dal Signore Iddio stesso, ed è per questo che si chiama la pace del Signore. Cos'altro sentite?" Mi chiese Padre Serafino.
"Una dolcezza straordinaria", risposi.
Ed egli continuò: "questa è la dolcezza di cui è detto nella Sacra Scrittura: saranno inebriati della grassezza della tua casa, e tu li farai bere del torrente della tua gioia (Sal 35:8) [16 ]. Ed ora questa dolcezza sta inondando il nostro cuore e scorre nelle nostre vene con gioia indicibile. Da questa dolcezza i nostri cuori si fondono per così dire, e tutti e due sono pieni di felicità, come la lingua non può dire. Che altro ti senti? "
"Una straordinaria gioia in tutto il mio cuore."
E Padre Serafino Continua: "Quando lo Spirito di Dio discende verso l'uomo e lo adombra con la pienezza della sua ispirazione [17], allora l'animo umano trabocca di gioia indicibile, perché lo Spirito di Dio colma di gioia tutto ciò che tocca. Questa è quella gioia di cui il Signore parla nel suo Vangelo: una donna quando è in travaglio è nel dolore, perché la sua ora è venuta, ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'afflizione per la gioia che è nato nel mondo un uomo. Nel mondo sarete tristi [18]; ma quando vi rivedrò di nuovo, il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi toglierà la vostra gioia (Gv 16,21-22). Eppure, per quanto confortante possa essere questa gioia che voi ora sentite nel vostro cuore, non è nulla in confronto a quella gioia di cui il Signore stesso ha detto per bocca del suo Apostolo, che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò nel cuore dell'uomo ciò che Dio ha preparato per coloro che lo amano (I Cor 2,9). Anticipazioni di quella gioia ci sono date adesso, e se queste riempiono le nostre anime con tanta dolcezza, benessere e felicità, che diremo di quella gioia che è stato preparata in paradiso per coloro che piangono qui sulla terra? E voi, figlio mio, avete pianto abbastanza nella vostra vita sulla terra; ma vedere con quale gioia il Signore vi consolerà anche in questa vita! Ora tocca a noi, ​​figlio mio, aggiungere fatiche su fatiche per andare di forza in forza (Salmo 83:7), e di crescere alla misura della statura della pienezza di Cristo (Ef 4,13), così che si compiano in noi le parole del Signore: ma quelli che sperano nel Signore riacquisteranno forza, metteranno ali come aquile, e correranno e non si stancheranno (Is 40,31) Passeranno di forza in forza, e il Dio degli Dei apparirà loro in Sion (Salmo 83,8) nella realizzazione e nelle visioni celesti. Solo allora la nostra attuale gioia (che ora ci visita poco e brevemente) apparirà in tutta la sua pienezza, e nessuno potrà togliercela, perché saremo ricolmi fino a traboccare di inspiegabili delizie celesti. Cos'altro sentite, vostra riverenza?"
Risposi: «Un calore straordinario".
"Come potete sentire calore, figlio mio? Guardate, siamo seduti nella foresta. È inverno fuori, e la neve è sotto i piedi. Siamo coperti di neve, e i fiocchi di neve stanno ancora cadendo. Quale calore ci può essere?"
Risposi: "Come quello di un bagno a vapore quando l'acqua è versata sulla pietra e il vapore sale a nuvole".
"E l'odore?" Mi ha chiesto. "È lo stesso di quello del bagno?"
"No", risposi. "Non vi è nulla sulla terra come questa fragranza. Quando nel corso della vita della mia cara madre, andavo a danzare e partecipavo a balli e feste, mia madre mi cospargeva di profumo che comprava nei migliori negozi di Kazan. Ma quei profumi non esalavano una tale fragranza".
E Padre Serafino, sorridendo piacevolmente, disse: "Lo conosco io stesso bene quanto voi, ​​figlio mio, ma ve lo chiedo di proposito per vedere se lo sentite allo stesso modo. È assolutamente vero, vostra riverenza! La più dolce fragranza terrena non può essere confrontata con la fragranza che sentiamo noi oggi, perché ora siamo avvolti nella fragranza dello Spirito Santo di Dio. Che cosa può esserle simile sulla terra? Tenete presente, vostra riverenza, che mi avete detto che attorno a noi è caldo come in un bagno a vapore; ma guardate, la neve non si scioglie su di voi né su di me, né sotto i piedi, quindi, questo calore non è nell'aria, ma dentro di noi. È quello stesso calore di cui Spirito Santo nelle parole di preghiera ci fa gridare al Signore: 'riscaldami con il calore del tuo Spirito Santo!' Da questo gli eremiti di entrambi i sessi erano tenuti al caldo e non temevano il gelo invernale, essendo vestiti, come in cappotti di pelliccia, in abbigliamento tessuto dalla grazia dato dallo Spirito Santo. E così dev'essere in realtà perché la grazia di Dio deve abitare in noi, nel nostro cuore, perché il Signore ha detto: Il Regno di Dio è dentro di voi (Lc 17,21). Parlando di Regno di Dio, il Signore intendeva la grazia dello Spirito Santo Questo Regno di Dio è ora dentro di noi, e la grazia dello Spirito Santo brilla su di noi e ci riscalda anche dal di fuori. Riempie l'aria circostante di molti odori fragranti, addolcisce i nostri sensi con gioia celeste e inonda i nostri cuori di gioia indicibile. Il nostro stato attuale è ciò di cui l'Apostolo dice: Il Regno di Dio non è cibo e bevanda, ma è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo (Rm 14,17). La nostra fede non consiste in discorsi persuasivi di sapienza terrena, ma nella dimostrazione di Spirito e di potenza (cfr. I Cor 2,4). Questo è proprio lo stato in cui ci troviamo adesso. Di questo stato il Signore ha detto: ci sono alcuni di quelli qui presenti, che non morranno finché non avranno visto il regno di Dio venire con potenza (Mc 9,1). Vedete, figlio mio, che gioia indicibile il Signore Dio ci ha concesso ora! Questo è ciò che significa essere nella pienezza dello Spirito Santo, di cui San Macario di Egitto scrive: 'Io stesso ero nella pienezza dello Spirito Santo.' Con questa pienezza del suo Spirito Santo che il Signore ha ora riempito noi povere creature fino a traboccare. Quindi non c'è bisogno adesso, vostra riverenza, di chiedere come si arriva a essere nella grazia dello Spirito Santo. Vi ricorderete questa manifestazione dell'ineffabile misericordia di Dio che ci ha visitato?"
"Non lo so, padre," dissi, "se il Signore mi concederà di ricordare per sempre questa misericordia di Dio in modo così vivido e chiaro come la sento ora."
"Penso," mi rispose padre Serafino, "che il Signore vi aiuterà a conservarla nella vostra memoria per sempre, o la sua bontà non avrebbe mai ceduto all'istante in questo modo alla mia umile preghiera e anticipato così rapidamente la richiesta del povero Serafino; tanto più, perché non è dato a voi solo di capire, ma attraverso di voi, è per il mondo intero, in modo che voi stesso possiate essere confermato nel lavoro di Dio e possiate essere utile ad altri. Il fatto che io sono un monaco e voi un laico è del tutto ininfluente. Richiede Ciò che Dio vuole è vera fede in lui e nel suo Figlio unigenito. In cambio di questa la grazia dello Spirito Santo è concessa abbondantemente dall'alto. Il Signore cerca un cuore traboccante di amore per Dio e il prossimo, questo è il trono su cui egli ama sedersi e su cui appare nella pienezza della sua gloria celeste. 'Figlio, dammi il tuo cuore', dice, 'e tutto il resto te lo aggiungerò io stesso (Prov 11,26, Mt 6,33.)', perché il Regno di Dio può essere contenuto nel cuore umano. Il Signore comandò ai suoi discepoli: Cercate prima il Regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta, il Padre vostro celeste sa che avete bisogno (Mt 6,32-33). Il Signore non ci rimprovera per l'utilizzo di beni terreni, egli stesso dice che, a causa delle condizioni della nostra vita terrena, abbiamo bisogno di tutte queste cose; cioè, tutte le cose che rendono la nostra vita umana più pacifica e il nostro cammino verso la nostra dimora celeste più chiaro e più facile. Ecco perché il santo apostolo Paolo ha detto che nella sua parere non c'era niente di meglio al mondo che la pietà e la sufficienza (cfr II Cor 9,8, I Tim 6,6). E la santa Chiesa prega perché queste cose ci siano concesse dal Signore Iddio, e anche se guai, disgrazie e varie necessità sono inseparabili dalla nostra vita sulla terra, il Signore Iddio non ha voluto né vuole che noi abbiamo solo problemi e avversità. Pertanto, egli ci comanda attraverso gli apostoli di portare i pesi gli uni degli altri e di adempiere la legge di Cristo (Gal . 6,2). Il Signore Gesù ci dà personalmente il comandamento di amarci gli uni gli altri, in modo che, consolandoci l'un l'altro con amore reciproco, possiamo alleggerire la via dolorosa e stretta del nostro viaggio verso la patria celeste. Perché infatti egli è disceso a noi dal cielo, se non per prendere su di sé la nostra povertà e per farci ricchi con la ricchezza della sua bontà e della sua generosità indicibile? Egli non è venuto per essere servito dagli uomini, ma per servirli e per dare se stesso e la sua vita per la salvezza di molti. Fate lo stesso, vostra riverenza, e dopo aver visto la misericordia di Dio palesemente mostrata a voi, raccontatela a tutti coloro che desiderano la salvezza. La messe è grande, dice il Signore, ma gli operai sono pochi (Lc 10,2). Il Signore Dio ci ha portato a lavorare e ci ha dato i doni della sua grazia, affinché, raccogliendo le messi della salvezza dei nostri simili e portandone il maggior numero possibile nel Regno di Dio, possiamo portargli frutto - chi trenta volte, chi sessanta volte e chi il centuplo. Cerchiamo di essere vigili, figlio mio, in modo da non essere condannati con quel servo malvagio e infingardo che ha nascosto il suo talento nella terra, ma cerchiamo di imitare quei servi buoni e fedeli del Signore, che hanno portato al loro Maestro quattro talenti invece di due, e dieci invece di cinque (cfr. Mt 25,14-30).
"Della misericordia del Signore Iddio non vi è ombra di dubbio. Avete visto voi stesso, vostra riverenza, come le parole del Signore dette attraverso il profeta si sono compiute in noi: Io non sono un Dio lontano, ma un Dio a portata di mano (cfr. Ger 23,23), e la tua salvezza è sulla mia bocca (cfr. Dt 30,12-14, Rm 10,8-13). Anche io non ho avuto il tempo di farmi il segno della croce, ma ho solo desiderato nel mio cuore che il Signore vi conceda di vedere la sua bontà in tutta la sua pienezza, ed egli è stato lieto di affrettarsi a realizzare il mio desiderio. Non mi vanto quando dico questo, né lo dico per mostrarvi la mia importanza e condurvi alla gelosia, o per farvi pensare che io sono un monaco e voi solo un laico. No, no, vostra riverenza! Il Signore è vicino a tutti quelli che lo invocano in verità (Salmo 144,18) e in lui non c'è parzialità (Ef 6,9). Poiché il Padre ama il Figlio e dona tutto nella sua mano (cfr. Gv 3:35). Se solo noi stessi amassimo il nostro Padre celeste in un modo veramente filiale! Il Signore ascolta allo stesso modo il monaco e il semplice laico cristiano purché i due siano credenti ortodossi, e amino entrambi Dio dal profondo delle loro anime, ed entrambi abbiano fede in Lui, anche se tanto piccola quanto un granello di senape; ed entrambi sposteranno le montagne: Uno ne sposterà migliaia e due ne sposteranno decine di migliaia (cfr. Dt 32,30) Il Signore stesso dice: Tutte le cose sono possibili a colui che crede (Mc 9,23). E il santo Apostolo Paolo esclama ad alta voce: Io posso ogni cosa in Cristo che mi rafforza (Fil 4,13). Ma il nostro Signore Gesù Cristo, non parla ancora più meravigliosamente di questo riguardo a quelli che credono in Lui: Colui che crede in me, compirà non solo le opere che io faccio, ma ne farà di ancor maggiori, perché io vado al Padre. E io pregherò per voi perché la vostra gioia sia piena. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Ora però chiedete... (Gv 14,12-16; 16,24).
"Così, figlio mio, qualunque cosa chiederete al Signore Iddio, la riceverete, se non altro per la gloria di Dio e per il bene del vostro prossimo, perché ciò che facciamo per il bene del prossimo egli lo ascrive alla sua gloria . E quindi dice: "Tutto quello che avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (cfr. Mt 25:40) E così, non ho dubbi che il Signore Dio adempirà le vostre richieste, se solo queste riguardano la gloria di Dio o il vantaggio e l'edificazione dei vostri simili. Tuttavia, anche se qualcosa è necessario è necessario per il vostro bisogno o per uso o vantaggio, altrettanto rapidamente e graziosamente il Signore sarà lieto di inviarvelo, a condizione che ve ne sia estremo bisogno e necessità. Perché il Signore ama coloro che lo amano. Il Signore è buono con tutti gli uomini, dà abbondantemente a quelli che invocano il Suo nome e la Sua grazia è in tutte le sue opere. Egli farà la volontà di quelli che lo temono e udrà la loro preghiera, e compierà tutti i loro piani. Il Signore adempirà tutte le tue petizioni (cfr. Salmo 144,19; 19,4,5). Fate solo attenzione, vostra riverenza, a chiedere al Signore qualcosa di cui non c'è bisogno urgente. Il Signore non vi rifiuterà neppure questo in cambio della vostra fede ortodossa in Cristo Salvatore, perché il Signore non abbandonerà la sorte dei giusti nella mano dei peccatori (cfr. Salmo 124,3), e compirà rapidamente la volontà di Davide, suo servo, ma gli chiederà conto di averlo turbato senza particolare necessità, di avergli chiesto qualcosa senza la quale avrebbe potuto vivere molto facilmente.
"E così, vostra riverenza, ora ve l'ho detto e vi ho dato una dimostrazione pratica di tutto ciò che il Signore e la Madre di Dio sono stati lieti di dirvi e mostrarvi attraverso di me, povero Serafino. Ora andate in pace. Il Signore e la Madre di Dio siano sempre con voi, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen. Ora andate in pace".
E durante tutto questo tempo, dal momento in cui il volto di Padre Serafino era diventato radiante [19], tale illuminazione era continuata, e tutto ciò che mi disse fin dall'inizio della narrazione fino ad ora, lo disse rimanendo nella stessa posizione. Il bagliore ineffabile della luce emanava da lui l’ho visto io stesso con i miei occhi. E io sono pronto a confermarlo con un giuramento.
 
Note di chiusura
La stessa scoperta del manoscritto di Motovilov è un grande miracolo. Per circa 70 anni, questo preziosissimo manoscritto è rimasto sepolto in completo oblio ed era in pericolo di essere distrutto, perché era già stato gettato via e giaceva in un mucchio di spazzatura in una soffitta sotto uno strato di escrementi di uccelli. Qui è stato miracolosamente trovato da Sergej Aleksandrovich Nilus, il famoso autore del libro Velikoe v Malom (Multum in Parvo). Cercando con riverenza frammenti della vita del grande Serafino, Nilus stava frugando tra le cianfrusaglie nella soffitta e stava già cominciando a perdere la speranza di trovare qualcosa quando un quaderno scritto molto indistintamente attirò la sua attenzione. Questo quaderno risultò essere le memorie di Motovilov, ed è così che queste sono state tramandate al mondo. Le memorie sono state trovate nel 1902 e stampate nelle "Notizie di Mosca" nel 1903; quasi contemporaneamente ebbe luogo l'esposizione delle reliquie di san Serafino.
 
1. San Serafino sta dando il senso di Atti 10,5 ss. e non citando letteralmente.
2. Ваше Боголюбие. Letteralmente: "Vostra amorevolezza per Dio," corrispondente ai nostri idiomi "Vostra riverenza", "Vostra eccellenza", ecc.
3. Добродетели. "Opere buone". In russo è una parola composta, e può anche essere tradotta "virtù". Sant’Agostino dice: "Le virtù sono le fatiche della sapienza."
4. Antifona al Vangelo del Mattutino, Tono 4.
5. San Giustino (Dialoghi 47) registra questo "proverbio non scritto" di Cristo.
6. Cioè, vorreste rimanere non sposato.
7. Letteralmente: "essere fermi".
8. Letteralmente: "Per grazia di Dio" o "per dono di grazia divina".
9. Letteralmente: "La sua dimora (luogo, soggiorno, dimora, residenza) non era così pienamente misurata".
10. Oppure, "erano dimostrati veri".
11. Letteralmente: "riconosciuto in modo palpabile" o "realizzato in modo sensibile."
12. Cfr. Sapienza 7,27; 6,14-20.
13. Letteralmente: "Il Regno dei Cieli è forzato, e i forti lo colgono", o "il regno dei cieli è preso d'assalto, e gli assaltatori lo catturano". Cfr. Luca 16:16; "Ognuno si spinge in esso."
14. Letteralmente: "Discesa". In slavonico наитие.
15. In slavonico una sola parola rappresenta tre diverse parole greche.
16. La stessa parola che in lingua slavonica significa delizia, in russo significa dolcezza.
17. Letteralmente: "Discesa". In slavonico наитие.
18. "Nel mondo sarete tristi." Questa è la forma slavonica per "Nel mondo avrete tribolazione" (Gv 6, 33). San Serafino lo ha trasposta nel contesto attuale.
19. Oppure, "divenne illuminato", "cominciò a risplendere."